Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 34463 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 5 Num. 34463 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto dal terzo interessato COGNOME NOME nato a Roma il DATA_NASCITA
nel procedimento a carico di COGNOME NOME, nato a Ariano Irpino il DATA_NASCITA
avverso il provvedimento del 04/04/2025 della Corte di appello di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; sentita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato la Corte di appello di Roma ha dichiarato inammissibil e l’istanza, presentata in data 15 febbraio 2025 dal terzo interessato NOME COGNOME, volta a ottenere la revoca del sequestro – anticipatorio della
confisca di prevenzione – disposto dalla Corte di appello di Roma nei confronti di NOME COGNOME in relazione a beni a lui riconducibili anche per interposta persona.
Nel novero del patrimonio oggetto di sequestro (e di successiva confisca non definitiva) sono caduti anche beni che NOME COGNOME ritiene di propria spettanza.
La declaratoria di inammissibilità fa leva sulla circostanza che il sequestro ‘ risulta allo stato assorbito ‘ dal decreto di confisca emesso dal Tribunale di Roma il 15 aprile 2024, nonché sul fatto che l’istante ‘ non ha dedotto né provato la sua legittimazione rispetto al procedimento di prevenzione, non risultando proprietario né titolare di altri diritti reali sull’immobile oggetto di sequestro ‘.
Avverso l’indicato provvedimento ricorre NOME COGNOME, proponendo un unico motivo con il quale denuncia, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., l’inosservanza degli artt. 10, 11, 20, 23, 24, 27 e 28 d. lgs. n. 159 del 2011, 665, comma secondo, cod. proc. pen., 104 disp. att. cod. proc. pen. e 321 cod. proc. pen.
Il ricorso espone le fasi processuali, osservando quanto segue.
Il sequestro è stato eseguito il 3 maggio 2023 a carico dell’RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME, con spossessamento sia di un’unità commerciale all’interno del centro commerciale Tiberinus sia di tutti i beni mobili strumentali rinvenuti all’interno della stessa (elencati alle pagg. 7 e 8 del ricorso).
Nel frattempo, il procedimento principale va avanti e si conclude in primo grado con l’emissione del decreto di confisca, senza che il ricorrente sia mai stato chiamato a parteciparvi, in violazione di quanto prescritto dall’art. 23, d. lgs. n. 159 del 2011.
Incardinato il procedimento di secondo grado riguardo alla confisca, a seguito degli appelli del proposto e di alcuni terzi interessati diversi da COGNOME, il ricorrente ha formulato istanza di revoca del sequestro, respinta dalla Corte di appello con il provvedimento qui impugnato. Si tratta di una seconda istanza di revoca del sequestro, dopo che su una precedente la Corte di appello aveva dichiarato il non luogo a provvedere, come si vedrà a breve.
La decisione della Corte di appello di escludere la legittimazione del ricorrente sarebbe erronea, dato che, in virtù del sequestro, egli ha subito lo spossessamento di beni a lui appartenenti.
Il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ha depositato requisitoria scritta con la quale chiede di dichiarare il ricorso inammissibile, sostenendo che il ricorrente avrebbe dovuto dimostrare il proprio “interesse”, nonché la tempestività della sua ‘impugnazione’ .
Il difensore del ricorrente ha depositato una memoria di replica.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il Collegio ritiene di dover rimettere il ricorso alle Sezioni Unite, ai sensi dell’art. 618, comma 1, cod. proc. pen., per la soluzione del seguente quesito di diritto: «Se, in tema di impugnazione delle misure di prevenzione, a seguito dell’intervenuta modifica dell’art. 27 del d.lgs.6 settembre 2011 n. 159 per effetto della legge n. 161 del 2017, il provvedimento di rigetto dell’istanza di revoca del sequestro prodromico alla confisca debba ritenersi inoppugnabile oppure sia possibile reagire promuovendo incidente di esecuzione o, comunque, attraverso altri strumenti di impugnazione rinvenibili nella disciplina AVV_NOTAIO dell’art. 10 d. lgs. n. 159 del 2011».
Invero il vaglio in merito alla fondatezza o meno del motivo di ricorso presuppone, anzitutto, il riconoscimento della impugnabilità del provvedimento adottato della Corte di appello.
A tal fine occorre fissare i parametri processuali della vicenda, ricostruibili attraverso gli atti allegati al ricorso e quelli trasmessi dalla Corte di appello su richiesta di questo ufficio.
2.1. Il 10 dicembre 2021 i Procuratori della Repubblica presso i Tribunali di Roma e di Tivoli propongono l’applicazione di misura di prevenzione personale e patrimoniale nei confronti di NOME COGNOME, in quanto persona da ritenersi pericolosa ai sensi del combinato disposto degli artt. 4, comma 1, lett. c) e 1, comma 1, lett. b), d. lgs. n. 159 del 2011. I Pubblici ministeri chiedono contestualmente l’adozione di un sequestro ex art. 20 d. lgs. n. 159 del 2011.
