Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 5984 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 5984 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Locri il DATA_NASCITA, avverso il decreto della Corte di appello di Torino in data 6/07/2023; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con decreto in data 6 luglio 2023, la Corte di appello di Torino ha confermato il provvedimento del Tribunale di Torino in data 8 marzo 2023 con il quale era stata rigettata la richiesta di revoca della misura di prevenzione della sorveglianza speciale applicatagli con decreto in data 8 febbraio 2016 della stesso Tribunale, per la durata di 5 anni. Il Collegio, dato atto che la misura era stata applicata il 19 marzo 2020, ha osservato che, nel corso dell’esecuzione, la difesa aveva formulato, in due precedenti occasioni, istanze dello stesso tenore, sempre rigettate; e che l’ulteriore richiesta di revoca non aveva fornito nuovi elementi di valutazione rispetto alle precedenti istanze, sicché essa non ha potuto essere accolta, non emergendo una decisiva incrinatura del corredo fattuale sulla base
del quale la misura era stata applicata. Non è parsa, infatti, significativa la indicazione di un futuro lavoro che NOME avrebbe potuto svolgere a Corsico, rispetto al quale non erano state offerte specifiche informazioni; né è stata ritenuta superabile dalle allegazioni difensive la segnalazione del rinvenimento di NOME in compagnia di un cugino, coinvolto in vicende giudiziarie per associazione mafiosa nell’ambito dell’operazione “Marine”. In conclusione, non emergendo alcun elemento idoneo a mostrare l’evoluzione della personalità di NOME e a superare il giudizio di qualificata pericolosità sociale, l’appello è stato respinto.
NOME ha proposto ricorso per cassazione avverso il predetto provvedimento per mezzo dei difensori di fiducia, AVV_NOTAIO e NOME AVV_NOTAIO, deducendo due distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, il ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione dell’art. 11, comma 2, d.lgs. n. 159 del 2011, nonché degli artt. 111, sesto comma, Cost., 125, comma 3, cod. proc. pen., 7 comma 1, d.lgs. n. 159 del 2011.
Dopo avere premesso che la difesa aveva chiesto al Tribunale la revoca della misura di prevenzione ai sensi dell’art. 11, comma 2, d.lgs; n. 159 del 2011, il ricorso censura che esso si sia pronunciato, in violazione del principio della domanda, con riguardo alla differente disposizione dell’art. 14, comma 2-ter, d.lgs. n. 159 del 2011, concernente il caso in cui, a fronte di una sospensione della misura di prevenzione per esecuzione di una pena detentiva, il Tribunale sia tenuto a valutare la persistenza della pericolosità sociale dell’interessato. Inoltre, nel valutare il requisito della attualità della pericolosità sociale, il Tribunale si sarebb limitato al vago riferimento all’insufficienza del rispetto delle prescrizioni connesse alla misura applicata dal prevenuto.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorso censura, ex art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione dell’art. 11, d.lgs. n. 159 del 2011, con riferimento alla mancata valutazione dell’attualità della pericolosità sociale del prevenuto.
Si osserva che il delitto previsto dall’art. 74, d.P.R. n. 309 del 1990 ascritto a COGNOME, oltre a risalire al 2014, comprenderebbe una vasta gamma di comportamenti, compresi quelli del piccolo ciruppo operante in un’area limitata e con semplici mezzi, inidonei a fondare una presunzione di legami indissolubili tra i sodali; ciò che avrebbe dovuto spingere la Corte territoriale a operare un vaglio assolutamente stringente. Al contrario, i Giudici di merito non avrebbero considerato, oltre al carattere risalente del delitto associativo, l’assenza di ulteriori condanne, di procedimenti penali pendenti o di nuove iscrizioni di reato ex art. 335 cod. proc. pen., la mancanza di informazioni negative da parte dell’autorità di
pubblica sicurezza, atteso che la frequentazione con NOME COGNOME, cugino del proposto, riguarderebbe un soggetto esente da precedenti penali o di polizia, la condotta carceraria positiva, l’attività lavorativa svolta stagionalmente e l’intenzione di trasferirsi al nord Itaiia per svolgere attività lavorativa.
La decisione della Corte territoriale, limitandosi a richiamare per relationem il decreto del Tribunale, ometterebbe di confrontarsi con le allegazioni difensive e, in definitiva, di operare quella valutazione complessiva che è richiesta dalla Suprema Corte in sede di giudizio sull’attualità della pericolosità sociale, al fine di apprezzare gli elementi relativi all’evoluzione della personalità, che, peraltro, non spetterebbe all’istante allegare.
