Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 9100 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 9100 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOMECOGNOME nato in ROMANIA 1’08/11/1986, avverso la sentenza del 17/05/2024 della Corte d’appello di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Roma ha confemiato la sentenza con cui, in data 9.1.2023, il Tribunale di Latina aveva riconosciuto NOME COGNOME responsabile del delitto di ricettazione e, con la contestata recidiva, l’aveva di conseguenza condannato alla pena di anni 2 e mesi 8 di reclusione ed euro 1.200 di multa oltre al pagamento delle spese processuali;
ricorre per cassazione NOME COGNOME tramite il difensore che deduce:
;
2.1 violazione di legge penale processuale con riguardo all’art. 495 cod. proc. pen., del diritto di difesa e del principio del contraddittorio: rileva che il processo si è risolt primo grado, con l’escussione dell’unico teste indicato dalla pubblica accusa poiché il Tribunale aveva giudicato superfluo sentire il teste della difesa, su cui invece, la difesa aveva insistito in sede di discussione; segnala che in tal modo i giudici di merito hanno violato il diritto dell’imputato, sancito anche a livello sovranazionale, di “difender provando”; osserva che la Corte d’appello, cui la questione era stata riproposta, l’ha liquidata ritenendo erroneamente decisiva la mancata eccezione della difesa nell’immediatezza della adozione del provvedimento di revoca del teste e tardiva l’insistenza del difensore in sede di discussione;
2.2 violazione di legge processuale con riferimento all’art. 495, comma 4, cod. proc. pen. con riguardo alla revoca della prova già ammessa: rileva che un ulteriore profilo di nullità deriva dalla revoca del provvedimento di ammissione della prova dedotta dalla difesa essendo stato in tal modo violato il diritto della difesa a fornire la prova de fatti rilevanti ai fini della decisione;
la Procura Generale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché articolato con censure manifestamente infondate.
NOME COGNOME era stato tratto a giudizio e riconosciuto responsabile, nei due gradi di merito, all’esito di un conforme apprezzamento delle medesime emergenze istruttorie, del delitto di ricettazione avendo acquisito o, comunque, ricevuto, consapevole della sua provenienza delittuosa, una macchina operatrice (muletto) compendio di furto in danno della RAGIONE_SOCIALE di Aprilia.
Il Tribunale di Latina aveva fondato le proprie conclusioni sulla scorta delle emergenze dibattimentali e, in particolare, delle dichiarazioni rese dall’operante di PG il quale aveva riferito dell’intervento effettuato il giorno 29.7.2019, all’incrocio tra Giardini e INDIRIZZO di Aprilia, dove erano stati notati due soggetti (identificati i NOME COGNOME e NOME COGNOME) impegnati, avvalendosi di un trattorino, a tirare fuori da un fossato al lato strada un carrello elevatore, successivamente risultato provento di furto in danno della RAGIONE_SOCIALE in data 21.5.2019.
Il teste aveva riferito che lo COGNOME era alla guida del trattorino a bordo del quale, alla vista degli operanti, aveva cercato di allontanarsi venendo tuttavia fermato ad un centinaio di metri dal posto in cui era stato notato nel tentativo di riportare il carre sulla sede stradale.
Il primo giudice aveva argomentato sulla riferibilità del fatto all’odierno ricorrente intercettato e fermato dagli operanti senza essere mai stato perso di vista dai militari (cfr., pagg. 3-4 della sentenza di primo grado) e, pertanto, sulla superfluità dell’esame testimoniale del teste della difesa che era stato indicato proprio sulla circostanza dell’avvenuto fermo del ricorrente in luogo diverso da quello del rinvenimento del carrello elevatore.
Con l’atto d’appello, la difesa aveva eccepito la nullità della sentenza di primo grado per violazione del diritto di difesa avendo il Tribunale ingiustificatamente revocato la prova testimoniale ritualmente richiesta dalla difesa e conseguentemente ammessa in apertura del dibattimento.
La questione è stata affrontata dalla Corte d’appello che ha motivato sul punto in termini non censurabili.
2.1 In primo luogo, infatti, i giudici capitolini hanno ribadito il principio, più v affermato da questa Corte, secondo cui la revoca dell’ordinanza ammissiva dei testi della difesa in difetto di motivazione sul necessario requisito della loro superfluità produce una nullità di ordine generale a regime intermedio, integrando una violazione del diritto della parte di “difendersi provando”, stabilito dall’art. 495, comma 2, cod. proc. pen., corrispondente al principio della “parità delle armi” sancito dall’art. 6, comma 3, lett. d) della CEDU, al quale si richiama l’art. 111, comma 2, della Costituzione in tema di contraddittorio tra le parti (cfr., trale tante, Sez. 5, n. 16976 del 12/02/2020, Polis Rv. 279166 – 01; Sez. 6, n. 53823 del 05/10/2017, D., Rv. 271732 – 01 che, proprio sul tale premessa, aveva chiarito che la nullità deve essere immediatamente dedotta dalla parte presente, ai sensi dell’art. 182, comma 2, cod. proc. pen., con la conseguenza che, in caso contrario, essa è sanata; conf., Sez. 2, n. 9761 del 10/02/2015, COGNOME, Rv. 263210 – 01; Sez. 5, n. 51522 del 30/09/2013, COGNOME, Rv. 257891 – 01; Sez. 5, n. 18351 del 17/02/2012, COGNOME, Rv. 252680 – 01).
2.2 Per altro verso, va ricordato che la parte che intende censurare, con ricorso per cassazione, l’ordinanza del giudice che non abbia ammesso o abbia revocato una prova testimoniale già ammessa è tenuta, in ossequio al principio di specificità ormai positivamente sancito dall’art. 581, comnna primo, lett. c). cod. proc. pen., a spiegarne il livello di decisività onde stigmatizzare l’erroneità della valutazione operata dal giudic che, al contrario, l’aveva giudicata superflua (cfr., in tal sens Sez. 1, n. 49799 del 11/10/2023, COGNOME, Rv. 285580 01; Sez. 6, n. 15673 del 19/12/2011, dep. 2012, Rv. 252581 – 01).
2.3 Ebbene, a prescindere dalla tempestività dell’eccezione, va rilevato che, come già accennato, il primo giudice aveva giudicato superflua la prova testimoniale articolata la difesa sulla circostanza secondo cui lo Starueala era stato fermato ad un centinaio di
metri dal punto in cui i due soggetti (tra cui lo stesso odierno ricorrente) stavano cercando di tirare fuori da un fossato un carrello elevatore risultato provento di furto.
Né con l’atto d’appello e, invero, nemmeno con il ricorso, la difesa è stata in grado di spiegare la effettiva decisività della circostanza su cui il teste indicato avrebbe dovuto riferire, dal momento che, come ha ribadito la Corte d’appello (cfr., pag. 4 della sentenza) il fatto che il ricorrente fosse stato fermato non esattamente sul luogo in cui era stato rinvenuto il carrello elevatore provento di furto era pacifico ed incontroverso ma, al contempo, irrilevante ai fini della ricostruzione dell’episodio e della affermazione della responsabilità dell’imputato.
L’inannnnissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., della somma – che si stima equa – di euro 3.000 in favore della Cassa delle Ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così è deciso, in Roma il 09/01/2025