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Revoca ordine di demolizione per fatti nuovi: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che dichiarava inammissibile una richiesta di revoca di un ordine di demolizione per un immobile abusivo. La Corte ha stabilito che la sopravvenienza di una sentenza amministrativa definitiva, che accerta l’illegittimità dell’acquisizione dell’immobile da parte del Comune e valida la sanatoria edilizia, costituisce un “fatto nuovo”. Tale fatto impone al giudice dell’esecuzione di rivalutare la compatibilità dell’ordine di demolizione con la nuova situazione giuridica, superando la preclusione del precedente giudicato.

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Pubblicato il 14 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Revoca ordine di demolizione: quando i fatti nuovi cambiano le carte in tavola

La possibilità di ottenere la revoca ordine di demolizione per un immobile abusivo, anche dopo una condanna penale definitiva, è un tema di grande interesse. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 45413/2024) ha chiarito un punto fondamentale: la sopravvenienza di fatti nuovi, come una sentenza amministrativa passata in giudicato che legittima l’immobile, obbliga il giudice a riesaminare il caso, superando la preclusione di una precedente decisione negativa.

I fatti di causa

La vicenda riguarda una proprietaria condannata penalmente per aver realizzato opere edilizie abusive, con conseguente ordine di demolizione. Anni dopo, la signora presenta un’istanza per la revoca di tale ordine, forte di un permesso a costruire in sanatoria rilasciato dal Comune. Questa prima istanza viene però rigettata dal Giudice dell’esecuzione, poiché nel frattempo l’immobile era stato acquisito di diritto al patrimonio comunale a causa della mancata ottemperanza all’ordine di demolizione. Secondo il giudice, la proprietaria non era più legittimata a chiedere o ottenere una sanatoria.

La situazione si complica sul fronte amministrativo. La proprietaria impugna gli atti di acquisizione del Comune davanti al TAR, che le dà ragione, annullandoli. Il Comune appella questa decisione al Consiglio di Stato, il quale, infine, dichiara l’appello improcedibile. A questo punto, la sentenza del TAR diventa definitiva, stabilendo l’illegittimità dell’acquisizione dell’immobile da parte del Comune.

Forte di questa vittoria, la proprietaria presenta una nuova istanza per la revoca dell’ordine di demolizione, sostenendo che il passaggio in giudicato della sentenza amministrativa costituisce un ‘fatto nuovo’. Il Giudice dell’esecuzione, tuttavia, la dichiara inammissibile, ritenendola una mera riproposizione della precedente. La questione arriva così in Cassazione.

La questione della revoca ordine di demolizione e il principio del ‘ne bis in idem’

Il cuore della questione giuridica ruota attorno al principio del ne bis in idem (non due volte per la stessa cosa) applicato alla fase esecutiva. In linea generale, non si può riproporre un’istanza già respinta con provvedimento definitivo. La Cassazione, però, chiarisce che tale principio non è assoluto, ma opera rebus sic stantibus, ovvero ‘stando così le cose’.

Se le circostanze di fatto o di diritto cambiano in modo significativo, è possibile presentare una nuova istanza. La Corte ha stabilito che la sopravvenienza di una sentenza amministrativa passata in giudicato rappresenta proprio uno di questi ‘fatti nuovi’ idonei a superare la preclusione.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della proprietaria, annullando l’ordinanza del Giudice dell’esecuzione e rinviando gli atti per un nuovo giudizio. Le motivazioni della Suprema Corte sono chiare e lineari:

1. I fatti sono effettivamente ‘nuovi’: Il passaggio in giudicato della sentenza del Consiglio di Stato, che ha reso definitiva la decisione del TAR, è avvenuto dopo la conclusione del precedente incidente di esecuzione. Pertanto, si tratta di un elemento che non poteva essere stato valutato in precedenza nella sua portata definitiva.

2. È venuto meno l’ostacolo alla sanatoria: La precedente decisione negativa si fondava sull’assunto che la proprietaria non fosse più titolare del bene, acquisito dal Comune. La sentenza amministrativa definitiva ha rimosso alla radice questo ostacolo, dichiarando illegittima l’acquisizione. Di conseguenza, il permesso a costruire in sanatoria, precedentemente disapplicato, riacquista la sua validità ed efficacia.

3. Obbligo di rivalutazione per il Giudice: Di fronte a questi nuovi elementi, il Giudice dell’esecuzione non può semplicemente dichiarare l’istanza inammissibile. Ha il dovere di entrare nel merito e valutare se, alla luce della nuova situazione giuridica, l’ordine di demolizione penale sia ancora compatibile con gli atti amministrativi che hanno sanato l’abuso.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale di giustizia sostanziale: l’esecuzione di una pena, anche di natura amministrativa come la demolizione, deve sempre tenere conto della realtà giuridica attuale. Un ordine di demolizione, pur derivante da una sentenza penale, non può essere eseguito se un provvedimento amministrativo o giurisdizionale successivo e definitivo ha conferito all’immobile una diversa destinazione o ne ha sanato l’abusività. La decisione della Cassazione apre quindi la strada a un nuovo esame nel merito, che dovrà bilanciare l’originario ordine penale con la legittimità dell’immobile ora accertata in via definitiva in sede amministrativa.

È possibile chiedere la revoca di un ordine di demolizione già definitivo?
Sì, è possibile se intervengono fatti o questioni giuridiche nuove, successive alla precedente decisione, che non sono state valutate in precedenza. Il divieto di riproporre la stessa istanza (preclusione processuale) non è assoluto.

Una sentenza amministrativa definitiva che valida una sanatoria edilizia è considerata un ‘fatto nuovo’?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che il passaggio in giudicato di una sentenza amministrativa che annulla l’acquisizione dell’immobile da parte del Comune e, di conseguenza, rende valido il permesso in sanatoria, costituisce un fatto nuovo e decisivo che impone una nuova valutazione da parte del giudice dell’esecuzione.

Cosa significa che la preclusione in fase esecutiva opera ‘rebus sic stantibus’?
Significa che una decisione presa in un incidente di esecuzione resta valida solo ‘finché le cose stanno così’. Se le circostanze di fatto o di diritto cambiano in modo sostanziale (come nel caso di una nuova sentenza definitiva), la decisione precedente non impedisce di presentare una nuova istanza basata sulla mutata situazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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