Nel merito, quanto alla frequentazione del cugino NOME COGNOME, sarebbe la stessa Corte territoriale a dare atto dell’episodicità della condotta, delle giustificazioni plausibili offerte nell’immediatezza (ovvero che il cugino lo stesse accompagnando dal dentista), del non conosciuto esito della vicenda giudiziaria in cui NOME COGNOME era stato coinvolto (l’operazione c.d. “Marine”) e della mancata dimostrazione del fatto che il ricorrente fosse stato a conoscen2:a di quella vicenda.
In data 4 dicembre 2023 è pervenuta in Cancelleria la requisitoria scritta del Procuratore generale presso questa Corte, con la quale è stato chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Va premesso che la revoca o la modifica del provvedimento che applica una misura di prevenzione presuppone, oltre al decorso di un certo lasso di tempo dall’adozione del provvedimento stesso, l’accertamento del venire meno o, comunque, del modificarsi delle cause che lo hanno determinato; giudizio che deve essere svolto tenendo conto non solo dell’assenza di pregiudizi penali e giudiziari riferibili a fatti successivi al provvedimento applicativo della misura o recenti, ma anche di tutta la condotta della persona (Sez. 5, n. 6218 del 18/11/2019, dep. 2020, COGNOME, in motivazione; Sez. 1, n. 19657 del 24/01/2017, Palermo, Rv. 269947 – 01; Sez. 1, n. 25850 del 25/03/2011, COGNOME, Rv. 250715 – 01).
2.1. Va, altresì, rilevato che nel procedimento di prevenzione il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge, secondo l’art. 4, legge 27 dicembre 1956, n. 1423, richiamato dall’art. 3-ter, comma 2, legge 31 maggio 1965, n. 575 e, oggi, dagli artt. 10, comma 3, e 27, comma 2, d.lgs. n. 159 del 2011. Ne consegue che è possibile denunciare con il ricorso, poiché qualificabile come violazione dell’obbligo di provvedere con decreto motivato imposto al giudice
d’appello dal nono comma del predetto art. 4 legge n.1423 del 56, il caso di motivazione inesistente o meramente apparente.
Nel caso di specie, l’ordinanza impugnata ha motivato in maniera tutt’altro che apparente sulle ragioni che non consentivano la revoca della misura di prevenzione ai sensi dell’art. GLYPH 11, d.lgs. n. GLYPH 159 del 2011. Centrale nell’argomentazione della Corte di appello è la circostanza che, a partire dall’inizio dell’esecuzione di essa, la difesa del sottoposto avesse presentato ben due richieste di revoca, entrambe respinte, l’ultima delle quali con provvedimento depositato soltanto il 16 dicembre 2022 e, dunque, in epoca assolutamente prossima alla nuova richiesta.
Muovendo da tale essenziale presupposto, il provvedimento impugnato ha innanzitutto evidenziato che rispetto al precedente, recentissimo pronunciamento, non vi fossero elementi di sostanziale novità, che consentissero di superare la decisione da ultimo assunta. Peraltro, il decreto impugnato non si è limitato a tale pur assorbente considerazione, ma ha operato una delibazione complessiva degli elementi di fatto comunque dedotti dalla difesa, pur sostanzialmente coincidenti con le circostanze evidenziate anche in occasione dell’ultimo rigetto, offrendo una motivazione che si mantiene entro il perimetro di una fisiologica opinabilità di apprezzamento, ma che non può certo dirsi inesistente.
3.1. In ultimo, va osservato che il giudizio compiuto in sede di merito ha riguardato l’operatività della revoca disciplinata dall’art. 11, d.lgs. n. 159 del 2011 ma anche della ulteriore e distinta ipotesi di revoca prevista dall’art. 14, comma 2 -ter, del medesimo decreto, non ravvisando nemmeno i presupposti per integrare questa seconda fattispecie. Ne consegue, pertanto, la manifesta infondatezza anche del primo motivo di ricorso, considerato che non è dato ravvisare, nella specie, alcuna violazione del principio della domanda.
Sulla base delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione GLYPH della GLYPH causa GLYPH di GLYPH inammissibilità», GLYPH alla GLYPH declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 61.6 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della cassa delle ammende, equitativamente fissata in 3.000,00 euro.
PER QUESTI NIOTIVI
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in data 19 dicembre 2023
GLYPH Il Presidente
Il Consigliere estensore