Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 14445 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 14445 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Palermo il DATA_NASCITA;
avverso il decreto del 22 settembre 2023 dalla Corte d’appello di Palermo;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso; letta la memoria depositata il 15 febbraio 2024 dall’AVV_NOTAIO, nell’interesse del ricorrente, con la quale si insiste per l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con istanza presentata il 21 gennaio 2023, NOME COGNOME chiedeva alla Corte d’appello di Palermo di revocare la misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di residenza, applicatagli dalla stessa Corte territoriale il 19 aprile 1994 (ma sospesa in ragione della concomitante espiazione della pena dell’ergastolo) deducendo: di aver goduto dell’estinzione della pena temporanea inflitta per i reati concorrenti rispetto a quello per cui ha riportato
l’ergastolo; di essere stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato; di ottenuto la remissione del debito derivante dalle spese di giustizia; di aver t durante tutta la detenzione, una condotta regolare, svolgendo continuativament attività lavorativa e non avendo più contatti con i propri familiari da oltre qu anni.
La Corte d’appello rigettava l’istanza ritenendo che mancasse un interess attuale e concreto idoneo a giustificare l’anticipazione della valutazio permanente pericolosità, avendo il ricorrente dedotto a sostegno dell’istanz mero decorso del tempo e il connesso lungo periodo di detenzione.
Avverso tale provvedimento ricorre per cassazione il COGNOME deducendo, a mezzo di un unico motivo d’impugnazione, la violazione degli artt. 11 e 14 d Igs. n. 159 del 2011, nella parte in cui la Corte territoriale non avrebbe val l’esistenza di un concreto interesse a proporre il ricorso, in quanto vol ottenere, attraverso la revoca della misura, la parallela cessazione del regim detenzione speciale di cui all’art. 41 -bis ord. pen. e, conseguentemente, i connessi benefici penitenziari attualmente preclusigli.
In questi termini, quindi, la decisione impugnata non avrebbe tenuto conto della nota sentenza (n. 291 del 2013) con la quale la Corte costituzionale ave dichiarato l’illegittimità dell’art. 12 della legge 27 dicembre 1956 n. 1423 ( parte in cui non prevedeva che, nel caso in cui l’esecuzione di una misura prevenzione personale resti sospesa a causa dello stato di detenzione, l’org che ha adottato il provvedimento di applicazione debba valutare, anche l’uffic la pit 19sistenza della pericolosità sociale dell’interessato); ponendosi, così contrasto con i principi costituzionali cristallizzati negli artt. 3, 13, 27 e 1 e con i paralleli principi convenzionali di cui agli artt. 2, 3, 5, 6, 7 e 17 dell
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Il provvedimento di applicazione delle misure di prevenzione, dovendo rispondere costantemente ai presupposti che ne legittimano l’adozione (l persistenza della pericolosità sociale del proposto: Sez. 5, n. 42678 13/10/2021, COGNOME), può essere revocato o modificato dall’organo dal quale stato emanato, quando sia venuta meno o sia mutata la causa che io ha determinato.
E ciò non solo in ragione di elementi fattuali sopravvenuti comprovant l’affievolimento o il venir meno della pericolosità sociale del proposto (ta giustificare una modificazione della misura di prevenzione ovvero la sua revoca con efficacia ex nunc), ma anche laddove tali elementi siano significativi di
un’eventuale carenza ab origine degli stessi presupposti applicativi della misura (con conseguente revoca della misura con efficacia ex tunc).
Ciò considerato, nulla esclude che tali elementi possano emergere anche in una fase anteriore all’esecuzione del provvedimento di applicazione della misura (come, ad esempio, all’esito – positivo – del trattamento risocializzante cui il proposto si sia sottoposto nel corso dell’espiazione della pena). Ciononostante, se al termine della detenzione, in ragione del potenziale effetto risocializzante connesso alla stessa espiazione della pena, è sempre necessario procedere, anche d’ufficio, ad una positiva verifica dell’attualità del presupposto fondante la misura (prima di sottoporlo all’esecuzione della stessa), durante lo stato di detenzione è pur sempre necessaria una specifica istanza del detenuto. Istanza che, all’evidenza, condiziona la successiva cognizione dell’organo giurisdizionale, delimitandone l’ambito della conseguente valutazione.
Né potrebbe sostenersi che la semplice proposizione di un’istanza imponga una verifica ufficiosa della pericolosità durante il periodo in cui alla misura non possa darsi esecuzione: proprio in ragione della circostanza per cui la misura non trova esecuzione, la sussistenza dell’interesse alla pronuncia sulla revoca della misura non può che essere condotta secondo gli ordinari criteri volti a riscontrarne concretezza e attualità. Quindi, alla luce delle allegazioni offerte dalla parte.
Ebbene, per come si è detto, il COGNOME ha dedotto, a sostegno dell’istanza, circostanze, sostanzialmente, riconducibili al mero decorso del tempo. Un elemento che, in sé, non solo non esclude il permanere dell’originaria pericolosità, ma non legittima neanche una richiesta di revoca del regime di detenzione speciale di cui all’art. 41-bis dell’ord. pen., in quanto, come è noto e come è espressamente indicato dal testo di legge, al quarto periodo del comma 2-bis della stessa disposizione, ai fini della revoca del provvedimento di rigore penitenziario “il mero decorso del tempo non costituisce, di per sé, elemento sufficiente per escludere la capacità di mantenere i collegamenti con l’associazione o dimostrare il venir meno dell’operatività della stessa”.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 27 febbraio 2024
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Il Presidente