Il 28 marzo 2022 il Tribunale di Roma respinge l’istanza di sequestro e fissa, dinanzi a sé, l’udienza del 10 ottobre 2022 ‘ per la trattazione della proposta ‘.
Il procedimento incidentale cautelare conosce le seguenti fasi.
Con decreto deliberato il 29 novembre 2022 e depositato in cancelleria il 27 febbraio 2023, la Corte di appello di Roma, accogliendo il gravame coltivato dai Pubblici ministeri, dispone il sequestro dei beni riconducibili ad NOME COGNOME, anche per interposta persona.
Come risulta dal verbale del 3 maggio 2023 (allegato al ricorso), il vincolo provvisorio colpisce, tra l’altro, l’RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME quale occupante dell’unità commerciale n. 21 sita nel centro commerciale Tiberinus, nonché i numerosi beni mobili strumentali rivenuti all’interno del locale (cfr. allegato B al ricorso).
Investita delle impugnazioni avverso il sequestro disposto dalla Corte di appello di Roma, la Seconda sezione della Corte di cassazione (con sentenza n. 47767 del 25 ottobre 2023) ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dal proposto NOME COGNOME e ha rigettato quelli presentati da alcuni dei terzi interessati (non dal l’odierno ricorrente) . Nel corpo della motivazione la pronuncia di legittimità ha affermato che i terzi avrebbero potuto svolgere compiutamente le proprie difese a ll’udienza ex art. 23 , commi 2 e 3, d. lgs. n. 159 del 2011, che, ad opinione di quel collegio, avrebbe dovuto tenersi dinanzi alla Corte di appello, quale giudice che aveva disposto il sequestro.
NOME COGNOME si rivolge al giudice di secondo grado chiedendogli di fissare l’udienza per la sua citazione come terzo ex art. 23 d. lgs. n. 159 del 2011 e di revocare il sequestro; ottiene solo un provvedimento di ‘non luogo a provvedere’ che impugna con ricorso per cassazione.
La Quinta sezione della Corte di cassazione, adita da NOME COGNOME, emette una decisione di rigetto (sentenza n. 4743 del 14/11/2024, dep. 2025). In quella pronuncia il giudice di legittimità, ponendosi in consapevole contrasto con la precedente decisione della Seconda sezione, individua nel Tribunale e non nella Corte di appello il giudice dinanzi al quale va fissata l’udienza ex art. 23 d. lgs. n. 159 del 2011 anche nel caso in cui, come nella specie, il decreto di sequestro sia stato emesso dalla Corte di appello.
Nel frattempo, il procedimento principale di prevenzione viene definito, in primo grado, dal Tribunale di Roma con decreto del 14 aprile 2024, che applica nei confronti di NOME COGNOME la misura personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza nonché quella patrimoniale della confisca di numerosi beni ritenuti nella disponibilità del proposto, compresi quelli sequestrati a NOME COGNOME.
Il suddetto decreto di confisca è appellato dal proposto, nonché da alcuni dei terzi interessati, tra i quali non figura l’odierno ricorrente.
Nel corso del procedimento di secondo grado NOME COGNOME incardina una nuova procedura incidentale cautelare volta ad ottenere la revoca del sequestro in relazione ai beni che ritiene di propria spettanza.
Con il provvedimento qui impugnato, la Corte distrettuale dichiara inammissibile l’istanza per difetto di legittimazione.
Il procedimento principale sta proseguendo dinanzi alla Corte distrettuale; il termine di inefficacia della confisca ex art. 27, comma 6, d. lgs. n. 159 del 2011 è stato indicato dal giudice di merito alla data del 7 maggio 2026, prorogato, per l’espletamento di perizia, al 5 agosto 2026 (cfr. nota del 3 ottobre 2025).
Il tema preliminare, potenzialmente assorbente, richiede di sciogliere l’interrogativo sulla impugnabilità o meno del provvedimento -di rigetto dell’istanza di revoca del sequestro -adottato dalla Corte di appello.
Sulla questione si registra un contrasto nella giurisprudenza di legittimità: alle pronunce che ravvisano un rimedio nell’opposizione all’esecuzione, si contrappongono quelle che escludono qualunque mezzo di reazione.
4. Le norme.
Le norme di riferimento sono rappresentate dagli artt. 10 e 27 del d. lgs. n. 159 del 2011.
4.1. Nella sua formulazione originaria, il primo comma dell’articolo 27, sotto la rubrica “comunicazioni e impugnazioni”, così recitava: «I provvedimenti con i quali il tribunale dispone la confisca dei beni sequestrati, la revoca del sequestro ovvero la restituzione della cauzione o la liberazione delle garanzie o la confisca della cauzione o la esecuzione sui beni costituiti in garanzia sono comunicati senza indugio al procuratore AVV_NOTAIO presso la corte di appello, al procuratore della Repubblica e agli interessati».
