Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 45413 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 45413 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DE NUPTIIS NOME COGNOME nata ad ARIENZO il 07/08/1951
avverso l’ordinanza del 02/05/2024 del TRIBUNALE di SANTA MARIA CAPUA VETERE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con provvedimento del 2 maggio 2024, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, in funzione di Giudice dell’esecuzione, ha dichiarato inammissibile, ai sensi dell’art. 666, comma 2, cod. proc. pen. l’istanza con la quale NOME COGNOME aveva chiesto la revoca dell’ordine di demolizione dell’immobile sito in Caserta, INDIRIZZO. L’inammissibilità è stata dichiarata perché, secondo il giudice dell’esecuzione, la richiesta costituiva mera riproposizione, basata sui medesimi elementi, di una richiesta già rigettata.
2. Per miglior comprensione della vicenda e dei motivi di ricorso è necessario riferire che, con sentenza dell’8 novembre 1996 (definitiva il 2 ottobre 1998), NOME COGNOME fu condannata per violazione dell’art. 20 lett. b) legge 28 febbraio 1985, n. 47 per aver eseguito «senza la prescritta concessione edilizia in quanto scaduta di validità lavori di costruzione di una villetta unifamiliar realizzando, peraltro, un piano seminterrato di mq. 128 ed alto mt. 3, nonché mura di contenimento non previste nella concessione edilizia n. 164/88 e 207/90 entrambe scadute». La condanna intervenne con riferimento a tutte le opere ad eccezione del muro di contenimento, per il quale, nel corso del giudizio, era stata rilasciata concessione in sanatoria, trattandosi di opera necessaria per ragioni di sicurezza. Con la sentenza fu disposta la demolizione delle opere abusive.
Il 13 luglio 2021 la De Nuptiis propose incidente di esecuzione per ottenere la revoca dell’ordine di demolizione deducendo che, in data 16 novembre 2020, il Comune di Caserta le aveva rilasciato il permesso a costruire in sanatoria n.72/2020 e tale permesso aveva ad oggetto tutte le opere abusive per le quali era intervenuta condanna.
La richiesta fu respinta dal Giudice dell’esecuzione con ordinanza del 28 gennaio 2022. Dopo aver ricostruito la vicenda e aver dato atto che il Comune di Caserta aveva emesso più ingiunzioni a demolire alle quali la De Nuptiis non aveva ottemperato, il Giudice rilevò che, per giurisprudenza costante, l’ingiustificata inottemperanza all’ordine di demolizione di un’opera abusiva e alla rimessione in pristino dello stato dei luoghi entro novanta giorni dalla notifica dell’ingiunzione a demolire emessa dall’Autorità amministrativa, determina l’automatica acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’opera e dell’area pertinente, sicché il permesso a costruire in sanatoria era stato rilasciato a soggetto non più legittimato ad operare sul bene e doveva essere disapplicato.
Al giudice dell’esecuzione fu prodotta la sentenza del TAR Campania n. 449/2020, del 27 novembre 2019, pubblicata il 30 gennaio 2020. Con questa
sentenza (all’epoca non ancora definitiva) il TAR aveva:
annullato il provvedimento prot. 0021436 del 21 febbraio 2019 col quale il Comune di Caserta aveva dichiarato l’inammissibilità della richiesta di accertamento di conformità avanzata ai sensi dell’art. 36 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (inammissibilità che era stata dichiarata proprio perché riferita ad un immobile acquisito ope legis al patrimonio comunale);
dichiarato l’illegittimità del provvedimento n. 2/2019 del 12 marzo 2019, col quale era stata formalmente disposta l’acquisizione gratuita dell’immobile al patrimonio del Comune di Caserta, perché adottato ancorché lo stesso Comune avesse rilasciato (e non abbia mai revocato) la concessione edilizia in sanatoria n. 1215/1997 con riferimento al piano seminterrato adibito a cantinato (e cioè ad opere comprese nell’ordinanza di demolizione n. 3891 del 9 febbraio 1995);
dichiarato l’illegittimità derivata di un altro atto di acquisizione gratui dell’immobile al patrimonio indisponibile del Comune di Caserta, emesso in data 19 marzo 2019, strumentale alla trascrizione nei registri immobiliari del provvedimento del 12 marzo 2019;
-affermato – quale effetto conformativo della decisione – l’obbligo del Comune di esaminare l’istanza di accertamento di conformità proposta dalla De Nuptiis il 25 maggio 2018 «provvedendo a rivalutare la situazione nel suo complesso».
