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Revoca per abolitio criminis: la Cassazione decide

La Cassazione ha annullato un’ordinanza che negava la revoca per abolitio criminis a un condannato per violazione della sorveglianza speciale. La Corte ha stabilito che se la sorveglianza è riattivata dopo una lunga detenzione senza una nuova valutazione della pericolosità sociale (come richiesto dalla Corte Costituzionale), la misura è inefficace e la condanna per la sua violazione deve essere revocata dal giudice dell’esecuzione.

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Pubblicato il 21 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Revoca per abolitio criminis: la Cassazione apre alla revisione delle condanne

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale in materia di esecuzione penale, stabilendo che una condanna definitiva può essere annullata attraverso l’istituto della revoca per abolitio criminis. Questo accade quando il reato contestato perde la sua rilevanza penale a causa di una declaratoria di illegittimità costituzionale di una norma presupposto. Il caso specifico riguardava la violazione degli obblighi della sorveglianza speciale, riattivata dopo una lunga detenzione senza la necessaria rivalutazione della pericolosità sociale del soggetto.

I Fatti del Caso: Sorveglianza Speciale e Lunga Detenzione

Il ricorrente era stato condannato con due sentenze irrevocabili per aver violato le prescrizioni della sorveglianza speciale. Tale misura di prevenzione gli era stata applicata nel 2009, ma la sua esecuzione era rimasta sospesa per oltre cinque anni a causa di un lungo periodo di carcerazione. Una volta scarcerato, nel giugno 2014, la misura era stata riattivata.

Il punto cruciale della vicenda risiede in un intervento della Corte Costituzionale. Con la sentenza n. 291 del 2013, la Consulta aveva dichiarato l’illegittimità delle norme che non prevedevano l’obbligo per il giudice di rivalutare d’ufficio la persistenza della pericolosità sociale del soggetto prima di riattivare una misura di prevenzione sospesa per lunga detenzione.

La Decisione del Giudice dell’Esecuzione

L’interessato si era rivolto al Tribunale in funzione di giudice dell’esecuzione, chiedendo la revoca delle condanne ai sensi dell’art. 673 c.p.p. per abolitio criminis. A suo avviso, la mancata rivalutazione della sua pericolosità, in violazione del principio stabilito dalla Corte Costituzionale, rendeva la misura di prevenzione inefficace. Di conseguenza, non poteva sussistere il reato di violazione degli obblighi.

Il Tribunale, tuttavia, aveva dichiarato l’istanza inammissibile de plano, sostenendo che la questione avrebbe dovuto essere sollevata nel corso del giudizio di merito o tramite impugnazione, e che il mancato ricorso a tali strumenti precludeva un intervento in sede esecutiva.

La revoca per abolitio criminis secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha completamente ribaltato la decisione del Tribunale, accogliendo il ricorso. Gli Ermellini hanno chiarito che il giudice dell’esecuzione ha il potere e il dovere di intervenire quando una condanna si basa su un presupposto normativo venuto meno a seguito di una pronuncia di incostituzionalità. Questo principio vale anche se la norma dichiarata incostituzionale non è quella incriminatrice diretta, ma una norma extra-penale che costituisce un elemento fondamentale della fattispecie.

Il Ruolo del Giudice dell’Esecuzione

La Suprema Corte ha sottolineato che l’istituto della revoca ex art. 673 c.p.p. serve proprio a correggere le sentenze di condanna passate in giudicato quando il fatto non è più previsto dalla legge come reato. Il mancato esame della questione da parte del giudice di merito non crea una preclusione, ma anzi, fonda la competenza del giudice dell’esecuzione. L’unico limite è un giudicato che abbia specificamente trattato e risolto la questione, cosa che non era avvenuta nel caso di specie.

Inefficacia della Misura e Insussistenza del Reato

Il cuore del ragionamento della Cassazione è il seguente: la riattivazione della sorveglianza speciale nel 2014, avvenuta dopo la sentenza della Corte Costituzionale del 2013, era illegittima perché non preceduta dalla doverosa verifica d’ufficio della persistenza della pericolosità sociale. Questa omissione ha reso il provvedimento genetico della misura privo di efficacia. Se la misura non è efficace, non possono esistere obblighi validi da violare e, di conseguenza, il reato di violazione di tali obblighi non sussiste. Si configura, pertanto, una forma di abolitio criminis che impone la revoca della condanna.

Le motivazioni

La motivazione della Corte si fonda sulla diretta incidenza della sentenza della Corte Costituzionale n. 291/2013 sul procedimento di prevenzione. Tale pronuncia ha introdotto una condizione di procedibilità per la riattivazione della misura dopo una lunga detenzione: la rivalutazione della pericolosità. L’assenza di tale rivalutazione rende la misura inefficace ab origine. Poiché l’efficacia della misura è un presupposto essenziale del reato di violazione degli obblighi, la sua mancanza fa venir meno l’elemento costitutivo del reato stesso. Il giudice dell’esecuzione è l’organo preposto a rilevare tale situazione, anche se non eccepita nei precedenti gradi di giudizio, e a revocare la sentenza di condanna ingiusta, rimuovendo gli effetti di un giudicato basato su un illecito penale non più configurabile.

Le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Cagliari per un nuovo esame. Il giudice dell’esecuzione dovrà ora procedere a una valutazione nel merito dell’istanza, verificando la tempistica e l’assenza della rivalutazione della pericolosità. Questa sentenza stabilisce un importante principio a tutela del giusto processo, chiarendo che gli effetti di una declaratoria di incostituzionalità si estendono anche ai giudicati, qualora incidano sulla stessa esistenza del reato, e rafforza il ruolo del giudice dell’esecuzione come garante della legalità della pena anche dopo la sua irrevocabilità.

È possibile chiedere la revoca di una condanna definitiva per violazione della sorveglianza speciale se questa è stata riattivata dopo una lunga detenzione?
Sì, è possibile. La Cassazione ha stabilito che se la riattivazione della sorveglianza speciale, successiva alla sentenza della Corte Costituzionale n. 291/2013, non è stata preceduta da una nuova valutazione d’ufficio della pericolosità sociale, la misura è inefficace. Di conseguenza, la condanna per la sua violazione può essere revocata dal giudice dell’esecuzione per abolitio criminis.

Cosa ha stabilito la Corte Costituzionale con la sentenza n. 291 del 2013 riguardo alla sorveglianza speciale?
La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme che non prevedevano l’obbligo per l’organo giudiziario di valutare, anche d’ufficio, la persistenza della pericolosità sociale di un individuo prima di riattivare l’esecuzione di una misura di prevenzione personale sospesa a causa di un lungo stato di detenzione per espiazione di pena.

Il giudice dell’esecuzione può revocare una condanna se il problema non è stato sollevato durante il processo di primo grado o in appello?
Sì. La Cassazione ha affermato che il giudice dell’esecuzione ha il dovere di esaminare la questione dell’abolitio criminis ai sensi dell’art. 673 c.p.p., anche quando il giudice di merito non abbia trattato la questione. La mancata impugnazione della sentenza di condanna non impedisce al giudice dell’esecuzione di intervenire per revocare una condanna basata su un fatto che non costituisce più reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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