La disposizione, gravemente lacunosa, ha dato vita a vari aggiustamenti di carattere giurisprudenziale (cfr. per tutti Sez. U, n. 20215 del 23/02/2017, NOME COGNOME), nonché a un intervento legislativo.
Grazie all’art. 6 della legge n. 161 del 2017 è stato esteso l’ambito dei provvedimenti impugnabili come segue: «I provvedimenti con i quali il tribunale dispone la confisca dei beni sequestrati, l’applicazione, il diniego o la revoca del sequestro, il rigetto della richiesta di confisca anche qualora non sia stato precedentemente disposto il sequestro ovvero la restituzione della cauzione o la liberazione delle garanzie o la confisca della cauzione o l’esecuzione sui beni costituiti in garanzia sono comunicati senza indugio al procuratore AVV_NOTAIO presso la corte di appello, al procuratore della Repubblica e agli interessati».
Il nuovo elenco continua a non ricomprendere il provvedimento di rigetto delle istanze di revoca del sequestro.
Il secondo comma del citato art. 27 stabiliva e stabilisce tuttora che: «Per le impugnazioni contro detti provvedimenti si applicano le disposizioni previste dall’articolo 10».
4..2. L’art. 10 fissa, tra le altre, la regola AVV_NOTAIO del “doppio grado di merito”, nonché quella della proponibilità del ricorso per cassazione, “per violazione di legge”, avverso il decreto della Corte di appello.
Gli approdi della giurisprudenza di legittimità e il contrasto insorto tra le sezioni semplici.
5.1. Nel vigore del precedente testo del citato art. 27, la giurisprudenza si è mostrata disponibile a reperire uno strumento di tutela, ricercandolo, non all’interno del sistema della prevenzione, ma nel codice di rito e rinvenendolo nella disciplina dell’incidente di esecuzione, così da perpetuare quanto già elaborato prima della entrata in vigore del d. lgs. n. 159 del 2011.
Si affermava che, anche dopo l’entrata in vigore del d. lgs. n. 159 del 2011 (cosiddetto “codice antimafia”), avverso i provvedimenti di sequestro e di reiezione dell’istanza di revoca del sequestro è ammessa “solo” l’opposizione, innanzi allo stesso giudice, nelle forme dell’incidente di esecuzione (Sez. 2, n. 20237 del 21/04/2016, Lampada, Rv. 266892 – 01; Sez. 2, n. 4400 del 13/01/2015, COGNOME, Rv. 262373 – 01).
5.2. Successivamente alla modifica dell’art. 27 del d. lgs. n. 159 del 2011, operata con la legge n. 161 del 2017, si è prodotta, invece, una divaricazione nelle decisioni della Corte di cassazione circa l’esperibilità del rimedio della opposizione, da proporre nelle forme dell’incidente di esecuzione: in senso favorevole si sono espresse Sez. 2, n. 4729 del 16/01/2018, COGNOME, Rv. 272084 -01; Sez. 6, n. 51806 del 25/10/2018, RAGIONE_SOCIALE; in senso contrario Sez. 1, n. 17489 del 14/01/2022, COGNOME, Rv. 283309 -01; Sez. 1, n. 37078 del 08/06/2023, COGNOME, non RAGIONE_SOCIALE; Sez. 1, n. 20457 del 13/01/2022, COGNOME, non RAGIONE_SOCIALE
5.2.1. La premessa comune.
Tutte le citate pronunce muovono da una premessa comune: il sistema delle misure di prevenzione non contempla alcun rimedio per reagire avverso il rigetto della istanza di revoca del sequestro in materia di prevenzione. E, questo, indipendentemente dalla circostanza che l’istanza di revoca provenga dal proposto (Sez. 2, n. 4729 del 16/01/2018, COGNOME, Rv. 272084 -01) o dai terzi interessati (Sez. 1, n. 17489 del 14/01/202, COGNOME, Rv. 283309 -01).
Si fa leva sul principio di tipicità e tassatività dei mezzi di impugnazione, mutuato dall ‘ art. 568, comma 1, cod. proc. pen., in forza del rinvio operato dall’art. 27, comma all’art. 10, comma 4 d.lgs. n.159 del 2011 e da quest’ultimo alle disposizioni del codice di rito concernenti la proposizione e la decisione dei ricorsi in tema di misure di sicurezza.
Si ritiene, dunque, richiamata, sia pure in forma indiretta, la disposizione di cui all’art. 680 cod. proc. pen., che al comma 3 compie espresso rinvio alle «disposizioni generali sulle impugnazioni» contenute negli articoli da 568 a 592 cod. proc. pen.