Il Giudice dell’esecuzione tenne conto della sentenza del TAR, ma non ritenne di doversi uniformare ad essa. Ritenne, pertanto, che il permesso a costruire in sanatoria n.72/2020, rilasciato dal Comune di Caserta il 16 novembre 2020, dovesse essere disapplicato e respinse la richiesta di revoca dell’ordine di demolizione.
Contro questa ordinanza fu proposto ricorso per Cassazione che fu respinto dalla Terza Sezione penale di questa Corte con sentenza n. 49499 del 29 novembre 2022.
2.1. L’istanza oggetto del presente ricorso è volta ad ottenere la sospensione e la revoca del medesimo ordine di demolizione ed è stata proposta il 14 settembre 2023. La De Nuptiis ha sostenuto di poterla riproporre in ragione di due elementi nuovi:
la sentenza del Consiglio di Stato n. 10419/22, pubblicata il 28 novembre 2022 (il giorno prima dell’udienza in Cassazione) con la quale, confermata la sentenza del TAR Campania n. 449/2020, era stata dichiarata l’improcedibilità dell’appello proposto dal Comune di Caserta contro la citata sentenza del TAR;
l’esito dell’istruttoria disposta dal Consiglio di Stato nel corso del giudizio di appello, a seguito della quale il dirigente dell’Ufficio edilizia residenziale privata d Comune di Caserta, ing. NOME COGNOME ha predisposto una relazione (datata 29
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NOME
luglio 2022) dalla quale risulta che, col provvedimento n. 72/2000 «tutte le opere realizzate nel corso del tempo e difformi dalle concessioni originarie sono state integralmente legittimate a sanatoria».
Il Giudice dell’esecuzione, investito della decisione sulla nuova istanza del 14 settembre 2023 l’ha dichiarata inammissibile. Ha ritenuto, infatti, che gli elementi di novità, sulla base dei quali la richiesta di revoca è stata riproposta, fossero già stati valutati dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 49499 del 29 novembre 2022 con la quale fu definito l’incidente di esecuzione aperto dall’istanza del 13 luglio 2021.
NOME COGNOME ha proposto tempestivo ricorso contro il provvedimento che ha dichiarato l’inammissibilità ex art. 666, comma 2, cod. proc. pen. della nuova richiesta di revoca dell’ordine di demolizione.
Il ricorso si articola in tre motivi che di seguito si riportano nei lim strettamente necessari alla decisione come previsto dall’art. 173, comma 1, D.Igs. 28 luglio 1989 n. 271.
2.1. Col primo motivo, il difensore della ricorrente si duole che la richiesta sia stata dichiarata inammissibile e deduce violazione di legge e vizi di motivazione. Dopo aver sottolineato che la dichiarazione di inammissibilità è intervenuta dopo che il giudice dell’esecuzione aveva fissato l’udienza, sicché non si trattava di una inammissibilità percepibile ictu ocu/i, la difesa sostiene che l’art. 666, comma 2, cod. proc. pen. è stato applicato fuori dei casi consentiti e in presenza di elementi nuovi che avrebbero dovuto essere valutati nel merito. In tesi difensiva, il primo di tali elementi è rappresentato dal passaggio in giudicato della sentenza del Consiglio di Stato che ha reso definitiva la sentenza del TAR alla quale il Giudice dell’esecuzione che pronunciò l’ordinanza del 28 gennaio 2022 non ritenne di doversi uniformare. Il difensore sottolinea che tale passaggio in giudicato è intervenuto in epoca successiva all’ordinanza del 28 gennaio 2022 ed anche in epoca successiva alla sentenza n. 49499/22, pronunciata il 29 novembre 2022 della Terza Sezione penale della Corte di cassazione. Quando questa sentenza fu pronunciata, infatti, la sentenza del Consiglio di Stato (pubblicata il 28 novembre 2011) non era ancora definitiva essendo applicabile anche nel processo amministrativo l’art. 324 cod. proc. civ. in base al quale «Si intende passata in giudicato la sentenza che non è più soggetta né a regolamento di competenza, né ad appello, né a ricorso per cassazione, né a revocazione per i motivi di cui ai numeri 4 e 5 dell’articolo 395».
