Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 35901 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 35901 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Bagno a Ripoli il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze del 10/04/2025 visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso; ricorso trattato in forma cartolare ai sensi dell’art. 611, comma 1-bis, cod. proc. pen.
RITENUTO IN FATTO
Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze con sentenza del 10/04/2025 applicava a NOME COGNOME la pena di mesi otto /giorni cinque di arresto ed euro 2.067/00 di ammenda, che sospendeva condizionalmente e disponeva la revoca della patente di guida per i reati di cui agli artt. 187, commi 1 e 1-bis e 186, commi 2, lett. b) e 2-bis cod. strada.
L’imputato, a mezzo del difensore, ha proposto ricorso per cassazione.
2.1. Con il primo motivo deduce la violazione degli artt. 7 CEDU, 25 e 27 Cost e art. 163 cod. pen. Evidenzia come la Corte EDU e la stessa Corte costituzionale abbiano qualificato la revoca della patente di guida di cui all’art 187, comma 1-bis cod. stradaj come sanzione “sostanzialmente” penale, avente
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carattere punitivo; come, dunque, il giudice abbia errato nel non estendere il beneficio della sospensione condizionale della pena anche a detta sanzione, in conformità a quanto richiesto dalle parti.
2.2. Con il secondo motivo eccepisce la violazione degli artt. 444 e segg. cod. proc. pen. ed il difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, ai sen dell’art. 448, comma 2-bis cod. proc. pen. Osserva che la richiesta di applicazione della pena era stata subordinata al riconoscimento della sospensione condizionale sia della pena, che della sanzione accessoria della revoca della patente di giuda di cui all’art. 187, comma 1-bis, cod. strada e che il Pubblico Ministero aveva prestato il consenso; che è stata pronunciata una sentenza difforme rispetto alla richiesta delle parti, che, quindi, è viziata, attes che il giudice al più avrebbe dovuto rigettare la richiesta avanzata, sulla quale si era formato il consenso delle parti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è destituito di fondamento per le ragioni che seguono.
1.1. Il primo motivo è manifestamente infondato.
1.1.1. Va, innanzitutto, premesso che la giurisprudenza di legittimità ha avuto cura di specificare che sussiste piena autonomia tra la previsione di cui all’art. 186, comma 2-bis, cod. strada (e, dunque, anche della revoca della patente di guida prevista dall’art. 187, comma 1-bis, cod. strada) e quella di cui all’art. 222 cod. strada e che la declaratoria di parziale illegittimità costituziona di tale ultima disposizione, ad opera della sentenza n. 88 del 2019 della Corte costituzionale, non ha inciso sulla coerenza sistematica delle disposizioni in materia di revoca e sospensione della patente attualmente vigenti (Sez. 4, n. 7950 del 11/02/2021, COGNOME, Rv. 280951 – 01; Sez. 1, n. 17506 del 20/02/2020, Ritucci, n.m.). Invero, la ratio sottesa all’art. 187, comma 1-bis, cod. strada – che prevede come obbligatoria la revoca della patente di guida per l’ipotesi in cui il conducente, che versi in stato di alterazione psicofisica a segui di assunzione di sostanza stupefacente, abbia provocato un incidente stradale va ricercata nella volontà del legislatore di punire più gravemente situazioni nelle quali la turbativa della circolazione sia correlata all’accertamento dello stato d alterazione psicofisica del conducente, in quanto ritenute maggiormente idonee a porre in pericolo l’incolumità personale dei soggetti e dei beni coinvolti nella circolazione. L’art. 222 cod. strada, invece, disciplina le sanzioni amministrative accessorie all’accertamento di reati, ha portata AVV_NOTAIO e attribuisce rilevanza sanzionatoria crescente alla gravità delle lesioni personali che siano derivate da reati colposi commessi con violazione delle norme sulla circolazione stradale,
laddove la condizione di alterazione psicofisica rappresenta ulteriore ragione di aggravamento (a cui è collegata la revoca della patente di guida) di una condotta colposa di danno autonomamente sanzionata in via amministrativa mediante la sospensione della patente di guida (Sez. 4 n. 16638 del 11/02/2016, COGNOME, n.m.).
Nella fattispecie contemplata dall’art. 187, comma 1-bis cod. strada, il reato di riferimento è proprio la guida in stato di alterazione psicofisica dovuta all’assunzione di sostanza stupefacente e cioè una ipotesi contravvenzionale di pericolo e non di danno, che determina la revoca della patente di guida, quale sanzione amministrativa accessoria, ove il conducente in stato di ebbrezza alcolica provochi un incidente stradale, a prescindere da profili di danno a cose o a persone che possano essere derivati dal sinistro. Va, dunque, ribadita la assoluta autonomia e diversità ontologica tra le previsioni di cui all’art. 222 cod. strada, riferibili alla commissione di un reato colposo di danno con violazione delle norme sulla circolazione stradale e la guida in stato di alterazione psicofisica dovuta all’assunzione di sostanza stupefacente, aggravata dal fatto di avere provocato un incidente stradale con conseguente turbativa alla sicurezza della circolazione. Il richiamo operato all’art. 222 cod. strada dall’art. 18 comma 1-bis, cod. strada, pertanto, non rappresenta una ragione di collegamento tra le due disposizioni (cfr. Sez. 4, n. 16638/16 cit. e Sez. 4, n. 4640 del 08/01/2015, Rv. 262437 – 01, in relazione a situazione del tutto analoga, inerente alla guida in stato di ebbrezza di cui all’art. 186, comma 2-bis, cod. strada).
1.1.2. Tanto premesso, si osserva che, con riferimento ad una ipotesi del tutto analoga a quella di cui all’art. 187, comma 1-bis, cod. strada, che si sta scrutinando, è stato di recente affermato che è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata in relazione agli artt. 3 e 11 comma 1, Cost., dell’art. 186, comma 2-bis, cod. strada, nella parte in cui, in caso di concessione della sospensione condizionale della pena da parte del t giudice della cognizione, non Lf —r ~ nel perimetro applicativo del beneficio nonostante la sua natura convenzionalmente penale – la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida, obbligatoriamente disposta nei confronti di chi abbia cagionato un sinistro stradale ponendosi alla guida con un tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro (Sez. 1, n. 39711 del 30/05/2024, COGNOME, Rv. 287129 – 01).
In proposito, si è evidenziato che dal riconoscimento della natura convenzionalmente penale della sanzione accessoria prevista dall’art. 222, comma 2, cod. strada (Corte cost. n. 68 del 2021)› non discende l’estensione della disciplina in tema di sospensione condizionale della pena alla revoca della
patente prevista dall’art. 186, comma 2-bis, cod. strada (e, dunque, anche a quella di cui all’analogo art. 187, comma 1-bis, cod. strada), a ciò ostando un duplice ordine di considerazioni: per un verso, invero, bisogna considerare la reciproca autonomia delle previsioni normative e la loro diversità strutturale e funzionale, come sopra evidenziate, che impedisce un diretto ed automatico effetto di traslazione delle rispettive discipline; per altro verso, deve evidenziars come il Giudice delle leggi abbia avuto cura di precisare che il processo di assimilazione delle sanzioni amministrative «punitive» alle sanzioni penali ha comportato l’estensione alle prime di larga parte dello «statuto costituzionale» delle seconde, ma non anche una totale parificazione delle rispettive discipline, che risentono necessariamente della non coincidenza delle funzioni perseguite, rilevando tra l’altro che il regime sanzionatorio amministrativo è sotto taluni aspetti maggiormente severo di quello penale, in quanto diretto alla tutela, oltre che di istanze punitive, di concorrenti istanze preventive, ciò che accade, per quel che qui interessa, con riferimento alla inapplicabilità di «istituti che n evitano la concreta esecuzione, quale, in specie, la sospensione condizionale» (Corte cost. n. 68/2021 cit.).
In definitiva, risulta del tutto coerente con il sistema, oltre che compatibile con le disposizioni costituzionali e convenzionali, prevedere che colui che, come il COGNOME, abbia cagionato un incidente stradale, guidando in stato di alterazione psicofisica dovuta all’uso di sostanze stupefacenti, debba sottostare – nonostante la sospensione condizionale della pena principale – all’esecuzione di una sanzione amministrativa caratterizzata anche da finalità preventive.
1.2. Il secondo motivo è infondato.
È stato affermato, con un orientamento ormai consolidato, che il Collegio intende ribadire, che, in tema di patteggiamento, la clausola che determini il contenuto e la durata delle sanzioni amministrative accessorie deve ritenersi come non apposta, non essendo la sua applicazione nella disponibilità delle parti (Sez. F., n. 24023 del 20/08/2020, COGNOME NOME, Rv. 279635 – 01; Sez. 4, n. 39075 del 26/02/2016, COGNOME, Rv. 267978 – 01; Sez. 4, n. 18538 del 10/01/2014, COGNOME, Rv. 259209 – 01) e ciò anche a seguito della modifica dell’art. 444, comma 1, cod. proc. pen., introdotta dall’art. 25, comma 1, lett. a), n. 1), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, che ha inciso solo sulle pene accessorie, prevedendo la possibilità di richiedere al giudice di non applicarle o di applicarle per una durata determinata (Sez. 4, n. 48556 del 14/11/2023, COGNOME, Rv. 285426 – 01). Sul punto, è stato condivisibilmente sostenuto che, quando il legislatore della riforma del 2022 ha novellato il primo comma dell’art. 444 cod. proc. pen., «era ben consapevole dell’esistenza di sanzioni amministrative accessorie a contenuto prevalentemente punitivo (e
quindi penali in senso convenzionale), ma non ha ritenuto di inserirle nel contenuto del patto. Ha stabilito, infatti, che l’imputato e il pubblico minister possano chiedere al giudice di «non applicare le pene accessorie o di applicarle per una durata determinata», ma non ha previsto che il contenuto e la durata delle sanzioni amministrative accessorie potessero entrare a far parte del patto.
Restano dunque operanti i principi di diritto, più volte affermati da questa Corte di legittimità, secondo i quali «in tema di patteggiamento, la clausola con cui le parti concordano la durata delle sanzioni amministrative accessorie deve ritenersi come non apposta, non essendo l’applicazione di dette sanzioni nella loro disponibilità» (Sez. 4, n. 48556/2023, cit.).
Del resto, le sanzioni amministrative accessorie sono del tutto estranee al processo e la loro natura amministrativa non muta, quando il potere di applicare la sanzione venga attribuito al giudice, come agevolmente si desume da plurime disposizioni: i) l’art. 223 cod. strada, che prevede il potere della sospensione cautelare della patente in capo al Prefetto, li) l’art. 224, comma 3, cod. strada, che stabilisce la competenza del Prefetto in ordine all’applicazione della sanzione amministrativa, qualora il reato da cui essa consegue sia estinto per prescrizione, previo accertamento della sussistenza della violazione, iii) l’art. 224, comma 1, cod. strada, che dispone l’adozione da parte del Prefetto della revoca o della sospensione della patente di guida per la durata determinata dal provvedimento giurisdizionale di condanna, ancorché la relativa pena sia condizionalmente sospesa. In particolare, quest’ultima disposizione dimostra la natura amministrativa della sospensione della pante di guida, posto che la sospensione condizionale della pena, incidente sulle sanzioni di natura penale, non si estende, per espressa volontà legislativa, alla sanzione accessoria interdittiva in esame.
Dunque, correttamente il giudice di prime cure ha disposto la revoca della patente di guida nei confronti dell’odierno ricorrente, nonostante l’accordo tra le parti sul punto prevedesse la sospensione condizionale di detta sanzione amministrativa accessoria.
Al rigetto del ricorso segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il giorno 10 ottobre 2025.