5.2.2. Il contrasto.
Difformi opinioni si registrano, invece, sulle conseguenze scaturenti da siffatta premessa.
Secondo un primo orientamento deve ritenersi tuttora consentita l’opposizione ex art. 667, comma 4, cod. proc. pen., di talché il ricorso per cassazione, erroneamente proposto, va qualificato, ai sensi dell’art. 568, comma 4, cod. proc. pen., come opposizione all’esecuzione (in tal senso si è pronunciata Sez. 2, n. 4729 del 16/01/2018, COGNOME, Rv. 272084 -01; seguita da Sez. 6, n. 51806 del 25/10/2018, RAGIONE_SOCIALE non RAGIONE_SOCIALE).
Su opposto versante si collocano quelle pronunce che, distaccandosi consapevolmente dalle prime, escludono l’esperibilità della opposizione nelle forme dell’incidente di esecuzione e di qualunque altro rimedio, così da ritenere inoppugnabile il provvedimento di rigetto dell’istanza di revoca del sequestro (così Sez. 1, n. 17489 del 14/01/2022, COGNOME, Rv. 283309 -01; Sez. 1, n. 37078 del 08/06/2023, COGNOME, non RAGIONE_SOCIALE; Sez. 1, n. 20457 del 13/01/2022, COGNOME, non RAGIONE_SOCIALE).
Queste decisioni si muovono sul piano delle conseguenze discendenti dalla applicazione dei principi generali in tema di impugnazioni e osservano che: ‘ Se il provvedimento giurisdizionale non è impugnabile, per opzione legislativa, la conclusione cui porta la ricordata applicabilità delle disposizioni generali in tema di impugnazioni è esclusivamente quella della inammissibilità dell’atto ‘ (così in motivazione Sez. 1, n. 17489 del 14/01/2022, COGNOME).
Mentre, valorizzando una chiara e consapevole scelta del legislatore del 2017, ritengono di dover archiviare quegli arresti di legittimità raggiunti prima della vigenza del codice antimafia -e mantenuti sino alla vigenza della legge n.161 del 2017 -che tendevano: ‘ a rendere ‘rivedibile’, tramite la benevola interpretazione delle disposizioni in tema di incidente di esecuzione (istituto che presuppone tendenzialmente l’avvenuta formazione del giudicato) lo stesso provvedimento ‘genetico’ di sequestro dei beni, oggi autonomamente impugnabile tramite proposizione dell’appello. La ratio ispiratrice di tale interpretazione era rappresentata, essenzialmente, dalla avvertita necessità di un controllo ‘critico’ sulla decisione che impone il vincolo, lì dove la decisione che ne mantiene l’efficacia assume una valenza obiettivamente diversa ‘ (così in motivazione Sez. 1, n. 17489 del 14/01/2022, COGNOME).
Quindi non residuano rimedi: « La tutela degli interessi delle parti private destinatarie del sequestro – è essenzialmente affidata alla previsione di autonoma impugnabilità del provvedimento genetico, vera novità introdotta con la novellazione del 2017.
Una volta assicurata tale esigenza, nulla vieta – in pendenza del giudizio di primo grado – la sollecitazione della parte a una revoca del provvedimento di sequestro.
Tuttavia l’eventuale provvedimento negativo del Tribunale si risolve in un mantenimento temporaneo del vincolo di indisponibilità, in attesa della pronunzia sulla domanda di confisca, la cui eventuale applicazione sarà ovviamente impugnabile.
Ciò consente di ritenere frutto di discrezionalità legislativa ‘meditata’ l’avvenuta esclusione del diniego di revoca del sequestro dal novero dei provvedimenti impugnabili » (così in motivazione Sez. 1, n. 17489 del 14/01/2022, COGNOME e Sez. 1, n. 20457 del 13/01/2022, COGNOME).
Aderendo a questo secondo orientamento si ottiene che, in presenza di una istanza della parte (terzo o proposto) di revoca del sequestro, se il giudice accoglie la richiesta, il Pubblico ministero può impugnare il provvedimento (perché così stabilisce espressamente l’art. 27 d. lgs. cit.), mentre se il giudice respinge la l’istanza, la parte privata non dispone di strumenti di reazione.
Il contrasto appena illustrato potrebbe essere superato in radice ove si intendesse confutare la premessa comune ai due orientamenti (cfr. sopra paragrafo 5.2.1.) e rinvenire, invece, uno strumento impugnatorio all’interno del sistema della prevenzione, facendo leva sulla vocazione AVV_NOTAIO dell’art. 10, d lgs. n. 159 del 2011.
Tuttavia una tale opzione ermeneutica genererebbe un conflitto potenziale che, quindi, imporrebbe in ogni caso di rimettere la questione alle Sezioni Unite.