Il difensore della ricorrente osserva che, quando interviene una sentenza irrevocabile del giudice amministrativo avente ad oggetto l’accertamento definitivo di situazioni incompatibili con l’esecuzione della demolizione di opere abusive
disposta con sentenza definitiva di condanna, resta preclusa al giudice penale la valutazione della legittimità dei provvedimenti amministrativi. Sostiene inoltre che, contrariamente a quanto affermato nell’ordinanza impugnata, la sentenza del Consiglio di Stato, pur avendo un oggetto apparentemente diverso, a ben guardare «ha sancito in maniera definitiva la legittimità del permesso di costruire in sanatoria» n. 72/2020.
Il difensore osserva che il Consiglio di Stato ha dichiarato improcedibile per carenza di interesse l’appello proposto dal Comune di Caserta contro la sentenza del TAR Campania n. 449/2020, che aveva dichiarato l’inammissibilità della richiesta di accertamento di conformità avanzata dalla De Nuptiis ai sensi dell’art. 36 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e, pertanto, ha sancito che tale accertamento era doveroso. Ne consegue che il permesso in sanatoria, rilasciato a seguito di quell’accertamento, non può essere considerato illegittimo.
Secondo la difesa, a ciò deve aggiungersi che, prima di dichiarare l’improcedibilità dell’appello, il Consiglio di Stato ha chiesto una integrazione istruttoria dalla quale è emerso che tutte le opere delle quali era stata disposta l’acquisizione al patrimonio comunale per inottemperanza all’ordine di demolizione erano state legittimate in sanatoria. In tesi difensiva, tale integrazione istruttori (rappresentata dalla relazione dell’ ing. NOME COGNOME del 29 luglio 2022) è un elemento nuovo, del quale non si era tenuto conto in precedenza, che «sancisce la piena legittimità dal punto di vista urbanistico ed edilizio» dell’opera realizzata. A conferma di ciò, la difesa della ricorrente osserva che il Comune di Caserta, pur avendo resistito in giudizio sostenendo la legittimità del provvedimento di acquisizione dell’immobile al patrimonio comunale e avendo proposto appello al Consiglio di Stato contro la sentenza del TAR, nelle more del giudizio di appello ha rilasciato il permesso in sanatoria. Sottolinea, inoltre, che nessuno dei due provvedimenti (né quello di acquisizione dell’immobile al patrimonio del Comune a seguito dell’inottemperanza all’ordine di demolizione; né il permesso in sanatoria) è stato annullato in autotutela, ancorché si trattasse, all’evidenza, di provvedimenti tra loro incompatibili. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Muovendo da queste considerazioni, la difesa della ricorrente deduce carenza di motivazione dell’ordinanza impugnata e ricorda che, secondo la giurisprudenza di legittimità, l’ordine di demolizione emesso in esecuzione di una sentenza penale passata in giudicato può essere revocato se incompatibile con provvedimenti di natura amministrativa o giurisdizionale che abbiano conferito all’immobile una diversa destinazione o abbiano provveduto alla sanatoria del medesimo.
2.2. Col secondo motivo, la difesa lamenta vizio di motivazione per travisamento della prova. Osserva che il permesso a costruire in sanatoria è stato rilasciato a seguito dell’accertamento della doppia conformità, sicché la sentenza
del Consiglio di Stato ha fatto venir meno l’unico ostacolo che si frapponeva al riconoscimento della legittimità di quel permesso, rappresentato dal fatto che la De Nuptiis ne fece richiesta senza averne titolo non essendo più proprietaria del bene, già acquisito al patrimonio del Comune. A sostegno di tale argomentazione il difensore ricorda che, nel permesso in sanatoria (allegato al ricorso), è scritto testualmente: «l’intervento oggetto dell’istanza è stato realizzato a partire dal 1993 e, pertanto, la disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della realizzazione dell’abuso è la medesima di quella vigente al momento del rilascio e quindi risulta verificato il requisito della doppia conformità».
2.3. Col terzo motivo, il difensore lamenta omessa motivazione sulla richiesta istruttoria di sentire il dirigente del Comune di Caserta, Ing. COGNOME che avrebbe chiarito la definitiva legittimità amministrativa dell’opera.
