Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 42944 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 42944 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a San Rufo il DATA_NASCITA;
avverso l’ordinanza del 23 aprile 2024 emessa dal Giudice per le indagi preliminari del Tribunale di Benevento;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procurat generale NOME COGNOME, che ha chiesto di dichiarare inammissibile il rico udito il difensore, AVV_NOTAIO NOME COGNOME in sostituzione dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME e dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha insistito per l’accoglimento motivi di ricorso.
RITENUTO IN FAT TO
Con l’ordinanza impugnata il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Benevento, «in funzione di giudice dell’esecuzione», ha rigettato le istanze di riduzione del sequestro preventivo disposto dal medesimo giudice con decreto del 2 gennaio 2024 proposte dagli indagati NOME COGNOME e NOME COGNOME in data 6 febbraio e 8 marzo 2024.
AVV_NOTAIO‘AVV_NOTAIO, difensore di NOME COGNOME, ricorre avverso tale ordinanza e ne chiede l’annullamento, deducendo tre motivi di ricorso.
2.1. Il difensore premette che:
NOME COGNOME, in qualità di amministratore della RAGIONE_SOCIALE, è sottoposto a indagine per il delitto di cui agli artt. 110, 316 ter cod. pen., in quanto, mediante l’opzione sconto in fattura, avrebbe ricevuto’ crediti inesistenti per complessivi 3.456.000,00 euro, a titolo di corrispettivo per la vendita delle unità abitative antisismiche indicate nell’imputazione, malgrado l’assenza di opere edili di demolizione del fabbricato preesistente e a fronte della mancata ultimazione dei lavori, e avrebbe ceduto questi crediti d’imposta a terzi, nella consapevolezza dell’inesistenza delle spese relative al complesso immobiliare oggetto dell’intervento edilizio;
il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Benevento, con decreto emesso in data 2 gennaio 2024, ha disposto il sequestro preventivo, a titolo impeditivo, dei crediti d’imposta fittizi presso i cessionari degli stessi e, al fine del futura confisca del profitto del reato, della somma di 3.416.069,90 euro nei confronti della RAGIONE_SOCIALE e, in caso di incapienza, totale o parziale, de patrimonio della stessa, il sequestro fino alla concorrenza della medesima somma, del danaro, dei beni immobili, dei mobili registrati o di altri valori immobiliar dell’indagato NOME COGNOME, amministratore della predetta società;
in data 6 febbraio 2024 COGNOME ha chiesto che il sequestro del conto corrente acceso presso la Banca Intesa San Paolo fosse limitato al saldo attivo, rinvenuto al momento del sequestro, e non si estendesse ai successivi accrediti ricevuti a titolo di retribuzione;
con ulteriore istanza depositata in data 27 febbraio 2024, il ricorrente ha chiesto che il sequestro operato dalla Guardia di Finanza fosse limitato all’importo complessivo indicato nel capo di imputazione (3.801.000,00) e non a quello effettivamente sequestrato (oltre cinque milioni di euro) tra il suo patrimonio personale, quello della RAGIONE_SOCIALE e il valore dei crediti d’imposta ceduti;
il Giudice per le indagini preliminari, con il provvedimento impugnato, all’esito dell’udienza in camera di consiglio tenuta in data 16 aprile 2024, ha
rigettato tali istanze, rilevando che il sequestro preventivo funzionale alla confisca ha attinto l’esatto ammontare del profitto del reato, costituito dal vantaggio economico ritratto dalla cessione dalla RAGIONE_SOCIALE a terzi dei crediti di imposta illecitamente conseguiti;
il Giudice per le indagini preliminari, nel medesimo provvedimento, ha, inoltre, rigettato la richiesta di svincolo parziale del conto corrente, rilevando che il fatto che le somme rinvenute sui conti correnti fossero stato accreditate a titolo di retribuzione non giustifica la loro liberazione del vincolo reale e, comunque, non risultava che si trattasse di somme di cui l’indagato necessitava per soddisfare le proprie esigenze di vita; la percezione futura degli emolumenti da parte dell’indagato non sarebbe, peraltro, preclusa, ricorrendo a conti correnti diversi a quelli attinti dal sequestro.
2.2. Con il primo motivo il difensore censura la violazione dell’art. 316 ter cod. pen. e il vizio di motivazione sul punto, in quanto il vincolo reale è stato esteso oltre il limite della contestazione del reato.
Il difensore rileva che il sequestro preventivo disposto dal Giudice per le indagini preliminari ha avuto ad oggetto, in primo luogo, i crediti di imposta asseritamente fittizi e la finalità reintegrativa e preventiva del sequestro non potrebbe comportare che lo stesso esorbiti l’ammontare, indicato nell’imputazione, di euro 3.456.000,00.
L’ingiusto profitto costituito dall’ammontare dei crediti di imposta indebitamente percepiti e la loro cessione non potrebbe, dunque, duplicare l’estensione del sequestro, che dovrebbe essere limitato all’ammontare indicato nella contestazione.
L’ablazione del prodotto e del profitto del reato potrebbero, infatti, essere cumulate solo queste siano entità distinte e abbiano causali autonome e differenziate.
Nella specie l’entità giuridico-materiale oggetto della cessione del credito sarebbe solo una e non avrebbe prodotto danni all’Erario o a terzi ulteriori rispetto a quelli conseguenti alla predetta operazione.
2.3. Con il secondo motivo il difensorólazione dell’art. 545 cod. proc. civ. e il vizio di motivazione in ordine al blocco di operatività dei conti correnti sequestrati.
