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Revoca sanzione sostitutiva: discrezionalità del Giudice

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una condannata a cui era stata revocata la detenzione domiciliare sostitutiva a seguito di due furti. La Corte ha chiarito che la revoca della sanzione sostitutiva è legittima in caso di violazioni gravi e reiterate. Inoltre, ha specificato che il giudice ha il potere discrezionale di convertire la pena residua in detenzione ordinaria, senza essere obbligato ad applicare un’altra sanzione sostitutiva più grave.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Revoca Sanzione Sostitutiva: La Discrezionalità del Giudice di Fronte a Nuovi Reati

La recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nell’ambito dell’esecuzione penale: la revoca sanzione sostitutiva in caso di violazione delle prescrizioni. La decisione chiarisce i confini del potere discrezionale del Magistrato di Sorveglianza nel decidere se convertire la pena residua in detenzione o in un’altra misura alternativa più severa. Questo caso offre spunti fondamentali per comprendere le conseguenze di una condotta illecita durante l’esecuzione di una pena alternativa al carcere.

I Fatti del Caso

Una donna, condannata a tre anni di reclusione per tentata rapina, stava scontando la sua pena in regime di detenzione domiciliare sostitutiva. Durante questo periodo, tuttavia, la condannata violava ripetutamente le prescrizioni imposte, commettendo due furti in un supermercato. I furti venivano perpetrati in concorso con la stessa complice e seguendo uno schema ben definito, dimostrando una persistenza nell’attività criminale.
A seguito di tali comportamenti, il Magistrato di Sorveglianza decideva di revocare la detenzione domiciliare. La difesa della donna proponeva ricorso per cassazione, lamentando due aspetti: in primo luogo, che la revoca fosse basata sulla mera trasgressione delle regole senza una reale valutazione della gravità; in secondo luogo, che il giudice avrebbe dovuto convertire la misura in un’altra sanzione sostitutiva più grave, anziché disporre il ritorno in detenzione.

La Decisione della Cassazione sulla Revoca Sanzione Sostitutiva

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in pieno la decisione del Magistrato di Sorveglianza. Gli Ermellini hanno ritenuto infondate entrambe le censure mosse dalla difesa, fornendo importanti chiarimenti sull’applicazione dell’art. 66 della legge n. 689/1981, anche alla luce della cosiddetta riforma Cartabia.
La Corte ha stabilito che la gravità delle violazioni era stata adeguatamente motivata e che la scelta di convertire la pena residua in detenzione rientra nel potere discrezionale del giudice, non essendo un automatismo l’applicazione di un’altra misura sostitutiva.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si articola su due punti principali.

Primo, la censura relativa alla mancata valutazione della gravità delle violazioni è stata respinta. La Corte ha sottolineato che il Magistrato di Sorveglianza aveva correttamente valorizzato la “ripetuta violazione delle prescrizioni”, evidenziando come la commissione di due nuovi reati (i furti) rappresenti di per sé una violazione grave e reiterata, tale da giustificare la revoca della misura. Non si trattava, quindi, di una mera inosservanza formale, ma di condotte penalmente rilevanti che dimostravano l’inidoneità della misura in corso a contenere la pericolosità sociale della condannata.

Secondo, e di maggior rilievo, la Cassazione ha smontato la tesi difensiva secondo cui il giudice sarebbe stato obbligato a optare per un’altra sanzione sostitutiva più grave. La Corte ha ribadito che l’art. 66 della legge n. 689/1981 attribuisce al giudice un potere discrezionale. Di fronte a una violazione grave, il giudice può stabilire se la parte residua della pena si converta “nella pena detentiva sostituita ovvero in altra pena sostitutiva più grave”. La norma, quindi, non impone una scelta, ma offre un’alternativa. Nel caso di specie, il Magistrato di Sorveglianza aveva implicitamente escluso tale possibilità, affermando che “non vi è margine per accordare alla condannata l’invocata clemenza”, una motivazione ritenuta sufficiente per giustificare la conversione nella pena detentiva originaria.

Le Conclusioni

La pronuncia in esame riafferma un principio fondamentale: beneficiare di una sanzione sostitutiva comporta l’obbligo di rispettare scrupolosamente le prescrizioni. La commissione di nuovi reati durante l’esecuzione della misura costituisce una violazione grave che legittima pienamente la revoca della sanzione sostitutiva. La decisione finale sulla sorte della pena residua è rimessa alla valutazione discrezionale del Magistrato di Sorveglianza, il quale non è vincolato a percorrere la via di altre misure alternative se ritiene che la condotta del condannato dimostri la sua totale inaffidabilità e l’inadeguatezza di qualsiasi percorso esterno al carcere.

Quando può essere revocata una sanzione sostitutiva?
Una sanzione sostitutiva può essere revocata in caso di mancata esecuzione della stessa oppure a seguito della violazione grave o reiterata degli obblighi e delle prescrizioni ad essa inerenti, come la commissione di nuovi reati.

In caso di revoca, il giudice è obbligato a imporre un’altra sanzione sostitutiva più grave?
No. Secondo l’art. 66 della legge n. 689/1981, il giudice ha il potere discrezionale di scegliere se convertire la pena residua nella pena detentiva originaria oppure in un’altra sanzione sostitutiva più grave. Non è un obbligo.

La motivazione del giudice sulla revoca deve essere esplicita riguardo alla scelta tra detenzione e altra sanzione sostitutiva?
Non necessariamente. Nel caso esaminato, la Corte ha ritenuto sufficiente la motivazione con cui il giudice ha affermato che non vi era “margine per accordare alla condannata l’invocata clemenza” per escludere implicitamente l’applicazione di altre misure meno afflittive della detenzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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