Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 19763 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 19763 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
GIURASTANTE NOME NOME NOME GUARDIAGRELE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/04/2023 della CORTE APPELLO di L’AQUILA visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; letta la relazione del PG, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo la declaratoria d’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in preambolo, la Corte d’appello dell’Aquila ha confermato la decisione con cui il Tribunale di Chieti, in data 13 gennaio 2022, ha ritenuto NOME COGNOME responsabile dei reati di violazione delle prescrizioni della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza e di furto aggravato, limitandosi a ridurre la pena allo stesso inflitta a un anno e sei mesi di reclusione ed euro 600,00 di multa.
Ricorre per cassazione l’imputato, con atto a firma del difensore, AVV_NOTAIO, e deduce violazione dell’art. 75 d. Igs. n. 159 del 2011 e vizio di motivazione riguardo l’omessa valutazione delle argomentazioni difensive tese ad affermare l’incidenza della disposta revoca della misura di prevenzione sull’irrilevanza penale della contestata inosservanza.
Erroneamente – giusta la tesi del ricorrente – la Corte di appello avrebbe ritenuto che la revoca della misura di prevenzione è stata disposta con efficacia ex nunc, trattandosi al contrario d’insussistenza originaria dei presupposti per la sua applicabilità.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, intervenuto con requisitoria scritta depositata in data 15 novembre 2023, ha chiesto la declaratoria d’inammissibilità del ricorso.
CONDIDEFtATO :IEN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile poiché deduce una censura non consentitasiccome reiterativa d’identica doglianza adeguatamente vagliata e superata dai giudici di merito – e, comunque, manifestamente infondata.
Questa Corte si è, invero, già espressa sul tema prospettato dal ricorrente ed ha condivisibilmente affermato che «La revoca del decreto di applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale, pronunciata dal giudice, non per difetto originario, ma per cessazione del requisito di pericolosità sociale del proposto, non esclude la sussistenza ab origine degli elementi in base ai quali la misura è stata adottata, con la conseguenza che non comporta la cessazione retroattiva degli effetti del provvedimento applicativo e quindi non rende penalmente irrilevanti le condotte di inosservanza degli obblighi tenute dal proposto anteriormente alla revoca» (Sez. 5, n. 17352 del 20/01/2020, COGNOME, Rv. 279172; si veda anche Sez. 5, n. 3057 del 05/10/1993, COGNOME, Rv. 196289).
La revoca o la modifica del provvedimento con il quale è disposta la misura di prevenzione, invero, presuppone la cessazione o la modifica della causa che ne ha determiNOME l’emanazione. Il sopraggiungere di elementi – quali la buona condotta, l’ottemperanza agli obblighi, l’assunzione di lavoro stabile – indicative del riadattamento sociale e della cessazione della pericoilosità del soggetto legittimano, pertanto, la revoca della misura di prevenzione, ma non escludono la sussistenza ab origine degli elementi in base ai quali la misura di prevenzione è stata adottata.
Non vi è dubbio, pertanto, che in caso di accertato difetto ab origine delle condizioni di applicazione della misura, la revoca dispieghi efficacia retroattiva e, conseguentemente, resta priva di rilievo penale l’inosservanza agli obblighi con la medesima imposti. Diverso è, invece, il caso in cui la revoca intervenga non già per il difetto genetico delle condizioni legittimanti l’applicazione della misura bensì alla stregua della successiva valutazione di perdurante permanenza delle medesime condizioni.
Nel caso in esame, la riscontrata inosservanza alla misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno è stata accertata il 15 settembre 2017, mentre il provvedimento dì revoca è sopravvenuto 1’8 novembre 2017, con conseguente rilevanza penale della condotta’ come correttamente ritenuto nella sentenza impugnata.
I giudici di merito, infatti, a fronte delle argomentazioni difensive secondo le quali il provvedimento di revoca avrebbe avuto efficacia ex tune, hanno chiarito, con motivazione scevra da fratture logiche (p. 5 della sentenza di primo grado e p. 4 della sentenza impugnata) che la lettura del provvedimento imponeva di ritenere che la revoca era giustificata dall’essere venuto meno il requisito dell’attualità della pericolosità sociale.
Con tali argomentazioni il ricorso non si confronta e torna a prospettare la medesima tesi alternativa, sulla scorta di un’insussistente equivocità del provvedimento di revoca.
Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – per i profili di colpa connessi all’irritualità dell’impugnazione (Corte cost. n. 186 del 2000) – di una somma in favore della Cassa delle ammende che si stima equo determinare, in rapporto alle questioni dedotte, in euro tremila.
P.Q.M .
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna COGNOME ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa d ammende.
Così deciso il 1° dicembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente