Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 11896 Anno 2019
Penale Sent. Sez. 1 Num. 11896 Anno 2019
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/05/2018
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a BITONTO il 11/02/1970
avverso la sentenza del 21/06/2016 della CORTE APPELLO di BARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo( ‘
P.G. concludgjO ‘inammissibilita’ del ricorso.
udito il difensore
E’ presente l’avvocato NOME COGNOME del foro di BARI, anche in sostituzione dell’avvocato NOME COGNOME del foro di BARI, in difesa di NOME COGNOME che si riporta ai motivi di ricorso chiedendone l’accoglimento.
Ritenuto in fatto
Con la decisione in epigrafe la Corte di appello di Bari ha confermato la sentenza emessa in data 5 maggio 2011 dal Tribunale di Bari, sezione distaccata di Bitonto, che aveva condannato NOME COGNOME ritenuta la recidiva contestata, alla pena di anni uno mesi sei di reclusione per il reato di cui alla L. n. 1423 del 1956, art. 9, comma 2, commesso dal predetto, sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel Comune di Bitonto, recandosi in altri Comuni.
A ragione della decisione la Corte di appello osservava che i fatti erano stati puntualmente ricostruiti: l’imputato era stato sorpreso alla guida di un’autovettura BMW, tg. TARGA_VEICOLO, risultata intestata a COGNOME, sia il 28 aprile 2010 mentre entrava nel piazzale della ditta della famiglia COGNOME, sita sulla strada provinciale Terlizzi-Ruvo di Puglia, sia il successivo 5 maggio mentre sostava, a bordo dello stesso veicolo, presso l’incrocio Terlizzi-MolfettaGiovinazzo. In entrambe le occasioni COGNOME si era dato alla fuga per sottrarsi al controllo e, la seconda volta, era stato a lungo inseguito, aveva forzato un posto di blocco, era stato monitorato nel corso dell’intero tragitto da un elicottero della polizia finché, abbandonata l’auto, era riuscito a far perdere le tracce.
Ha proposto ricorso l’imputato, a mezzo del difensore, chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata.
2.1 Con un primo motivo denunzia, ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. d) ed e):
inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 495, comma 2, cod. proc. pen., 111 Cost.. Il Tribunale aveva revocato le prove testimoniali proposte dalla difesa (audizione dei testi COGNOME e COGNOME), precedentemente ammesse, per oggettiva impossibilità della loro assunzione. Con tale decisione, il Giudice di primo grado aveva eroso i principi del giusto processo e del contraddittorio fra le parti, inteso come diritto dell’imputato di difendersi provando, sancito in primo luogo dall’art. 111 Cost. e anche dall’art. 495 cod. proc. pen., comma 2. In particolare non era stata obiettivamente riscontrata l’effettiva irreperibilità de due testi della difesa, né se essa fosse o meno riconducibile alla libera scelta di sottrarsi volontariamente all’esame del contraddittorio dibattimentale;
violazione di legge in relazione agli artt. 586 e 603 cod. proc. pen. e vizio di motivazione, per avere la Corte di appello di fatto ignorato le doglianze mosse avverso la revoca della prova testimoniale e per avere illogicamente motivato il rigetto della richiesta di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale sul
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presupposto della superfluità e irrilevanza dell’assunzione delle deposizioni COGNOME e COGNOME così ponendosi in contrasto con le ragioni della revoca disposta dal Tribunale, fondata non già sull’irrilevanza della prova ma sulla addotta irreperibilità dei testi a discarico.
2.2 Con un secondo motivo lamenta che la sentenza mancava di adeguato apparato motivazionale in ordine alla responsabilità, non potendo ritenersi provato che fosse proprio l’imputato a trovarsi alla guida del veicolo solo perché il conducente si era sottratto con la fuga al controllo delle forze dell’ordine, mentre del tutto pretermessa era stata la deposizione di COGNOME il quale aveva fornito indicazioni di opposto tenore sull’identità del conducente del veicolo che aveva visto entrare nel piazzale della propria ditta il 28.4.2010.
2.3 Con il terzo motivo deduce violazione di legge e mancanza della motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio e al diniego delle circostanze attenuanti generiche.
Considerato in diritto
Osserva il Collegio che il ricorso appare nel suo complesso quanto meno infondato.
In parte infondato, in parte generico è, in particolare, il primo motivo, che deduce nella sostanza due temi: – la nullità dell’ordinanza con cui il primo Giudice aveva revocato l’ammissione dei testi a discarico sul presupposto, in tesi erroneo, dell’oggettiva impossibilità di assunzione della prova testimoniale per irreperibilità dei testi; – il vizio della motivazione con cui la Corte di appe aveva respinto la richiesta della rinnovazione dell’istruttoria mediante l’audizione dei predetti testi, così negando l’assunzione di una prova decisiva.