2.4. Nella parte finale del ricorso, infine, la difesa insiste nella richiesta sospensione dell’ordine di demolizione.
Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta chiedendo il rigetto del ricorso. Secondo il PG, «la sentenza del Consiglio di Stato è stata oggetto di apprezzamento nella sentenza della Suprema Corte, così come la relazione del 29 luglio 2022 a firma dell’ ing. COGNOME correttamente, pertanto, si è ritenuta la non sussistenza di elementi nuovi rispetto a quelli già anteriormente valutati dalla Suprema Corte e precluso un loro nuovo esame».
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è fondato e assorbente.
Si è già riferito – ma è utile ricordarlo – che, col provvedimento impugnato, il Giudice dell’esecuzione del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha ritenuto di non dover esaminare nel merito l’istanza di revoca dell’ordine di demolizione proposta da NOME COGNOME il 14 settembre 2023 e si è limitato a dichiararla inammissibile per l’esistenza di una preclusione processuale. Ha ritenuto, infatti, che si trattasse della reiterazione di altra identica istanz proposta in data 13 luglio 2021, respinta con ordinanza del 28 gennaio 2022 confermata dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 49499/22 del 29 novembre 2022.
Come noto, il principio della preclusione processuale (divieto del “ne bis in idem”) trova applicazione, oltre che nel procedimento di cognizione, anche in sede esecutiva. Di conseguenza, non è consentito proporre nuovo incidente di esecuzione sulla stessa richiesta già respinta con provvedimento definitivo. Questo
principio, affermato da massime risalenti nel tempo e mai smentito, è stato precisato facendo riferimento all’art. 666, comma 2, cod. proc. pen. e sottolineando che, in materia di esecuzione, l’inammissibilità di una successiva istanza non può dipendere soltanto dal fatto che la stessa abbia il medesimo oggetto di una istanza precedente già respinta, ma consegue alla constatazione che le due istanze sono fondate sui medesimi presupposti di fatto e sulle stesse ragioni di diritto (cfr: Sez. 1, n. 2220 del 19/05/1992, COGNOME, Rv. 191466; Sez. 1, n. 5613 del 21/12/1993, dep. 1994, COGNOME, Rv. 196544). Facendo applicazione di questi principi si è affermato che «il provvedimento del giudice dell’esecuzione, una volta divenuto formalmente irrevocabile, preclude una nuova decisione sullo stesso oggetto, ma detta preclusione non opera in maniera assoluta e definitiva, bensì “rebus sic stantibus”, ossia finché non si prospettino nuovi dati di fatto o nuove questioni giuridiche, per tali intendendosi non solo gli elementi sopravvenuti, ma anche quelli preesistenti dei quali non si sia tenuto conto ai fini della decisione anteriore» (Sez. 5, n. 15341 del 24/02/2010, COGNOME, Rv. 246959; Sez. 1, n. 2259 del 05/04/1996, COGNOME, Rv. 204816e, ancor prima: Sez. 1, n. 1435 del 23/05/1990, Reccia, Rv. 184698).
Nel caso oggetto del presente ricorso, il Giudice dell’esecuzione ha ritenuto che gli elementi dedotti a sostegno della nuova istanza fossero già stati valutati nel precedente giudizio.
A sostegno di queste considerazioni l’ordinanza impugnata osserva:
che la sentenza del Consiglio di Stato del 28 novembre 2022, pur successiva all’ordinanza del 28 gennaio 2022 (con la quale era stata respinta l’istanza di revoca dell’ordine di demolizione proposta dalla De Nuptiis il 13 luglio 2021) è stata sottoposta al vaglio della Corte di cassazione;
che, infatti, nella sentenza n.49499/22 del 29 novembre 2022 che ha respinto il ricorso contro quella ordinanza, la Corte di cassazione ha fatto menzionato la sentenza del Consiglio di Stato;
che anche la relazione del 29 luglio 2022, a firma dell’ ing. NOME COGNOME fu depositata in allegato a una memoria difensiva del 10 novembre 2022 e la sentenza n. 49499/22 dà conto del deposito di questa memoria.
Secondo l’ordinanza impugnata a ciò deve aggiungersi che (come anche la Corte di cassazione ha rilevato nella sentenza del 29 novembre 2022), la decisione del TAR (divenuta esecutiva a seguito della decisione del Consiglio di Stato) non aveva ad oggetto la legittimità del permesso a costruire in sanatoria n. 72/2020 e, pertanto, non contrasta con la disapplicazione di questo provvedimento già compiuta dal giudice dell’esecuzione penale con l’ordinanza del 28 gennaio 2022.