In questa ultima prospettiva appare utile svolgere alcune riflessioni sui rapporti tra sequestro e confisca, sulla disciplina dell’incidentale cautelare nel procedimento di prevenzione, sui caratteri dell’art. 27 d. lgs. n. 159 del 2011 e sulla posizione del terzo interessato.
7. Il sequestro anticipatorio della confisca di prevenzione.
Varie decisioni di questa Corte, anche a Sezioni Unite, hanno evidenziato la natura unitaria del procedimento di prevenzione patrimoniale, che vede inscindibilmente connessi i provvedimenti di sequestro (ove emesso, come nella specie) e di confisca. Lo strumento di cautela, con funzione tipicamente prodromica e provvisoria, è propedeutico alla misura ablatoria che attua il trasferimento coattivo del bene al patrimonio dello Stato (così in motivazione Sez. U, n. 36 del 13/12/2000, dep. 2001, Madonia).
Il provvedimento di sequestro ha natura ‘cautelare’ nel senso che consente di apporre un vincolo provvisorio e immediatamente efficace sul patrimonio del proposto, in modo da preservare gli effetti della confisca, la quale diviene esecutiva soltanto con la definitività della relativa pronuncia ex art. 27, comma 2 d. lgs. n. 159 del 2011.
A mente dell’art. 24, comma 2, d. lgs. n. 150 del 2011 il sequestro perde efficacia se il Tribunale non deposita il decreto che pronuncia la confisca entro un anno e sei mesi dalla data di immissione in possesso dei beni da parte dell’amministratore giudiz iario. In questo modo si evita il protrarsi di una situazione d’incertezza al di là d’inevitabili scansioni normativamente delimitate secondo i principi di tipicità e di legalità, ai quali corrispondono la compressione della sfera giuridica della persona e la possibilità del pregiudizio dei diritti di terzi, che impongono di non superare i limiti indicati – da qui la perentorietà del termine -, in attuazione dei principi della libertà dell’iniziativa economica privata e del riconoscimento della proprietà privata si cui agli artt. 41 e 42 della Costituzione (arg. da Sezioni Unite Madonia, cit.).
Sul tema dei rapporti tra vincolo cautelare e apprensione definitiva si rivela preziosa la pronuncia delle Sezioni Unite n. 48126 del 20/07/2017, COGNOME, la quale, sebbene si occupi del sequestro preventivo, individua presupposti e caratteri esportabili anche al sequestro previsto in materia di prevenzione.
Fino alla conclusione del procedimento di prevenzione (così come fino alla pronuncia della sentenza irrevocabile nel processo di cognizione) la confisca non produce effetti e, dunque, non è in grado di mutare il titolo giuridico dell’ablazione, che continua ad essere rappresentato dall’originario provvedimento di sequestro. Il bene, insomma, finché la sentenza non diviene irrevocabile, è indisponibile, non perché confiscato, ma perché sequestrato. È infatti sulla base di tale provvedimento cautelare che il privato è stato spossessato (e continua ad essere privato) della disponibilità del bene. La pronunzia che ne dispone il trasferimento di proprietà allo Stato è, per così dire, sub condicione : essa in tanto assumerà giuridica esistenza e pratica efficacia in quanto (e solo se) la confisca divenga definitiva.
Queste considerazioni portano a concludere che la tutela degli interessi delle parti private, destinatarie del sequestro, non è assicurata dalla previsione di autonoma impugnabilità del provvedimento genetico, poiché rimane scoperto il diritto della parte a ottenere l’immediata rimozione del vincolo provvisorio che, nel corso del procedimento, è direttamente responsabile della indisponibilità dei suoi beni.
L’incidente cautelare.
La disciplina dell’incidente cautelare nel procedimento di esecuzione continua a presenta a tutt’oggi tratti di incompiutezza. A titolo esemplificativo se ne possono indicare di rilevanti anche nella prospettiva di interesse.
8.1. Focalizzando lo sguardo sulla misura del sequestro, può osservarsi che l’art. 27, comma 1 d. lgs. n. 159 del 2011 menziona i provvedimenti con i quali «il tribunale» dispone l’applicazione, il diniego o la revoca del sequestro.
La norma non prevede testualmente l’ipotesi in cui tali provvedimenti siano adottati dalla Corte di appello, in prima istanza, quale giudice che procede, oppure in seconda istanza, su impugnazione della parte interessata.
Il che ovviamente non significa che manchi un rimedio impugnatorio, poiché soccorrono i principi di cui all’art. 10 del citato d. lgs.
Rimane il fatto che lo sviluppo del procedimento incidentale e i suoi rapporti con quello principale non risultano adeguatamente disciplinati, tanto da suscitare dubbi e interpretazioni contrastanti.
