Revoca Misure Alternative: La Cassazione Conferma la Decisione del Tribunale di Sorveglianza
L’ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Settima Penale, del 23 maggio 2024, affronta un tema cruciale nell’ambito dell’esecuzione della pena: la revoca misure alternative alla detenzione, come la semilibertà. Questa pronuncia ribadisce i principi fondamentali che guidano la valutazione del giudice di sorveglianza nel decidere se un detenuto sia ancora meritevole di beneficiare di un percorso di reinserimento esterno al carcere, sottolineando come la condotta complessiva del soggetto sia l’elemento cardine di tale giudizio.
I Fatti del Caso: Dalla Semilibertà alla Revoca
Il caso ha origine dal ricorso presentato da un detenuto avverso l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Perugia. Quest’ultimo aveva deciso di revocare la misura della semilibertà precedentemente concessa al ricorrente. La decisione del Tribunale si fondava su una valutazione negativa del comportamento del detenuto, il quale, attraverso una serie di violazioni delle prescrizioni e una generale refrattarietà ai controlli, aveva dimostrato di non essere più idoneo a beneficiare della misura alternativa. Il detenuto, non accettando tale decisione, ha proposto ricorso per cassazione, presentando una memoria difensiva con una propria versione dei fatti.
La Decisione della Corte di Cassazione sulla Revoca Misure Alternative
La Suprema Corte ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. Di conseguenza, la decisione del Tribunale di Sorveglianza di Perugia è stata confermata in via definitiva. La Corte non solo ha respinto le argomentazioni del ricorrente, ma lo ha anche condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa decisione consolida il provvedimento di revoca, rendendo impossibile per il detenuto continuare a usufruire della semilibertà.
Le Motivazioni della Sentenza
Le motivazioni alla base della decisione della Cassazione sono chiare e si articolano su più punti. In primo luogo, la Corte ha ritenuto che la valutazione del Tribunale di Sorveglianza fosse corretta, logica e priva di errori nell’applicazione della legge penitenziaria. Il giudice di merito aveva esaminato attentamente tutti gli elementi a disposizione, comprese le giustificazioni fornite dal detenuto nella sua memoria difensiva, giungendo a una conclusione motivata e congrua.
Un punto centrale della motivazione è il richiamo a un principio giurisprudenziale consolidato (in particolare, la sentenza n. 33287/2013), secondo cui la valutazione per la concessione, il mantenimento o la revoca delle misure alternative deve basarsi su un’analisi complessiva della condotta del condannato, sia quella antecedente sia quella successiva alla commissione dei reati per cui sta scontando la pena. Questo approccio prognostico è fondamentale per stabilire l’affidabilità del soggetto e le sue reali possibilità di reinserimento sociale.
Infine, la Corte ha sottolineato come il ricorso presentato fosse di natura ‘eminentemente rivalutativa’. In altre parole, il ricorrente non ha evidenziato errori di diritto o vizi logici nella decisione del Tribunale, ma si è limitato a riproporre le proprie giustificazioni, chiedendo di fatto alla Cassazione una nuova e diversa valutazione dei fatti. Questo tipo di istanza esula dalle competenze della Corte di Cassazione, il cui compito è verificare la corretta applicazione della legge, non riesaminare il merito delle prove.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
La pronuncia in esame rafforza un principio fondamentale del diritto dell’esecuzione penale: la fiducia accordata attraverso una misura alternativa non è incondizionata. La revoca misure alternative è una conseguenza diretta e legittima quando il comportamento del condannato dimostra in modo inequivocabile la sua inaffidabilità e l’incapacità di rispettare le regole del patto fiduciario con lo Stato. L’ordinanza serve da monito sul fatto che il percorso di reinserimento richiede coerenza, responsabilità e rispetto delle prescrizioni.
Dal punto di vista processuale, la decisione ribadisce che il ricorso per cassazione non è una terza istanza di merito. Gli avvocati e i loro assistiti devono concentrare le proprie doglianze su specifici vizi di legittimità, senza sperare in una semplice riconsiderazione dei fatti già vagliati dai giudici delle fasi precedenti. Questa ordinanza, pertanto, consolida il potere discrezionale, ma sempre motivato, del Tribunale di Sorveglianza nel valutare l’idoneità del condannato a percorsi esterni al carcere, ponendo l’accento sulla serietà e la concretezza del percorso rieducativo.
In quali circostanze può essere revocata una misura alternativa come la semilibertà?
La semilibertà può essere revocata quando il comportamento del detenuto, caratterizzato da reiterate violazioni delle prescrizioni e da un atteggiamento refrattario ai controlli, dimostra la sua inidoneità a proseguire con la misura. La valutazione si basa sull’intera condotta della persona, sia prima che dopo i reati per cui è in esecuzione di pena.
È sufficiente proporre una versione alternativa dei fatti per contestare in Cassazione la revoca di una misura?
No, non è sufficiente. Il ricorso in Cassazione deve contestare vizi logici o errori di diritto nella decisione impugnata. Non può limitarsi a riproporre giustificazioni o a chiedere una diversa valutazione dei fatti già esaminati dal Tribunale di Sorveglianza, in quanto la Cassazione non è un giudice di merito.
Quali sono le conseguenze se un ricorso viene dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la conferma definitiva del provvedimento impugnato (in questo caso, la revoca della semilibertà) e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22792 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22792 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 22/02/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di PERUGIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
EsamiNOME il ricorso proposto avverso l’ordinanza del 22 febbraio 2024, con la quale il Tribunale di sorveglianza di Perugia revocava la misura della semilibertà già concessa al detenuto NOME COGNOME;
Ritenuto che il Tribunale di sorveglianza di Perugia, invero, valutava correttamente gli elementi risultanti agli atti, con una motivazione congrua e priva di erronea applicazione della legge penitenziaria, richiamando tutte le violazioni alle prescrizioni e le reiterate condotte che hanno mostrato la sua refrattarietà ai controlli, non mancando di prendere in esame dettagliatamente la descrizione alternativa dei fatti, proposta dal COGNOME nella sua memoria difensiva;
che deve considerarsi valido ai fini del mantenimento e della revoca delle misure alternative alla detenzione il principio, affermato ai fini della concessione e secondo cui non si può prescindere dal vaglio della condotta del condanNOME, antecedente e susseguente alla commissione dei reati in espiazione, in funzione della valutazione prognostica delle misure alternative alla detenzione, di volta in volta, richieste (Sez. 1, n. 33287 dell’11/06/2013, COGNOME, Rv. 257001 – 01);
che, a fronte di un giudizio scevro da vizi logici e saldamente ancorato alle emergenze procedimentali, il ricorrente replica svolgendo considerazioni di portata eminentemente rivalutativa, riproponendo giustificazioni già sottoposte al Tribunale di sorveglianza e da questa autorità valutate nel provvedimento impugNOME con argomenti con i quali il ricorso non si confronta;
Per queste ragioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna dei ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q..M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
I
iConsigliere estensore
Così deciso il 23 maggio 2024
Il Presidente