Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 30636 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 30636 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a FORMIA il 02/08/1993
avverso l’ordinanza del 05/11/2024 del GIP TRIBUNALE di SIENA udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME; lette~te le conclusioni del PG
Letta la requisitoria del dott. NOME COGNOME Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione, con cui è stato chiesto il rigetto del ricorso.
RILEVATO IN FATTO
Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Siena, con l’ordinanza in epigrafe, quale giudice dell’esecuzione, ha revocato la sanzione del lavoro di pubblica utilità con cui è stata sostituita la pena di anni tre di reclusione ed euro 14.000 di multa, applicata a NOME COGNOME giusta sentenza ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. del medesimo G.i.p. in data 4 luglio 2023, irrevocabile il 4 dicembre 2023, e ha disposto il ripristino della pena detentiva per la parte residua pari a 945 giorni di detenzione.
Avverso tale ordinanza COGNOME ricorre per cassazione, tramite il proprio difensore di fiducia, lamentando violazione di legge in relazione al principio del ne bis in idem.
Rileva che in un diverso procedimento esecutivo lo stesso G.i.p che ha revocato la pena sostitutiva (in diversa persona fisica) ha autorizzato NOME COGNOME sulla base dei medesimi atti, alla prosecuzione della pena sostitutiva presso altro ente, in Cellole (CE), con autorizzazione ad andare presso il Ser.D. del medesimo territorio, pur avendo conoscenza delle molteplici violazioni segnalate dai Carabinieri.
Insiste, pertanto, per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e deve essere, pertanto, rigettato.
Questa Corte ha avuto modo di affermare che il divieto di un secondo giudizio, sancito dall’art. 649 cod. proc. pen., esprime un principio generale dell’ordinamento così da doversi applicare anche nella fase esecutiva, e, quindi, alle ordinanze pronunciate dal giudice dell’esecuzione (Sez. 1, n. 45556 del 15/09/2015, P.m. in proc. COGNOME, Rv. 265234, e Sez. 1, n. 1285 del 20/11/2008, dep. 2009, Linfeng, Rv. 242750).
Nel caso di specie, diversamente da come lamentato, non ricorrono i presupposti della preclusione processuale derivante dalla diversa statuizione del giudice dell’esecuzione, non sussistendo identità di petitum e di thema decidendum, atteso che i due procedimenti hanno un oggetto completamente diverso, come correttamente valorizzato dall’ordinanza impugnata, per cui dal
primo, riguardante l’autorizzazione alla prosecuzione della pena sostitutiva in altra regione, non deriva alcuna preclusione processuale per il secondo,
riguardante la revoca della sanzione sostitutiva.
Osserva, invero, il G.i.p. del Tribunale di Siena come COGNOME abbia di sua iniziativa, senza alcuna autorizzazione, interrotto l’esecuzione della pena
sostitutiva, rendendosi inadempiente, anche rispetto alle ulteriori prescrizioni, inerenti alla sanzione sostitutiva e relative alla frequentazione del Ser.D. e
all’obbligo di risiedere nel territorio della regione Toscana. Rileva, inoltre, come non valga a giustificare tale comportamento la richiesta di autorizzazione alla
modifica delle modalità di esecuzione della sanzione sostitutiva, presentata dal difensore di COGNOME non solo per l’evidente ragione che il predetto avrebbe
dovuto attendere la decisione sulla richiesta presentata, prima di dare esecuzione al trasferimento della sua residenza e di interrompere il rapporto di
lavoro con l’ente individuato per lo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, e il percorso con il Ser.D, ma, soprattutto, perché tale istanza è stata comunque
presentata, oltre tre mesi dopo l’interruzione dei suddetti rapporti. E conclude, in ragione delle plurime e gravi trasgressioni poste in essere dal condannato rispetto alle prescrizioni relative alla pena sostitutiva, per la sussistenza dei presupposti per la revoca della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità e il ripristino della pena detentiva per la parte residua come sopra quantificata.
A fronte di tali argomentazioni scevre da vizi logici e giuridici, da cui emerge che il Giudice dell’esecuzione ha esplicitamente considerato la pendenza dell’altro procedimento, escludendone la rilevanza proprio perché non preclusivo, infondati risultano i rilievi difensivi che ritornano sul divieto del ne bis in idem.
Per queste ragioni, il ricorso deve essere rigettato, con la conseguente condanna, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 4 giugno 2025.