Questo è accaduto nel procedimento di prevenzione su cui si innesta il presente incidente cautelare che ha registrato opposte decisioni di legittimità sull’individuazione della competenza alla celebrazione dell’udienza fissata per la citazione dei terzi ex art. 23, commi 2 e 3, d. lgs. cit. nel caso in cui il sequestro venga adottato dalla Corte di appello a seguito della impugnazione del rigetto del Tribunale.
Come ricordato sopra nel paragrafo 2, con la pronuncia Sez. 2, n. 47767 del 25/10/2023 la Corte di cassazione, investita del ricorso del proposto e di alcuni terzi, ha indicato la competenza della Corte di appello -il principio ha formato oggetto di massimazione (Rv. 285445 – 01); mentre con altra successiva decisione, sollecitata dall’odierno ricorrente, si è mantenuta ferma la competenza del Tribunale, prendendo motivatamente le distanze dalla prima, (sentenza n. 4743 del 14/11/2024, dep. 2025, non massimata).
8.2. Sempre a titolo di esempio può porsi mente alla revoca del sequestro. L’art. 27, comma 3 disciplina gli effetti della revoca disposta dal Tribunale.
Il successivo comma 3 bis si occupa di quelli derivanti dalla revoca del sequestro adottata dalla Corte di appello e traccia un collegamento, all’apparenza inscindibile, tra la revoca e la riforma del decreto di confisca emesso dal Tribunale, quasi che il legislatore non abbia contemplato la possibilità di una revoca dopo l’emissione del decreto di confisca di primo grado e in pendenza del procedimento di appello.
Se così fosse, si reciderebbe alla base il problema nel procedimento in rassegna: la Corte di appello non potrebbe mai revocare, in itinere , il
provvedimento di sequestro, di talché sarebbe destinata alla reiezione qualunque istanza, in tal senso formulata dal proposto o dai terzi interessati.
Una siffatta rigida interpretazione non sembra possa ricevere avallo, poiché comprime eccessivamente i diritti di difesa e non si raccorda ai caratteri e ai rapporti tra titolo cautelare e titolo definitivo. Essa postula una sorta di “assorbimento” del titolo cautelare del sequestro, immediatamente efficace, nel titolo definitivo della confisca, non ancora esecutivo, creando una sorta di impasse , una zona franca priva di tutela.
Deve allora ritenersi che il citato comma 3 bis non tracci una connessione biunivoca e vincolante, ma si limiti a prendere in esame il caso classico della revoca del sequestro, questa sì necessitata nel caso di riforma del decreto di confisca emesso dal Tribunale, in sintonia con quanto accade per il caso analogo della perdita di efficacia, nel processo di cognizione, del sequestro preventivo ex art. 323 cod. proc. pen.
8.3. Questi esempi infondono il dubbio che la materia dell’incidente cautelare non sia organica e che non ne siano contemplate tutte le possibili derivazioni.
L’art. 27 del d. lgs. n. 159 del 2011.
9.1. La norma è stata riscritta dalla legge n. 161 del 2017 nei termini in precedenza esposti (cfr. sopra paragrafo 4).
Come anticipato il testo anteriormente vigente presentava evidenti lacune, oggetto di interventi ortopedici da parte della giurisprudenza di legittimità.
La sentenza Sez. U, n. 20215 del 23/02/2017, NOME COGNOME, in analogia a quanto già previsto dall’art. 27 d.lgs. cit. in tema di appellabilità del provvedimento di revoca del sequestro, aveva riconosciuto l’appellabilità anche del decreto di rigetto della richiesta del pubblico ministero di applicazione della confisca non preceduta dal sequestro anticipatorio, di cui agli artt. 20 e 22 d.lgs. n. 159 del 2011, nonostante l’omessa menzione di tale provvedimento. La ragione della decisione riposava sulla necessità di evitare irragionevoli conseguenze e, per converso, di riconoscere l’assimilabilità sostanziale delle due situazioni poste a confronto, dati i comuni effetti che ne derivano in termini di insussistenza del vincolo sui beni.
Le Sezioni Unite NOME COGNOME esprimono una significativa riflessione: «i provvedimenti elencati nel comma 1 dell’art. 27 non sono già in quella sede indicati come impugnabili, essendo viceversa la disposizione diretta a prevederne l’immediata comunicazione alle parti. L’impugnabilità di detti provvedimenti è invece prevista dal secondo comma nella forma testuale del rinvio, per le modalità di tale impugnazione, alle disposizioni dell’art. 10. Norma, quest’ultima, riservata
alla disciplina dell’impugnazione in materia di misure di prevenzione personali, e che al comma 1 si esprime in una formulazione ampia dell’oggetto dell’impugnazione, disponendo che “il AVV_NOTAIO della Repubblica, il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO presso la Corte di appello e l’interessato hanno facoltà di proporre ricorso alla Corte di appello anche per il merito”, in modo da comprendervi sia i provvedimenti applicativi che quelli reiettivi».
