Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33571 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33571 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME NOME MACERATA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/12/2023 del GIP TRIBUNALE di MACERATA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVAZIONE DELLA DECISIONE
1.11 Tribunale di Macerata, su richiesta dell’imputato cui ha prestato consenso l’ufficio del pubblico ministero, ha applicato a COGNOME NOME per il reato di omicidio stradale e lesioni stradali ascritti, la pena concordata di anni due di reclusione, disponendo nei suoi confronti la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida ai sensi dell’art.222 comma II Codice della Strada.
2.Avverso la suddetta sentenza insorge la difesa dell’imputato la quale denuncia ipotesi di violazione di legge e carenza assoluta di motivazione con riferimento al riconosciuto automatismo sanzioNOMErio tra la ipotesi di reato contestato e la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida, assumendo al contrario la facoltà del giudice di procedere alla graduazione della sanzione amministrativa accessoria richiamando la pronuncia del giudice delle leggi n.88/2019 che, nel decretare la illegittimità costituzionale del nuovo testo dell’art.222 comma 2 C.d.S., aveva riconosciuto l’obbligatorietà della sanzione massima esclusivamente nel caso in cui ricorrano le circostanze aggravanti di cui ai commi secondo e terzo degli art.589 bis e 590 bis cod.pen. ed evidenziando come nessune di tali ipotesi risultava contestata e che la motivazione non risultava confrontarsi con il disposto di cui all’art.218 C.d.. che fissa le regole per l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria in oggetto.
Il ricorso risulta manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile.
Invero la Corte Costituzionale, conformemente a quanto prospettato dalla difesa del ricorrente, ha pronunciato la illegittimità costituzionale dell’art.222 comma 2 quarto periodo Codice della Strada in quanto non prevede la possibilità per il giudice di disporre, in alternativa alla sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida, quella temporanea della sospensione, qualora ricorrano ipotesi aggravate, tra quelle contemplate dalle due disposizioni incriminatrici di cui agli art.589 bis e 590 bis cod.pen., diverse dalla guida in stato di ebbrezza con valori particolarmente elevati (186 comma 2 lett.c) C.d.S.) o dalla guida in stato di alterazione da sostanze stupefacenti, eliminando, per tali evenienze, l’automatismo sanzioNOMErio originariamente previsto dalla norma.
In primo luogo, va ribadito come con la sentenza emessa ai sensi dell’art.444 cod.proc.pen. debbano essere sempre applicate le sanzioni amministrative accessorie che ne conseguono di diritto, anche se non oggetto di accordo tra le parti (sez.6, 20.11.2008, PG in proc.Cuomo, 241611; sez.2, 26.11.2013, PG in proc.Cargnello, Rv. 257871). Il giudice pertanto è tenuto a provvedere anche di ufficio sull’applicazione delle sanzioni amministrative accessorie che conseguono alla pronuncia di rito, trattandosi di tema estraneo all’accordo delle parti, sul quale il giudice è tenuto ad una valutazione puntuale e che risulta autonomamente impugnabile per vizi di legittimità anche oltre i limiti imposti dall’art.448 comma 2 bis cod. proc.pen. (sez.0 26.9.2019 n.21369, Melzani Rv.279349; sez.5, 13/11/2019, NOME, Rv.277552).
Il ricorso peraltro deve essere dichiarato inammissibile avendo il giudice in sede di applicazione della pena su richiesta fornito adeguato conto, nei limiti peraltro imposti dalla sommarietà del rito, in ordine alla questione (specie e misura della sanzione amministrativa accessoria da applicare) estranea all’accordo delle parti, sul quale il giudice è tenuto comunque ad una valutazione discrezionale. Invero il Tribunale di Macerata non si è limitato ad enunciare un mero automatismo sanzioNOMErio ma si è soffermato ad indicare gli elementi tipici della condotta ascritta, osservando che i fatti ascritti presentavano profili di particolare gravità, come peraltro è dato constatare dalla lettura del capo di imputazione, ma soprattutto come particolarmente offensiva doveva considerarsi la condotta del prevenuto in relazione alla modalità della condotta e al grado della colpa (velocità, misura di superamento dei limiti massimi, condizioni ambientali, omessa verifica dell’impiego di cinture di sicurezza).
Il giudizio operato dal Tribunale è altresì coerente con i principi informatori della sanzione amministrativa, tenuto conto delle modalità del fatto, delle conseguenze dannose che ne sono derivate e del grado della colpa ascritta ai sensi dell’art.218 comma 2 C.d.S. (Sez.4, n.55130 del 9/11/2017, COGNOME, Rv.271661).
Parimenti infondata è la censura che assume la contraddittorietà tra la sanzione amministrativa applicata rispetto alla misura della sanzione penale, tenuto conto del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e della sospensione condizionale. Va peraltro rimarcato che si tratta di statuizioni che attengono a differenti piani e coinvolgono valutazioni affatto separate, afferendo la sanzione amministrativa accessoria ad una finalità inibitoria preventiva che attiene allo specifico settore della circolazione stradale e che impone al conducente una nuova verifica di idoneità tecnica e psicofisica, laddove la valutazione riservata la giudice di merito sulla misura della pena coinvolge una
complessiva valutazione sul fatto e sulla personalità dell’indagato del tutto scollegata al profilo tecnico della circolazione stradale, sicchè le motivazioni relative alla misura della sanzione penale e di quella amministrativa restano tra di loro autonome e non possono essere raffrontate ai fini di un’eventuale incoerenza o contraddittorietà intrinseca del provvedimento (sez.4, n.4740 del 18/11/2020, Rv.280393.01, COGNOME NOME).
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile e il ricorrente va condanNOME al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero per assenza di colpa nella proposizione del ricorso, al versamento di una somma, ai sensi dell’art.616 cod.proc.pen., in favore della RAGIONE_SOCIALE per le ammende, che si ritiene congruo stimare in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 26 giugno 2024
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