L’ordinanza impugnata ricorda che la sanatoria degli abusi edilizi idonea a
determinare la revoca dell’ordine di demolizione previsto dall’art. 31 d.P.R. n. 380/2011 è solo quella rispondente alle condizioni indicate dall’art. 36 del medesimo decreto «che richiede anche la doppia conformità delle opere alla disciplina urbanistica vigente sia al momento della realizzazione del manufatto, sia al momento della presentazione della domanda di permesso in sanatoria» (così, testualmente, pag. 9). Sostiene, in sintesi, che la difesa non avrebbe allegato, a sostegno della nuova istanza, fatti nuovi e diversi rispetto a quelli anteriormente valutati.
4. Così argomentando, l’ordinanza impugnata sembra ignorare che «anche in tema di incidente di esecuzione, il ricorso per cassazione non può devolvere questioni diverse da quelle proposte con la richiesta e sulle quali il giudice di merito non è stato chiamato a decidere» (Sez. 1, n. 9780 del 11/01/2017, COGNOME, Rv. 269421; Sez. 1, Sentenza n. 41836 del 09/06/2023, COGNOME, Rv. 285124). Questo principio ha rilevanza nel caso in esame, perché rende evidente che la Corte di cassazione chiamata a decidere sul ricorso proposto contro l’ordinanza del 28 gennaio 2022, pur avendo doverosamente dato atto della documentazione prodotta dalla difesa, non poteva tenere conto ai fini della decisione di quella documentazione, successiva alla pronuncia del provvedimento sul quale era stata chiamata a pronunciarsi.
Il dato emerge evidente da una attenta lettura della sentenza n. 49499 del 29 novembre 2022, nella quale è scritto (pag. 7): «Non coglie nel segno, poi, la censura difensiva che lamenta la mancata considerazione da parte del Giudice dell’esecuzione della sentenza del T.A.R. Campania-Napoli del 27/11/2019 n. 449; tale sentenza, con la quale si annullavano le delibere i provvedimenti di acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’immobile e dell’area di sedime emessi dal Comune di Caserta in data 12 e 19 marzo 2019, ordinando al Comune di esaminare l’istanza di accertamento di conformità del 25/5/2018, peraltro compiutamente esaminata nel provvedimento impugnato, non solo non era passata in giudicato al momento della decisione impugnata, ma non aveva ad oggetto la legittimità del permesso di costruire in sanatoria n. 72 del 16.11.2020, provvedimento emesso successivamente a tale pronuncia».
Si deve osservare allora:
che l’ordinanza pronunciata dal Giudice dell’esecuzione il 28 gennaio 2022 (confermata dalla Corte di cassazione) ha disapplicato il permesso a costruire in sanatoria n. 72 del 16 novembre 2020 perché la relativa istanza era stata proposta da soggetto non legittimato e, dunque, il permesso era stato rilasciato a favore di un soggetto non più proprietario dell’immobile, acquisito di diritto al patrimonio comunale;
che la sentenza del TAR ha annullato i provvedimenti con i quali il Comune di Caserta ha disposto l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’immobile abusivo;
che l’appello proposto dal Comune di Caserta contro la sentenza del TAR è stato dichiarato improcedibile per carenza di interesse atteso che, dopo aver depositato l’atto di appello, l’amministrazione appellante ha rilasciato a favore della COGNOME (e dei figli NOME e NOME COGNOME) il permesso a costruire in sanatoria n. 72/2020;
che, passata in giudicato la sentenza del Consiglio di Stato, la sentenza del TAR è divenuta definitiva e ciò è avvenuto in un momento successivo alla conclusione del primo incidente di esecuzione;
che, come emerso dalla istruttoria disposta dal Consiglio di Stato, le opere sanate coincidono con quelle oggetto della controversia aperta di fronte al giudice amministrativo;
che il permesso a costruire in sanatoria n. 72 del 16 novembre 2020 è stato rilasciato perché il TAR Campania aveva indicato «come effetto conformativo» della propria sentenza «l’obbligo del Comune di Caserta di esaminare l’istanza di accertamento di conformità proposta dalla De Nuptiis il 25 maggio 2018;
che, come attestato nel permesso a costruire in sanatoria, l’intervento oggetto dell’istanza era stato realizzato «a partire dal 1993 , la disciplin urbanistica e edilizia vigente al momento della realizzazione dell’abuso la medesima di quella vigente al momento del rilascio» ed era quindi «verificato il requisito della doppia conformità».
