Revoca Misure Alternative: La Cassazione Conferma il Divieto di Nuove Concessioni
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale in materia di esecuzione della pena, relativo alla revoca misure alternative alla detenzione. Quando un beneficio come l’affidamento in prova viene revocato a causa del comportamento del condannato, la legge crea una barriera invalicabile all’accesso ad altre misure simili. Questo caso offre un chiaro esempio della preclusione automatica stabilita dall’art. 58-quater dell’Ordinamento Penitenziario, sottolineando come la violazione delle condizioni imposte comporti conseguenze definitive.
I Fatti del Caso
Il caso in esame riguarda un individuo che, dopo aver ottenuto l’affidamento in prova al servizio sociale, ha subito la revoca di tale misura a causa di comportamenti non conformi alle prescrizioni. Successivamente, lo stesso soggetto ha presentato un’istanza al Tribunale di Sorveglianza per ottenere la concessione di un’altra misura alternativa, la detenzione domiciliare.
Il Tribunale di Sorveglianza, in prima istanza, ha dichiarato l’istanza inammissibile, basando la propria decisione su una specifica norma dell’Ordinamento Penitenziario. Ritenendo errata tale decisione, il condannato ha proposto ricorso per Cassazione, sperando di ottenere un riesame della sua richiesta.
La Decisione della Corte e la revoca misure alternative
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in commento, ha respinto il ricorso, dichiarandolo “manifestamente infondato”. Gli Ermellini hanno confermato in toto la decisione del Tribunale di Sorveglianza, senza lasciare spazio a interpretazioni alternative. La pronuncia sottolinea come la questione non presenti profili di complessità, ma si risolva nella semplice e diretta applicazione di una norma di legge chiara e inequivocabile. La conseguenza per il ricorrente è stata non solo la conferma del diniego, ma anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: L’Applicazione Rigorosa dell’Art. 58-quater
Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione e applicazione dell’articolo 58-quater, comma 2, della Legge n. 354/1975 (Ordinamento Penitenziario). Questa norma stabilisce un divieto assoluto di concessione dell’affidamento in prova, della detenzione domiciliare e della semilibertà quando il condannato abbia già subito la revoca di una di queste misure.
La Corte ha evidenziato che la situazione del ricorrente rientrava esattamente in questa fattispecie. Avendo subito la revoca dell’affidamento in prova, si era attivato automaticamente il meccanismo preclusivo previsto dalla legge. Pertanto, la sua successiva richiesta di detenzione domiciliare non poteva essere accolta, né tantomeno discussa nel merito. La norma non lascia alcuna discrezionalità al giudice: la revoca passata funge da impedimento oggettivo per il futuro. La decisione del Tribunale di Sorveglianza, quindi, non è stata altro che una corretta e doverosa applicazione del chiaro disposto normativo.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Preclusione
Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso e serve da monito sulle conseguenze della violazione delle prescrizioni legate alle misure alternative. La revoca misure alternative non è un semplice incidente di percorso nel cammino esecutivo della pena, ma un evento che preclude definitivamente l’accesso ad altri benefici della stessa natura. Il legislatore ha inteso legare la concessione di queste misure a un patto di fiducia con il condannato, la cui violazione comporta la perdita irrevocabile di ulteriori opportunità. Per i condannati, ciò significa che l’adesione al programma di trattamento è essenziale non solo per il buon esito della misura in corso, ma anche per non compromettere il proprio futuro percorso di reinserimento sociale.
È possibile ottenere la detenzione domiciliare dopo che l’affidamento in prova è stato revocato?
No, secondo la decisione in esame, l’art. 58-quater, comma 2, della Legge 354/75 stabilisce un divieto esplicito. La revoca di una misura alternativa come l’affidamento in prova preclude la concessione successiva di altre misure come la detenzione domiciliare.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché manifestamente infondato. Il Tribunale di Sorveglianza aveva correttamente applicato la legge, e non c’erano margini per una diversa interpretazione, rendendo l’impugnazione priva di qualsiasi fondamento giuridico.
Quali sono le conseguenze per il ricorrente?
Oltre alla conferma del diniego della detenzione domiciliare, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, a causa dell’inammissibilità del suo ricorso.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5339 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5339 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 28/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
DI NOME COGNOME nato a ROSOLINI il 13/09/1976
avverso il decreto del 30/07/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Visti gli atti ed il provvedimento impugnato;
esaminato il ricorso proposto, per il tramite del difensore, da NOME COGNOME e letta la memoria difensiva depositata;
ritenuto che il ricorso risulta manifestamente infondato, avendo il Presidente del Tribunale di sorveglianza di Catania, nel dichiarare inammissibile l’istanza di detenzione domiciliare, fatto corretta applicazione del chiaro disposto dell’art. 58-quater, comma 2, L. nr. 354/75, che stabilisce il divieto di applicazione dell’affidamento in prova servizio sociale, della detenzione domiciliare e della semilibertà, quando il condannato abbia subito la revoca di quella precedentemente applicatagli: in tale situazione versava certamente il COGNOME, il quale aveva subito, il 22/11/2023, la revoca dell’affidamento in prova ordinario;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 28/11/2024