Nelle decisioni adottate dalle sezioni semplici che aderiscono alla opinione della inoppugnabilità del provvedimento di rigetto dell’istanza di revoca del sequestro si sostiene che la pronuncia delle Sezioni Unite COGNOME sarebbe superata dalla legge n. 161 del 2017, poiché con essa il legislatore ha rimediato alle “sviste” precedenti, operando, questa volta, scelte meditate e consapevoli (cfr. le citate Sez. 1, n. 17489 del 14/01/2022, COGNOME e Sez. 1, n. 20457 del 13/01/2022, COGNOME).
In realtà, anche dopo l’intervento della legge n. 161 del 2017, si sono rilevate ulteriori mancanze, che hanno indotto le Sezioni Unite della Corte di cassazione a continuare a individuare nell’art. 10 e non nell’art. 27 d. lgs. n. 159 del 2011 la norma AVV_NOTAIO di riferimento del regime impugnatorio in materia di prevenzione.
In particolare le Sezioni Unite Ricchiuto -nel trattare il tema dell’impugnazione avverso il diniego del controllo giudiziario richiesto ex art. 34bis, comma 6, del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 -si pongono in perfetta consonanza con le Sezioni Unite COGNOME quando affermano che l’art. 27 lascia «libero, in punto di impugnabilità, uno spazio che è possibile ed anzi doveroso occupare, col ricorso al principio AVV_NOTAIO sotteso al sistema delle impugnazioni delle misure di prevenzione, che è quello elaborato nell’art. 10 citato. Un sistema che, col doppio grado di giudizio – il primo dei quali, di merito, ed il secondo per sola violazione di legge – si pone come quello AVV_NOTAIO e di riferimento a tutela degli interessi perseguiti dal corpo normativo, aventi tanto natura pubblicistica, quanto garanzia costituzionale come la libertà di iniziativa economica e la proprietà privata».
Le Sezioni Unite Ricchiuto ricordano in primo luogo che: «la giurisprudenza di questa Corte, in sintonia con una certa parte della dottrina, non ha mancato di fare ricorso, nella materia delle impugnazioni che qui interessa, al principio della interpretazione analogica, alla stregua dell’art. 12 preleggi, quando si è trattato di sopperire a una lacuna o a una deficienza del sistema in relazione a un caso analogo. In tali situazioni, infatti, il divieto di applicazione analogica di cui all’art. 14 susseguente non opera perché il precetto che viene in considerazione (nel caso particolare l’art. 27 d.lgs. n. 159 del 2011) non è strutturato in modo tale da dare luogo ad una eccezione rispetto ad una regola AVV_NOTAIO».
In secondo luogo assegnano un ruolo centrale all’art. 10 d.lgs. 159/2011 «concepito come norma AVV_NOTAIO di impugnazione, anche per il merito, delle misure di prevenzione personale, ma estensibile anche ai provvedimenti in tema di misure di prevenzione patrimoniale che rechino un vulnus a posizioni garantite costituzionalmente, analoghe ad altre presidiate dal mezzo di impugnazione».
Aggiungono che: «è noto il brocardo lex ubi voluit dixit, ubi noluit tacuit ma nel caso di specie, più che un legislatore volutamente silenzioso, si è avuto un legislatore che ha parlato in maniera occasionale e poco coerente, offrendo la tangibile sensazione che alcune fattispecie “analoghe” possano essergli sfuggite».
Definiscono «doverosa» l’emenda con una interpretazione analogica, volta a ricomporre la parità di trattamento.
9.2. Nel meccanismo risultante dagli attuali approdi della giurisprudenza di legittimità, si ottiene che se il giudice di merito accoglie l’istanza di revoca del sequestro, il Pubblico ministero dispone dell’appello; se invece il giudice respinge l’istanza, la parte privata o non ha strumenti per reagire oppure deve ricorrere all’incidente di esecuzione. La distonia si coglie avendo riguardo all’ipotesi di un accoglimento parziale della revoca, in cui entrambe le parti sono (parzialmente) soccombenti, ma soltanto la parte pubblica dispone del mezzo più immediato per contestare la decisione.
In sintesi, alla luce della incompletezza della disciplina, potrebbe ipotizzarsi uno sforzo per riempire, in via interpretativa, i vuoti lasciati dal legislatore collegando l’impugnabilità del provvedimento in rassegna all’art. 10 d lgs. n. 159 del 2011, così da riequilibrare le posizioni delle parti.
Come detto, però, una simile soluzione entra in conflitto con i principi consolidati delle sezioni semplici, ingenerando un conflitto potenziale che, in ogni caso, rende necessario il ricorso alle Sezioni Unite.
10. La posizione del terzo nel procedimento di prevenzione.
Il ricorrente ha ripetutamente formulato istanze per soddisfare le proprie pretese, senza mai ottenere una pronuncia che le valutasse “nel merito”.