1.1 I fatti processuali non sono però riferiti correttamente dal ricorrente. Dall’esame degli atti, consentito e necessario in ragione del vizio dedotto, risulta che all’udienza del 10.2.2011, dichiarato aperto il dibattimento e ammesse le prove articolate dalle parti, era terminata l’istruttoria operata su impulso del Pubblico ministero, attraverso l’acquisizione ai sensi dell’art. 493 cod. proc. pen., comma 3, delle annotazioni di servizio redatte in data 28 aprile e 11 maggio 2010; c’era stata poi l’udienza del 28.4.2011, destinata, oltre che all’esame dell’imputato, all’escussione dei testi della difesa e nella quale era state assunte le deposizioni dei testi COGNOME COGNOME e COGNOME indicando fin da quel momento l’udienza del 5.5.2011 per l’esaurimento dell’istruttoria e per la discussione. Alla successiva udienza il Tribunale aveva dichiarato chiusa l’istruttoria dibattimentale, dopo aver dato atto dell’oggettiva impossibilità d assumere le ulteriori prove testimoniali già ammesse, il teste COGNOME non essendo
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stato rintracciato sin dall’inizio del processo sia presso il luogo di residenza, da cui era risultato assente dall’epoca dell’ultimo arresto, sia presso il domicilio eletto all’atto della scarcerazione, come da annotazione della polizia giudiziaria; il teste COGNOME regolarmente citato, essendo rimasto assente sia alle udienze precedenti senza addurre un impedimento oggettivo, sia a quella in corso, benché ne fosse stato disposto l’accompagnamento coattivo, del quale era stato reso edotto e al quale si era sottratto, rendendosi irrintracciabile anche sull’utenza telefonica mobile, né presentandosi in udienza sebbene atteso sino alle ore 20.00 (cfr. verbale udienza 5.5.2011 p. 10 e s).
1.2 II censurato provvedimento ordinatorio, reso nel contraddittorio delle parti, è puntualmente ed efficacemente argomentato, e legittima appare, pertanto, la revoca dell’ordinanza amnnissiva della prova, motivata dalla ripetuta e ingiustificata assenza del teste COGNOME e dall’irreperibilità dell’altro teste, cui citazione il Tribunale si è fatto carico, bastando qui ricordare che l’irreperibilità del teste discende dall’impossibilità di una regolare notifica, n caso in esame ripetutamente tentata, e non dall’esito negativo delle ricerche previste per l’imputato dagli artt. 159 e 160 cod. proc. pen.. E, d’altro canto, la pretesa nullità dell’ordinanza di revoca dei testi a discarico avrebbe dovuto essere immediatamente dedotta dalla parte presente, ai sensi dell’art. 182, comnna 2, cod. proc. pen., restando in caso contrario sanata (tra le molte, in tema di revoca dell’ordinanza ammissiva dei testi della difesa, resa in difetto di motivazione sulla superfluità della prova: Sez. 6, n. 53823 del 05/10/2017, Rv. 271732; Sez. 2, n. 9761 del 10/02/2015, COGNOME, Rv. 263210; Sez. 5, n. 51522 del 30/09/2013, COGNOME, Rv. 257891). Di contro, non solo il ricorrente non ha segnalato di aver tempestivamente assolto al proprio onere, ma dagli atti di causa emerge che la nullità non è stata dedotta, nulla avendo eccepito la difesa che anzi, dopo il provvedimento di revoca, ha chiesto di produrre una dichiarazione, relativa all’autovettura alla cui guida era stato sorpreso l’imputato, a firma dei testi COGNOME e COGNOME, dei quali non ha però procurato la presenza in udienza, pur dichiarandosi interessata all’esame. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
1.3 È, invece, generico il rilievo relativo al rigetto della richiesta rinnovazione dell’istruttoria dibattinnentale e alla mancata assunzione di prove asseritamente decisive, avendo il ricorrente omesso anche solo di rappresentare, con il necessario rigore controfattuale, quale esito risolutivo sull’accertamento dei fatti avrebbero prodotto le testimonianze omesse e in che termini sarebbero state determinanti per destrutturare la motivazione del primo giudice.
Le censure che attengono alla responsabilità, oltre che essere generiche, ripetono osservazioni alle quali la Corte di appello ha dato adeguate risposte e appaiono, alla luce di queste, manifestamente infondate e perciò inammissibili.
Invero, l’identificazione dell’imputato nel conducente dell’autovettura sottrattasi ai controlli, come ben messo in evidenza dalle due conformi decisioni, riposava sul sicuro riconoscimento del ricorrente da parte dei verbalizzanti, ai quali il Conte era ben noto, essendo, quale sorvegliato speciale, soggetto a continui e frequenti controlli. E tanto consentiva di fugare ogni dubbio sulla sua identificazione, in nulla contraddetta dalla testimonianza di NOME COGNOME, già stimata dal Tribunale “imprecisa, generica e evidentemente di comodo” (v. p. 4 della sentenza di primo grado).
3. Parimenti inammissibile, perché risolventesi in censure stereotipate su valutazioni di merito, insuscettibili, come tali, di aver seguito nel presente giudizio di legittimità, è il motivo concernente la misura della pena e il diniego delle attenuanti generiche, giacché la motivazione della impugnata sentenza si sottrae ad ogni sindacato per avere fatto adeguato riferimento alla reiterazione delle violazioni, alla rocambolesca fuga, al comportamento complessivamente tenuto, ai plurimi e gravi precedenti penali dell’imputato. E tale motivazione é sorretta da adeguato esame degli elementi acquisiti, è corretta in diritto ed è immune da vizi di sorta, evocando parametri considerati dall’art. 133 cod. pen., applicabili anche ai fini dell’art. 62 bis cod. pen., a fronte dei quali il ric neppure evidenzia alcun significativo elemento di segno opposto, pretermesso o non adeguatamente considerato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 18 maggio 2018
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Il Presidente