Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 26375 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 26375 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 05/06/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da NOME COGNOME nato ad Acquarica del Capo 1’8/4/1962 NOME COGNOME nato ad Amsterdam il 15/11/1990
avverso il decreto emesso il 16/1/2025 dalla Corte di appello di Lecce udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha
Visti gli atti, il decreto impugnato e i ricorsi; concluso chiedendo di rigettare i ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con decreto del 16 gennaio 2025 la Corte d’appello di Lecce ha rigettato i ricorsi proposti da NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso il decreto emesso dal Tribunale di Lecce il 25 settembre 2023, con cui è stata disposta la confisca di beni immobili, in esso specificamente indicati, riconducibili in via diretta o indiretta ad NOME COGNOME.
Avverso l’anzidetto decreto hanno proposto ricorsi per cassazione i difensori di NOME COGNOME e di NOME COGNOME.
Il difensore di NOME COGNOME ha dedotto la nullità del decreto di applicazione della misura di prevenzione patrimoniale e della conseguente fissazione dell’udienza di comparizione delle parti dinanzi alla Corte di appello. La relata della notifica del decreto di fissazione dell’udienza, da cui risulterebbe che il destinatario ha rifiutato la consegna del plico, sarebbe in contrasto con la documentazione Pervenuta dal Consolato di Italia, in cui si dà atto del rifiuto del ricorrente, ma si segnala anche che la notifica non era andata a buon fine e non erano noti altri indirizzi del Giannotta.
Il difensore di NOME COGNOME quale terzo interessato, ha dedotto violazione di legge, e, segnatamente, dell’art. 125, comma 3, cod. proc. pen., dell’art. 23 Codice Antimafia e dell’art. 6 CEDU. La Corte di appello, dopo avere ammesso la testimonianza dell’ispettore COGNOME della Polizia olandese, ha revocato l’audizione del teste, ritenuta superflua, pur se, invece, utile al ricorrente. teste avrebbe potuto chiarire aspetti ed elementi collegati al tema di indagine patrimoniale, quali la soglia di povertà e le spese del mantenimento in Olanda. La revoca avrebbe leso il diritto di difesa del ricorrente e sarebbe contraria alle decisioni della Cedu, richiamate in ricorso, ove si riconoscono garanzie minime per il destinatario di una confisca, tra cui non si può escludere la prova testimoniale e quella contraria. Nel caso in esame, dove l’eventuale contributo di beni illeciti provenienti dal padre si attesterebbe su meno della metà o poco più della metà del valore dell’immobile, sarebbe violato il principio di proporzionalità, che deve connotare i provvedimenti ablativi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili.
Il ricorso di NOME COGNOME poggia su un motivo manifestamente infondato.
La Corte di appello ha sottolineato che i dubbi, sollevati dalla difesa in ordine all’effettivo rifiuto dell’atto da parte di COGNOME non avevano ragion d’essere a fronte delle risultanze della relata acquisita, contenente l’indicazione del rifiuto dell’atto da parte del destinatario e la sottoscrizione del messo notificatore. Poteva, quindi, ritenersi che la notifica dell’avviso dell’udienza di comparizione avesse raggiunto il suo scopo.
Siffatti rilievi sono corretti.
Al fine della notifica a mezzo posta del decreto di comparizione, effettuata nei confronti del ricorrente, non rileva la nota del Consolato di Italia ma la relata redatta dall’ufficiale postale straniero, che in essa ha dato atto del rifiuto del medesimo ricorrente di ricevere il plico e ha barrato la relativa voce prestampata, apponendovi la data e la sottoscrizione. E’, infatti, l’anzidetta relata a costituire elemento del procedimento di notificazione e non anche la nota pervenuta dal Consolato.
Tale notifica è, dunque, rituale e, pertanto, l’udienza è stata correttamente svolta, in quanto il proposto, con scelta consapevole e volontaria, si è sottratto alla conoscenza del procedimento, rinunciando a prendervi parte.
Anche il ricorso di NOME COGNOME si fonda su un motivo manifestamente infondato.
Ciò che ha lamentato il ricorrente è la revoca della testimonianza dell’ispettore di polizia olandese, ammessa dalla stessa Corte di appello.
Il teste aveva fatto pervenire una nota con cui aveva esposto di avere svolto indagini solo sui conti correnti di NOME COGNOME e di non essere in grado, quindi, di rispondere ai quesiti posti dalla difesa.
A fronte di tale nota la Corte di appello ha ritenuto superflua la prova e ha motivato su tale punto.
Giova ricordare che questa Corte ha già avuto modo di affermare che il potere giudiziale di revoca, per superfluità, delle prove già ammesse è, nel corso del dibattimento, più ampio di quello esercitabite all’inizio del dibattimento stesso, momento in cui il giudice può non ammettere soltanto le prove vietate dalla legge o quelle manifestamente superflue o irrilevanti. Ne consegue che la censura di mancata ammissione di una prova decisiva si risolve, una volta che il giudice abbia indicato in sentenza le ragioni della revoca della prova già ammessa, in una verifica della logicità e della congruenza della relativa motivazione, raffrontata al materiale probatorio raccolto e valutato (Sez. 3, n. 13095 del 17/01/2017, S., Rv. 269331 01; Sez. 2, n. 9056 del 21/01/2009, COGNOME, Rv. 243306 – 01).
Nel caso in esame, alla luce di quanto precede, sono evidenti la logicità e la congruenza della motivazione, avendo il teste effettuato indagini solo sui conti correnti, così da non potere fornire elementi ulteriori, utili a rispondere ai quesiti posti dalla difesa.
Va aggiunto che la residua doglianza del ricorrente NOME COGNOME relativa alla violazione del principio di proporzionalità, muove da un
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dato sconfessato dalla Corte di appello, che ha diffusamente motivato sulla riconducibilità dell’intero immobile in questione al proposto, avendo ritenuto che
una parte del corrispettivo per l’acquisto, come riconosciuto dallo stesso ricorrente, era stato versato dal proposto, dopo la vendita di due appartamenti
ubicati in provincia di Lecce e frutto di proventi illeciti (il proposto è coinvolto traffico internazionale di grandi quantitativi di sostanza stupefacente), e un’altra
parte con un mutuo, le cui rate, però, secondo gli accertamenti svolti, non potevano essere pagate dal figlio del proposto, che non aveva redditi leciti in
grado di onorare il debito. Esse venivano corrisposte dal padre con proventi del traffico illecito di stupefacenti, sicchè il mutuo era uno schermo per coprire la
provenienza illecita dei fondi.
5. La declaratoria di inammissibilità dei ricorsi comporta, ai sensi dell’art.
616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonché – non sussistendo ragioni di esonero (Corte cost.,
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giugno
2000 n. 186) – della somma di euro tremila, equitativamente determinata, in favore della Cassa delle Ammende a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
fl Consigliere estensore
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Così deciso il 5 giugno 2025