Le considerazioni sopra svolte riguardano indifferentemente la posizione del proposto e quella del terzo. Tuttavia la visuale della problematica dalla prospettiva del terzo interessato del ricorrente offre ulteriori spunti di riflessione utili per saggiare la tenuta complessiva del sistema.
Fermo restando che il terzo è parte “eventuale” del procedimento di prevenzione e che la sua mancata citazione ex art. 23, d. lgs. n. 159 del 2011 non dà luogo a nullità, ma a mera irregolarità (cfr. per tutte Sez. U. n. 30355, del 27/03/2025, Putignano), va comunque osservato che il citato art. 23 dà vita a un
modello di tutela anticipata, rispetto allo schema del mero incidente di esecuzione, delle ragioni del terzo, cui la confisca risulterà all’esito, se per lui insoddisfacente, pienamente opponibile (cfr. Sez. 1, n. 5050 del 10/12/2019, dep. 2020, Lafleur, Rv. 278469-02).
«La tutela anticipata, prevista dalle nuove disposizioni a regime, non realizza soltanto esigenze di economia e celerità dei giudizi, ma è indirizzata alla massima espansione delle garanzie del terzo, al quale in tal modo: – è riconosciuta la possibilità di interloquire sulla confisca minacciata nei suoi confronti in un contesto unitario, in cui i presupposti generali di applicabilità della misura sono oggetto di pregiudiziale rilievo e trattazione, nonché la possibilità di valersi e giovarsi altresì delle eventuali difese, di tipo argomentativo ed istruttorio, prospettate dall’imputato; -è riconosciuto, anche a prescindere dalle iniziative dell’imputato, sia pure entro i confini in cui le difese e le contestazioni del terzo debbano ritenersi ammesse, il pieno diritto al contraddittorio e alla prova, secondo le modalità procedimentali del giudizio al quale il terzo si trova a partecipare» (così Sez. 1, n. 1908 del 26/11/2024, dep. 2025, COGNOME, in tema di confisca ex art. 240 bis cod. pen., a proposito della ci tazione del terzo ai sensi dell’art. 104bis , comma 1 quinquies , disp. att. cod. proc. pen.).
Nel resto, per il terzo del tutto pretermesso o erroneamente o irritualmente citato, possono ritenersi tuttora validi gli argomenti espressi, nel vigore della disciplina antecedente al d. lgs. n. 159 del 2011, dalla decisione delle Sezioni Unite, n. 47239 del 30/10/2014, COGNOME.
In sintesi, concluso il procedimento di prevenzione con la confisca definitiva, l’ extraneus pretermesso può esplicare le sue difese, provocando un incidente di esecuzione.
Costui, però, può proporre incidente di esecuzione solo se non ha partecipato al procedimento di applicazione della misura patrimoniale, nel quale può svolgere (sia che venga chiamato dal Tribunale con decreto motivato ovvero decida di intervenire nel procedimento) le deduzioni e chiedere l’acquisizione di ogni elemento utile ai fini della decisione sulla confisca (così in motivazione Sezioni Unite COGNOME, cit.).
«Ne consegue che i terzi non citati possono intervenire in appello anche se non hanno partecipato al giudizio di primo grado, ma in tal caso non potranno proporre incidente di esecuzione. Pertanto, il terzo non citato nel giudizio di primo grado e che non ha partecipato a questo, qualora venga a conoscenza del procedimento, deve decidere se esercitare i propri diritti nel giudizio d’appello, intervenendo, ovvero attendere che la decisione sia definitiva per poi proporre l’incidente di esecuzione, che può essere attivato, com’è nella natura dell’istituto,
solo nei confronti di un titolo esecutivo definitivo» (così in motivazione Sezioni Unite COGNOME, cit.).
Ergo nel corso del procedimento non può negarsi al terzo, chiamato a parteciparvi o che intende comunque intervenire, il diritto di chiedere la revoca del sequestro, così da contestare il vincolo provvisorio, gravante sui beni di sua spettanza, che altrimenti permarrebbe fino alla decisione definitiva sulla confisca; e ciò anche quando sia intervenuto decreto – non definitivo – che abbia disposto la confisca, proprio perché anche in tal caso, come già detto, non muta il titolo giuridico in base al quale il bene si trova – in quel momento – sottoposto a vincolo reale; titolo costituito appunto (fino al passaggio alla definitività della confisca) dal sequestro.
11. La decisività della soluzione della questione in esame, da cui dipende l’ulteriore corso del giudizio, il contrasto insorto tra le sezioni semplici, nonché la rilevanza in sé della questione (foriera di incessanti dubbi interpretativi ed esposta al rischio di distorte prassi giurisprudenziali), inducono il Collegio a rimettere il ricorso alle Sezioni Unite.
P.Q.M.
Rimette il ricorso alle Sezioni Unite. Così deciso il 07/10/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME