Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 6298 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 6298 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a GROTTAGLIE il 07/03/1998
avverso la sentenza del 03/10/2024 del GIUDICE COGNOME PRELIMINARE di BARI
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME lette le conclusioni del PG, che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, il Tribunale di Bari ha applicato nei confronti di NOME COGNOME ai sensi degli artt. 444 e ss cod.proc.pen. e in riferimento al reato previsto dagli artt. 589, commi 1, 2 5, n.1, cod.pen., la pena finale di anni quattro e mesi dieci di reclusione c applicazione della sanzione accessoria della revoca della patente di guida.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME tramite il proprio difensore, articolando due motivi di impugnazione.
Con il primo motivo ha dedotto – ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett.b), c) ed e), cod.proc.pen. – la violazione degli artt. 27, comma 3 e 101, comma 2, Cost., degli artt. 444 e 546, lett.e), cod.proc.pen. e degli artt. 132 e cod.pen..
Ha dedotto che la pena, nel caso di specie, avrebbe potuto essere diminuita e che la determinazione finale era stata inficiata da omessa valutazione in ordine ad alcuni indici rilevanti, non avendo comunque il giudice dato conto dei criteri seguiti per la concreta determinazione della sanzione; deducendone che il giudice avrebbe dovuto irrogare una pena inferiore rispetto a quella concordata dalle parti non avendo neanche fornito idonea motivazione sul punto.
Con il secondo motivo ha dedotto – ai sensi dell’art.606, comma 1, lett.), cod.proc.pen. – la violazione dell’art.222, commi 2 e 3bis, del d.lgs. 30 aprile 1992, n.285.
Ha richiamato l’arresto espresso dalla Corte Costituzionale con la sentenza n.88 del 16/04/2021, esponendo come il giudice avrebbe conseguentemente dovuto dare contezza delle ragioni per le quali l’imputato era stato meritevole della massima sanzione accessoria; motivazione, nel caso di specie, non presente con conseguente sussistenza del vizio denunciato.
Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta, nella quale ha concluso per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è integralmente inammissibile.
2. In ordine al primo motivo, va premesso che i limiti di ammissibilità del ricorso per cassazione avverso la sentenza di applicazione della pena su richiesta sono attualmente regolati dal disposto dell’art.448, comma 2bis, cod.proc.pen., introdotto dalla I. 23 giugno 2017. n.103, ai sensi del quale i Pubblico Ministero e l’imputato possono ricorrere solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato stesso, al difetto di correlazio tra richiesta e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto all’illegalità della pena o della misura di sicurezza, conseguendone l’inammissibilità del ricorso per cassazione con cui si deducano vizi di violazione di legge differenti da quelli tassativamente indicati nel citat comma 2bis (Sez.6, n.1032 del 7/11/2019, dep.2020, COGNOME, Rv. 27833701; Sez.fer., n.28742 del 28/5/2020, Messnaoui, Rv. 279761-01).
Ne consegue che è inammissibile il ricorso per cassazione che deduca motivi concernenti, non l’illegalità della pena, intesa come sanzione non prevista dall’ordinamento giuridico ovvero eccedente, per specie e quantità, il limite legale, ma – come avvenuto nel caso di specie e con argomentazione, in ogni caso, del tutto aspecifica – profili commisurativi della stess discendenti dalla violazione dei parametri di cui all’art. 133 cod. pen. (Sez 5, n. 19757 del 16/04/2019, COGNOME, Rv. 276509).
3. Il secondo motivo è pure inammissibile.
Va pregiudizialmente rilevato che – in riferimento ai limiti posti al ricorso per cassazione avverso la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, attualmente dettati dal citato art.448, comma 2bis, cod.proc.pen. – è ammissibile il motivo con cui si censuri l’erronea ovvero l’omessa applicazione di sanzioni amministrative (Sez. U, n. 21369 del 26/09/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 279349).
E’ peraltro manifestamente infondata la prospettata censura di violazione di legge, in punto di modalità di applicazione della sanzione accessoria della revoca della patente di guida in relazione al vigente test dell’art.222, comma 2, d.lgs. 30/04/1992, n.285.
In particolare, il testo originario dell’art.222, comma 2, quarto periodo, del d.lgs. 30/04/1992, n.285, prevedeva che «Alla condanna, ovvero all’applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 44 del codice di procedura penale, per i reati di cui agli articoli 589-bis e 59 bis del codice penale consegue la revoca della patente di guida».
Per effetto della citata sentenza del Giudice delle leggi, è stato escluso qualsiasi automatismo nella revoca della patente di guida qualora non siano state contestate le circostanze previste ai commi secondo e terzo
dell’art.589bis cod.pen; essendosi rilevato che «nell’art. 222 cod. strad l’automatismo della risposta sanzionatoria, non graduabile in ragione delle peculiarità del caso, può giustificarsi solo per le più gravi violazio contemplate dalle due citate disposizioni, quali previste, come ipotesi aggravate, sanzionate con le pene rispettivamente più gravi, dal secondo e dal terzo comma sia dell’art. 589-bis, sia dell’art. 590-bis cod. pen.. Por alla guida in stato di ebbrezza alcolica (oltre la soglia di tasso alcolemi prevista dal secondo e dal terzo comma sia dell’art. 589-bis, sia dell’art. 590 bis cod. pen.) o sotto l’effetto di stupefacenti costituisce un comportamento altamente pericoloso per la vita e l’incolumità delle persone, posto in essere in spregio del dovuto rispetto di tali beni fondamentali; e, pertanto, giustifica una radicale misura preventiva per la sicurezza stradale consistente nella sanzione amministrativa della revoca della patente nell’ipotesi sia di omicidio stradale, sia di lesioni personali gravi o gravissime.
Al di sotto di questo livello vi sono comportamenti pur gravemente colpevoli, ma in misura inferiore sicché non è compatibile con i principi di eguaglianza e proporzionalità la previsione della medesima sanzione amministrativa. In tal caso, l’automatismo della sanzione amministrativa più non si giustifica e deve cedere alla valutazione individualizzante del giudice».
Tali argomentazioni, pertanto, non assumono rilievo nel caso in esame, nel quale all’odierno ricorrente è stata contestata la circostanza aggravante prevista dall’art.589b1s, comma 2, cod.pen., conseguente all’essersi posto alla guida in stato di ebbrezza alcolica, fattispecie in cui l’applicazione del massima sanzione accessoria risulta automatica senza configurazione di alcun onere motivazionale sul punto.
4. Alla declaratoria d’inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», il ricorrente va condannato al pagamento di una somma che si stima equo determinare in euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa dell Ammende.
Così deciso, il 23 gennaio 2025
Il GLYPH sigliere estensore
Il Prisidente