Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 47351 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 47351 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 01/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a Mortara il 14/05/1974
avverso l’ordinanza del 6/06/2024 del magistrato di sorveglianza di Torino udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza impugnata, il Magistrato di sorveglianza di Torino ha revocato la pena sostitutiva della detenzione domiciliare ex art. 66 Legge n. 689 del 1981, come modificato dall’art. 71, comma 1, lett. p) d. Igs. n. 150 del 2022 e ha convertito la pena residua da eseguire nei confronti di NOME COGNOME in quella di anni tre, mesi quattro e giorni sedici di reclusione.
2.Propone tempestivo ricorso per cassazione il condannato, per il tramite dei difensori di fiducia, avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME affidando le proprie doglianze a un unico motivo, di seguito riassunto nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Si deduce inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 66, 68, 72 legge n. 689 del 1981, come modificati dal d.lgs. n. 150 del 2022.
La difesa, dopo aver svolto articolate premesse, quanto alla dedotta ammissibilità dell’impugnazione avverso il provvedimento adottato dal Magistrale° di sorveglianza di Torino una volta ottenuta la comunicazione di notizia di real:o dei Carabinieri di Asti che deferivano COGNOME per il reato di rapina aggravata, ai sensi dell’art. 66 della legge n. 689 del 1981, ha osservato che il ricorrente è sottoposto alla pena sostitutiva della detenzione domiciliare dal maggio 2023.
Egli è stato deferito in stato di libertà per il delitto di rapina, deferimento che ha comportato la revoca della detenzione domiciliare sostitutiva e la conversione per la durata residua nella reclusione.
Si osserva che il condannato era stato autorizzato dal magistrato di sorveglianza, in data 29 aprile 2024, a svolgere attività lavorativa nel Comune di Asti, dal lunedì al sabato dalle ore 7:30 alle 17:30, con prescrizione di avvisare l’Autorità di Pubblica sicurezza al momento dell’uscita e a quello del rientro nel domicilio coatto.
COGNOME, nell’ambito di tale attività lavorativa svolta all’interno di un’agenzia di pompe funebri, aveva quindi la possibilità anche di muoversi all’interno del comune, recandosi presso l’ospedale o presso abitazioni private per allestire camere ardenti.
Il delitto contestato risulta commesso nell’arco di una decina di minuti, fra le 14:45 e le 15, nell’ambito territoriale del Comune di Asti sicché si ritiene che, sia prima che dopo questo intervallo temporale, questi ha svolto l’attività lavorativa a cui era autorizzato.
Si tratta di attività illecita presumibilmente posta in essere nell’intervallo dall’attività lavorativa.
L’art. 72 della legge n. 689 del 1981 prima della riforma Cartabia prevedeva la revoca della sanzione sostitutiva ai sensi di tale norma, qualora fosse sopravvenuta una delle condanne ostative alla sostituzione, a norma dell’ad, 59, comma 1 e 2, lett. a), legge cit., nonché una condanna a pena detentiva per fatto commesso successivamente alla sostituzione della pena.
La cd. riforma Cartabia è intervenuta su questa norma apportandovi modifiche. L’art. 72, nella nuova formulazione, vede in essa confluita la previgente disciplina dettata per la revoca delle sanzioni sostitutive della semidetenzione e della libertà controllata e sembra aver assorbito anche le ipotesi che, prima del gennaio 2023, rientravano nella sfera dell’istituto della conversione di cui all’art. 66 legge cit.
In definitiva, ritiene il ricorrente che l’attuale formulazione della legge n. 689 del 1981 prevede che la pena sostitutiva possa essere revocata in caso di condanna per delitti di cui agli artt. 385 cod. pen. e 56 d. Igs. n. 274 del 2000, o in presenza di condanna a pena detentiva per delitto non colposo commesso dopo l’applicazione ovvero durante l’esecuzione di una pena sostitutiva e, altresì, per inosservanza di obblighi e prescrizioni a questa inerenti.
La peculiarità riguarda il fatto che la conversione della pena sostitutiva con quella originariamente sostituita è prevista dall’art. 66 vigente soltanto in caso di violazione grave o reiterata delle prescrizioni e può avere oggetto anche l’applicazione di una pena sostitutiva più grave e non necessariamente il ripristino della pena detentiva.
L’art. 72, comma 4, legge n. 689 del 1981, poi, prevede che il delitto commesso dopo l’applicazione della pena sostitutiva non deve essere colposo e che la revoca della sanzione sostitutiva non è automatica ma può operare solo quando la condotta tenuta è incompatibile con la prosecuzione della misura, secondo i criteri di cui all’art. 58 legge cit.
La giurisprudenza di legittimità tradizionale in materia di libertà controllata e sanzione sostitutiva delle pene detentive brevi, precedente alla cd. riforma Cartabia, ha ritenuto che non sia causa di revoca del beneficio la commissione di un reato da parte del condannato, perché detta condotta non può essere considerata, di per sé, violazione di un’implicita prescrizione di non commettere reati ma deve dar luogo all’applicazione di due distinti istituti: della conversione e della sospensione dell’esecuzione.
Alla revoca si può procedere solo allorché l’accertamento del reato risulti da sentenza passata in giudicato; si riportano precedenti di legittimità (cfr. p. 6 del ricorso).
La revoca, poi, secondo la previgente disciplina, sopraggiunge soltanto in caso di sentenza di condanna passata in giudicato, a pena detentiva per un fatto
commesso successivamente alla sostituzione, con revoca che riguarda la parte non ancora eseguita della pena, convertita a norma dell’art. 66 cit.
Si richiama Sez. 1, n. 6632 del 28/11/2000 e Sez. 1, n. 3215 del 26/11/2015, dep. 2016.
Laddove la pena sostitutiva, come nel caso di specie, è accordata con sentenza penale irrevocabile, la revoca per sopravvenuta commissione del delitto è subordinata all’accertamento di questo in sede penale, con sentenza irrevocabile, senza possibilità per il giudice di valutare incidentalmente detta condotta.
Diverso è, invece, il caso dell’accertamento della violazione delle prescrizioni.
La cd. riforma Cartabia, dunque, ha confermato l’impianto risultante dagli artt. 66, 68, 72 della legge n. 689 del 1981 nella previgente formulazione. Inoltre, si è previsto, in attuazione delle indicazioni della Corte costituzionale, sent. n. 199 del 1000, che la revoca ex art. 66 legge cit. possa aver luogo solo in caso di violazioni gravi o reiterate, senza comportare necessariamente il ripristino della pena detentiva sostituita e che la revoca per delitto, dopo l’applicazione o durante l’esecuzione della sanzione sostitutiva, possa disporsi solo in caso di condanna a pena detentiva per delitto non colposo, nonché che la revoca può avere luogo solo se il comportamento tenuto dal condannato sia incompatibile con la prosecuzione della pena sostitutiva.
Nel caso al vaglio l’estensore ha richiamato l’art. 72, comma 4, Legge 689 del 1981, ritenendo che questo faccia riferimento a condotte di evasione e non alla più allarmante condotta di rapina aggravata, di cui si è reso protagonista il condannato.
Invece, la difesa sostiene che alla condotta di evasione si riferiscano ai commi 1, 2, 3 del citato art. 72 e il comma 4 si riferisca a condotte come quelle contestate a Vinotti nella comunicazione di notizia di reato.
Per il ricorrente la cd. riforma Cartabia ha introdotto un regime più favorevole posto che le condotte di mancata presentazione al lavoro, per il lavoro di pubblica utilità sostitutiva, e le condotte di evasione integrano gli estremi della violazione delle prescrizioni che avrebbero comportato, secondo il regime previgente, la conversione della pena sostitutiva, mentre adesso tale conversione non può operare se non in caso di accertamento del fatto con condanna definitiva o per fatti di lieve entità.
3.11 Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha concluso con requisitoria scritta chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato.
1.1.Va premesso che il Giudice, con il provvedimento impugnato, svolge un giudizio di assoluta gravità della condotta, qualificata quale violazione degli obblighi connessi alla sanzione sostitutiva in atto (detenzione domiciliare sostitutiva, con autorizzazione al lavoro, in determinata fascia oraria), riscontrando un comportamento che, peraltro, a fronte della vigenza di autorizzazione a recarsi al lavoro dalle ore 7 alle 17 e 30, integra, in sostanza, anche il reato di evasione, perché il condannato, invece di recarsi a lavoro, unica attività alla quale era autorizzato, si è portato a casa dell’anziana vittima a perpetrare, secondo la comunicazione di notizia di reato, la rapina descritta nella segnalazione fatta pervenire, dai Carabinieri di Asti, al Magistrato di sorveglianza.
Si dà atto, nel provvedimento impugnato, che il condannato viene riconosciuto dalla polizia giudiziaria, attraverso le immagini del filmato registrato grazie alle telecamere installate nelle strade comunali, limitrofe all’abitazione della persona offesa, presso la quale è stata svaligiata la cassaforte da un individuo che si era finto un militare dell’Arma dei Carabinieri e che aveva provocato lesioni all’anziana persona.
