Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 18583 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 18583 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/02/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a Torre del Greco il 25/11/1975 avverso l’ordinanza del 06/11/2024 del Tribunale di Vercelli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto la declaratoria d’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in preambolo il Tribunale di Vercelli, in funzione di giudice dell’esecuzione, revocava, nei confronti di NOME COGNOME ai sensi dell’art. 66 legge n. 689 del 1981, per violazione degli obblighi connessi al suo svolgimento, la sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità da svolgersi presso il Comune di Salasco.
La pena – quattro mesi di reclusione, applicata ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., con sentenza del Tribunale della stessa città in data 29 novembre 2023, irrevocabile il 16 dicembre 2023 – era stata sostituita con duecentoquaranta ore di lavoro di pubblica utilità.
A ragione della decisione il Tribunale osservava che – come comunicato dall’Uepe con nota nel 17 settembre 2024 – il condannato, dopo sole venti ore di esecuzione della pena sostitutiva, segnatamente in data 5 giugno 2024, interrompeva il servizio prestato presso il Comune, senza prendere piø alcun contatto per lo svolgimento delle restanti ore.
Richiamato, dunque, il tenore dell’art. 66 l. n. 689 del 1981 – secondo cui la violazione grave o reiterata degli obblighi o delle prescrizioni inerenti alla pena sostitutiva, ne determina la revoca e il ripristino della sola pena residua – provvedeva in tal senso, contestualmente escludendo la percorribilità della diversa pena sostitutiva piø grave della detenzione domiciliare, per l’assenza di idoneo domicilio.
Ricorre per cassazione il condannato, per mezzo del difensore di fiducia, avv. COGNOME e
deduce un unico, articolato motivo con il quale denuncia la violazione degli artt. 56 e 66 l n. 689 del 1981.
Evidenzia il ricorrente di avere indicato al Tribunale le ragioni del mancato svolgimento del lavoro di pubblica utilità, da ricondursi a ragioni di salute (attestate dall’avvenuto riconoscimento, in epoca successiva alla sentenza con cui era stata disposta la pena sostitutiva, dell’invalidità con riduzione della capacità lavorativa del 50%), nonchØ dell’impossibilità di trovare altro Ente disponibile per lo svolgimento della pena sostitutiva in parola.
Segnala di avere, di recente, comunicato al Comune di Vercelli l’attivazione d’idoneo domicilio presso l’abitazione della madre, pur restando formalmente residente presso la Casa comunale, perchØ soggetto senza fissa dimora.
Lamenta, dunque, la mancata applicazione di altra misura sostitutiva piø grave, ovvero, la detenzione domiciliare sostitutiva.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME intervenuto con requisitoria scritta depositata in data 21 gennaio 2025, ha prospettato la declaratoria d’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, che deduce censure infondate, dev’essere rigettato.
Il Tribunale, provvedendo correttamente nel contraddittorio tra le parti, ha posto a fondamento della revoca della pena sostitutiva l’acclarata circostanza che il condannato, dopo pochi giorni di svolgimento di lavoro di pubblica utilità sostitutivo, aveva sospeso il servizio e non aveva piø preso contatti per la sua prosecuzione, senza neppure segnalarne le ragioni.
Le contrarie affermazioni, contenute nel ricorso, secondo le quali egli si sarebbe attivato per cercare altro Ente sono a-specifiche e non documentate, sicchØ il ricorso, sul piano delle deduzioni, come nel necessario supporto dimostrativo, non consente alcuna obiettiva verifica di quanto affermato.
¨ del pari infondata, oltre che errato in diritto, la censura in punto di mancata applicazione di una misura sostitutiva diversa e piø grave.
La difesa muove, invero, da una premessa errata, ovverosia che la cd. riforma Cartabia abbia imposto al Giudice della revoca della pena sostitutiva l’applicazione di altra pena sostitutiva piø grave.
L’affermazione Ł in contrasto con la lettera dell’art. 66 della l. n. 689 del 1981 che testualmente recita: «Salvo quanto previsto dall’articolo 71 per la pena pecuniaria, la mancata esecuzione della pena sostitutiva, ovvero la violazione grave o reiterata degli obblighi e delle prescrizioni ad essa inerenti, ne determina la revoca e la parte residua si converte nella pena detentiva sostituita ovvero in altra pena sostitutiva piø grave».
Come si vede, la disposizione in parola attribuisce al giudice il potere discrezionale, in caso di violazione grave o reiterata degli obblighi e delle prescrizioni inerenti alla pena sostitutiva, che ne determinano la revoca, di stabilire se la parte residua si debba convertire nella pena detentiva sostituita o in altra pena sostitutiva piø grave.
Nel caso in esame, il Tribunale ha fornito una motivazione sintetica, ma adeguata, con la quale ha escluso la possibilità di applicare la detenzione domiciliare sostitutiva, a causa dell’inadempimento protratto per lungo periodo di tempo delle prescrizioni e l’assenza di domicilio
idoneo, essendo il condannato persona priva di fissa dimora, laddove la circostanza, segnalata ma non documentata nel ricorso per cassazione, che egli avrebbe indicato «in epoca recente» un domicilio idoneo costituisce elemento non rilevante, perchØ si tratterebbe di un fatto sopravvenuto al provvedimento.
SicchØ, coerentemente con i presupposti per la concessione delle pene sostitutive, il Tribunale, unitamente alla revoca del lavoro di pubblica utilità, ha disposto che la pena sostitutiva residua, al netto dei lavori già eseguiti, dovesse essere convertita nella pena detentiva sostituita, non essendo percorribili, considerata la prognosi infausta in merito al corretto rispetto delle prescrizioni inferita dall’indicato inadempimento, l’applicazione di altra pena sostitutiva piø grave.
Dal rigetto del ricorso discende la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, ai sensi dell’art. 616, comma 1, primo periodo, cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 06/02/2025.
Il Presidente NOME COGNOME