Il Giudice per le indagini preliminari avrebbe, infatti, illegittimamente negato lo svincolo dei conti correnti e, in tal modo, avrebbe violato il disposto dell’art. 545 cod. proc. civ., che sancisce un preciso vincolo di impignorabilità delle somme percepite a titolo di retribuzione, al fine di garantire il c.d. minimo vitale.
2.4. Con il terzo motivo il difensore censura le modalità esecutive del sequestro, che ha attinto sia il patrimonio della società, che quella del suo amministratore.
Ad avviso del ricorrente, il vincolo reale avrebbe potuto attingere il patrimonio dell’amministratore solo in caso di incapienza del patrimonio della RAGIONE_SOCIALE; essendo, tuttavia, questo risultato ampiamente capiente, il sequestro disposto nei confronti di COGNOME doveva essere revocato.
In data 22 luglio 2024 l’AVV_NOTAIO ha depositato telematicamente tempestiva richiesta di trattazione orale del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso dev’essere qualificato come appello e trasmesso al Tribunale di Benevento, non essendo il provvedimento impugnato ricorribile per saltum davanti a questa Corte.
Prima di procedere all’esame dei motivi di ricorso proposti è, infatti, necessario chiarire l’esatta qualificazione del provvedimento impugnato al fine di stabilirne il regime di impugnabilità (e, dunque, l’ammissibilità dell’impugnazione proposta).
2.1. La persona sottoposta ad indagine ha, infatti, depositato istanza di revoca parziale del sequestro, che il Pubblico ministero ha ritenuto di respingere e ha trasmesso al Giudice per le indagini preliminari ai sensi dell’art. 321, comma, 3 cod. proc. pen.
Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Benevento ha, tuttavia, provveduto «in funzione di giudice dell’esecuzione», in quanto ha rilevato che l’indagato non ha posto in discussione il provvedimento applicativo della misura cautelare reale, ma ha contestato le modalità di esecuzione del sequestro preventivo.
2.2. Il Collegio non condivide, tuttavia, questa qualificazione delle istanze di dissequestro proposte dal difensore.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, in l ‘ i provvedimenti riguardanti le modalità di esecuzione del sequestro preventivo non sono né appellabili, né ricorribili per cassazione e le eventuali questioni ad essi attinenti vanno proposte in sede di incidente di esecuzione (Sez. 1, n. 8232 del 24/11/2020, Sforza, Rv. 280604-01, fattispecie in cui la Corte ha qualificato come opposizione ai sensi dell’art. 667, comma 4, cod. proc. pen., l’impugnazione avverso il provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari aveva
rigettato la richiesta di affidamento del godimento, dietro pagamento di un canone di locazione, di un immobile sottoposto a sequestro preventivo; Sez. 2, n. 44504 del 03/07/2015, Steccato Vattume’, Rv. 265103; Sez. 6, n. 16170 del 02/04/2014, COGNOME, Rv. 259769 – 01; Sez. 3, n. 26729/2011, Lannino, Rv. 250637).
Nel caso di specie, tuttavia, la richiesta di revoca proposta dal ricorrente non attiene meramente alle modalità di esecuzione del sequestro preventivo o alla gestione dei beni sequestrati e, quindi, ad un profilo sostanzialmente amministrativo e attuativo del provvedimento cautelare, ma alla modifica del vincolo cautelare per come configurato nel titolo genetico.
Nella prospettazione della parte ricorrente, infatti, l’asserita erronea estensione del vincolo reale a beni di valore largamente superiore a quello della contestazione non trae origine dall’esecuzione asseritamente sproporzionata del vincolo reale rispetto a quanto indicato nel titolo genetico, ma proprio dall’estensione che il Giudice per le indagini preliminari ha conferito al vincolo cautelare reale nel provvedimento genetico.
L’istanza della parte, dunque, attiene, specificamente alla rideterminazione dell’incidenza del sequestro preventivo sul patrimonio dell’indagato ed è volta a pervenire a una revoca parziale del vincolo reale per come configurato nel decreto genetico.
Il giudice per le indagini preliminari ha, dunque, erroneamente qualificato la richiesta di revoca proposta dalla parte quale incidente di esecuzione (che, peraltro, avrebbenò dovuto essere deciso secondo le forme procedimentali delineate dall’art. 667, comma 4, cod. proc. pen. e non nell’udienza in camera di consiglio).
2.3. Qualificata la richiesta di COGNOME quale una richiesta di revoca del sequestro formulata ai sensi dell’art. 321, comma 3, cod. proc. pen., il ricorso deve essere convertito in atto di appello, ai sensi dell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen. e deve essere, dunque, essere disposta la trasmissione degli atti al Tribunale di Benevento per il giudizio.
Non NOME è, NOME infatti, NOME consentita NOME la NOME ricorribilità NOME diretta NOME in cassazione, ai sensi dell’art. 325 cod. proc. pen., del provvedimento di diniego di revoca del sequestro preventivo adottato dal giudice per le indagini preliminari.
Avverso il provvedimento di rigetto della richiesta di revoca del sequestro preventivo, infatti, non può essere proposto ricorso immediato per cassazione, ma appello cautelare ex art. 322 bis cod. proc. pen. (ex plurimis: Sez. 2, n. 11869 del 08/02/2017, Giacino, Rv. 269689 – 01, fattispecie in cui la Corte ha qualificato il ricorso proposto come appello e trasmesso gli atti al tribunale del riesame).
Converte il ricorso in appello e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Benevento competente ai sensi dell’art. 324 cod. proc pen. Così deciso in Roma, il 01/10/2024.