Tanto, in momento successivo di appena sei giorni dalla data della concessa autorizzazione al lavoro in favore di RAGIONE_SOCIALE.
1.2. Si tratta, dunque, di condotta che senz’altro integra la violazione degli obblighi inerenti alla detenzione domiciliare sostitutiva con autorizzazione a lasciare il domicilio coatto, in determinata fascia oraria, per andare a lavoro. Ovviamente, l’unica attività che era consentita al detenuto domiciliare Vinotti, in quelle determinate fasce orarie, era quella lavorativa, mentre il condannato pone in essere la condotta che integra il reato di evasione perché, nello stesso orario in cui era autorizzato a lasciare il domicilio per recarsi al lavoro, commette quel comportamento che l’informativa commentata dal Giudice qualifica come rapina.
2.Ciò posto, si osserva che il Giudice, in ogni caso, esprime con ragionamento ineccepibile i motivi per i quali la condotta denunciata sia sintomatica del fallimento dell’esperienza rieducativa in atto, a cagione, da un lato, della sua gravità (rapina in casa ai danni di un’anziana persona offesa a pochi giorni dalla concessione dell’autorizzazione al lavoro); dall’altro, a fronte di un oculato giudizio di merito, non rivedibile nella presente sede, secondo il quale la trasgressione grave degli obblighi relativi alla pena sostitutiva, ai sensi dell’art. 66 della legge n. 689 del 1981, si rivela incompatibile con la prosecuzione della
detenzione domiciliare sostitutiva, ai sensi dell’art. 66 cit., anche nella formulazione vigente all’attualità.
2.1. Ineccepibile, poi, appare la conclusione cui giunge il Magistrato, pur a fronte della mancanza di un accertamento definitivo della responsabilità penale circa la condotta di rapina o la mancanza di una condanna definitiva per il real:o di evasione.
Invero, questa Corte ha affermato, in ordine al previgente regime delle sanzioni sostitutive, il condivisibile principio secondo il quale, in tema di detenzione domiciliare, ai fini della valutazione della compatibilità o meno dei comportamenti posti in essere con la prosecuzione della misura, quando tali comportamenti possano dar luogo all’instaurazione di procedimenti penali, non è necessario che il giudice tenga conto dell’esito di questi ultimi, non essendo configurabile alcuna pregiudizialità, neppure logica, fra l’esito anzidetto e la valutazione in questione (Sez. 1 n. 41796 del 9/09/2021, Rv. 282153).
In ogni caso, si osserva che l’art. 66 legge n. 689 del 1981, anche nella vigente formulazione, a fronte di grave violazione della pena sostitutiva e della trasgressione agli obblighi inerenti alla medesima, prevede che il Magistrato di sorveglianza compia, ove occorra, sommari accertamenti e, qualora ritenga doversi disporre la revoca della semilibertà o della detenzione domiciliare e Ma conversione, previste dal primo comma, proceda a norma dell’art. 666 cod. proc. pen., come avvenuto, in modo ineccepibile, nel caso di specie.
2.2. Il ricorso, in definitiva, pur articolato e apprezzabile quanto agli argomenti prospettati circa il rapporto tra sanzioni sostitutive, ex lege n. 689 del 1981, nella formulazione previgente all’entrata in vigore del d. Igs. n. 150 del 2022 e le pene sostitutive, nella loro conformazione post cd. riforma Cartabia, nonché circa i limiti e i presupposti per la revoca e la conversione ex artt. 66, 68, 72 Legge cit., nella vigente formulazione, non mina il punto centrale della decisione.
Il Giudice, infatti, nella specik ha formulato un ineccepibile giudizio di merito sulla incompatibilità della riscontrata, grave trasgressione da parte del detenuto domiciliare, con la prosecuzione della pena sostitutiva, a mente dell’art. 66 legge n. 689 del 1981, giudizio che si pone senz’altro in linea anche con il test:o attualmente vigente della norma secondo il quale “salvo quanto previsto dall’articolo 71 per la pena pecuniaria, la mancata esecuzione della pena sostitutiva, ovvero la violazione grave o reiterata degli obblighi e delle prescrizioni ad essa inerenti, ne determina la revoca e la parte residua si converte nella pena detentiva sostituita ovvero in altra pena sostitutiva più grave”.
3.Segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento del spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali.
Così deciso, in data 1° ottobre 2024