Alla luce delle considerazioni svolte, il fatto che la sentenza del Consiglio di Stato e la relazione dell’ ing. COGNOME fossero state prodotte alla Terza Sezione penale della Cassazione, chiamata a decidere sul ricorso proposto avverso l’ordinanza pronunciata dal Giudice dell’esecuzione il 28 gennaio 2022, non comporta affatto che di questi documenti si sia tenuto conto ai fini della decisione.
Quanto alla relazione dell’ ing. COGNOMEdalla quale risulta che le opere assentite in sanatoria sono le stesse per le quali il Comune aveva emesso le ingiunzioni a demolire annullate dal TAR), si deve ricordare che il documento reca la data del 29 luglio 2022, è stato protocollato il 3 agosto 2022 e, pertanto, è certamente successivo all’ordinanza del 28 gennaio 2022 con la quale fu respinta la precedente istanza di revoca dell’ordine di demolizione. Il documento dedotto a sostegno della nuova istanza, dunque, è a tutti gli effetti un elemento nuovo che il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto valutare nel merito; e tale carattere di novità non viene meno sol perché quel documento fu prodotto alla Corte di cassazione, chiamata a decidere sul ricorso proposto contro l’ordinanza del 28
gennaio 2022. Come chiarito, infatti, di quel documento, la Corte di legittimità non tenne conto ai fini della decisione e neppure avrebbe potuto farlo.
A ciò deve aggiungersi che il passaggio in giudicato della sentenza del Consiglio di Stato, e il conseguente passaggio in giudicato della sentenza del TAR, si sono verificati in epoca successiva alla pronuncia della sentenza della Corte di cassazione del 29 novembre 2022 e questo dato costituisce indubbiamente una novità che il giudice investito della nuova richiesta non poteva astenersi dal valutare. Ed invero, nel precedente giudizio di esecuzione, il permesso a costruire in sanatoria è stato disapplicato perché rilasciato in favore di soggetto non legittimato e tale difetto di legittimazione conseguiva, di diritto, all’acquisizio dell’immobile abusivo al patrimonio comunale conseguente all’inottemperanza delle ingiunzioni a demolire. Con la nuova istanza, la ricorrente rileva che i provvedimenti con i quali il Comune di Caserta ha formalmente disposto l’acquisizione dell’immobile abusivo al suo patrimonio sono stati dichiarati illegittimi con sentenza ormai definitiva e chiede al giudice dell’esecuzione di valutare se, alla luce della decisione irrevocabile del giudice amministrativo, l’ordine di demolizione emesso in esecuzione della sentenza penale passata in giudicato sia ancora compatibile col provvedimento di sanatoria, adottato dal Comune dopo aver valutato l’istanza della De Nuptiis (valutazione alla quale la decisione del TAR lo aveva obbligato).
Per quanto esposto, l’ordinanza impugnata deve essere annullata e gli atti devono essere trasmessi al giudice dell’esecuzione competente, che dovrà decidere sulle richieste di sospensione e di revoca dell’esecuzione dell’ordine di demolizione tenendo conto degli elementi nuovi addotti a sostegno della istanza ed esaminando, alla luce di questi elementi, i rapporti tra l’ordine di demolizione emesso in sede penale e i provvedimenti concorrenti della Pubblica Amministrazione.
Si rammenta in proposito che, se un ordine di demolizione conseguente ad una condanna penale risulta incompatibile con situazioni di fatto o giuridiche sopravvenute, la revoca di quell’ordine è sempre astrattamente possibile perché si tratta di una statuizione sanzionatoria giurisdizionale, che, avendo natura amministrativa, non è suscettibile di passare in giudicato; e, tuttavia, perché ciò si verifichi, l’ordine di demolizione impartito dal giudice con la sentenza di condanna deve risultare del tutto incompatibile «con atti amministrativi della competente autorità, che abbiano conferito all’immobile una diversa destinazione o ne abbiano sanato l’abusività, fermo restando il potere-dovere del giudice dell’esecuzione di verificare la legittimità dell’atto concessorio sotto il duplic profilo della sussistenza dei presupposti per la sua emanazione e dei requisiti di
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P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia, per nuovo giudizio, al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere.
Così deciso il 4 dicembre 2024
Il Consi GLYPH r ere -estensore
Il Presidente