Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 9424 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 9424 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PISTICCI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 08/02/2023 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di TARANTO visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo, cori requisitoria scritta, l’annullamento del provvedimento impugnato, con rinvio per nuove giudizio.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa in data 08 febbraio 2023 la Corte di appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, confermando la sentenza emessa in data 03 marzo 2022 dal Tribunale di Taranto, ha condannato NOME COGNOME alla pena di un anno, un mese e dieci giorni di reclusione per il reato di cui agli artt. 99 cod.pen. e 75, comma 2, d.lgs. n. 159/2011 commesso in data 06/11/2021.
Il Tribunale di Taranto aveva ritenuto il COGNOME colpevole del predetto reato perché, essendo sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno in Pisticci, era stato sorpreso in Taranto, essendosi allontanato dal luogo di soggiorno senza motivo e senza alcuna autorizzazione. L’imputato aveva dimostrato l’avvenuta revoca di un diverso decreto applicativo della misura di prevenzione, per la mancanza dei requisiti, ma quello violato, il n. 30/2021 emesso il 16/09/2021, era in vigore alla data del fatto, in quanto l’impugnazione proposta contro di esso era stata rigettata dalla Corte di appello di Potenza, anche se con decisione non definitiva.
La Corte di appello ha respinto il motivo di impugnazione relativo all’assenza dei presupposti per l’applicazione della misura di prevenzione. L’imputato sosteneva l’assenza originaria della pericolosità sociale basandosi su due sentenze della Corte di cassazione che avevano annullato un diverso e precedente decreto applicativo, mentre il decreto violato, recante il n. 30/2021, era stato confermato dalla Corte di appello di Potenza. L’imputato ha depositato la sentenza della Corte di cassazione che ha annullato tale ultimo provvedimento, disponendo il rinvio per nuovo giudizio alla medesima Corte di appello, ma questa non risulta avere provveduto sul punto, e il decreto applicativo non risulta, perciò, mai annullato.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso NOME COGNOME, per mezzo del suo difensore AVV_NOTAIO, articolando un unico motivo, con il quale denuncia la violazione di legge e il vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod.proc.pen.
La Corte di appello di Lecce ha confermato la condanna affermando che la pronuncia della Corte di cessazione, di annullamento della sentenza che ha rigettato l’impugnazione proposta contro il decreto applicativo, è irrilevante perché ha annullato solo la sentenza emessa dalla Corte di appello di Potenza e non il decreto stesso. Tale affermazione è errata perché la Corte di cassazione, nella sua sentenza, ha rilevato l’insussistenza originaria del requisito della pericolosità sociale del COGNOME: è stata quindi già dichiarata la mancanza dei presupposti applicativi della misura di sicurezza, ed essa avrebbe dovuto essere
ritenuta caducata con effetto ex tunc, avendo quella sentenza, di fatto, annullato il decreto applicativo stesso e comunque privato il medesimo della sua efficacia, come incidentalmente affermato dalla sentenza Sez. U, n. 4443/2005, COGNOME.
Il Procuratore generale ha chiesto, con requisitoria scritta, l’annullamento della sentenza, con rinvio per nuovo giudizio al fine di effettuare gli accertamenti sulla pericolosità sociale del proposto richiesti dalla sentenza n. 41783/2022 della Corte di cassazione, che ha rinviato per una nuova decisione sulla sussistenza dei requisiti per l’applicazione della misura di sicurezza.
Il difensore ha depositato conclusioni scritte, insistendo per l’accoglimento del ricorso e allegando il provvedimento con cui la Corte di appello di Potenza, sezione Misure di prevenzione, con provvedimento emesso in data 14 luglio 2023, divenuto irrevocabile in data 12 settembre 2023, ha revocato il decreto applicativo n. 30/2021.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato, quanto alle affermazioni contenute nell’unico motivo, ma la decisione sopravvenuta, di revoca del decreto n. 30/2021 applicativo della misura di prevenzione, impone l’annullamento della sentenza di condanna per la violazione delle sue prescrizioni.
L’affermazione del ricorrente, secondo cui la sentenza n. 41783/2022 con la quale la Corte di cassazione ha disposto un nuovo giudizio in merito alla legittimità del decreto n. 30/2021, quanto alla sussistenza dei presupposti per ritenere il proposto socialmente pericoloso, è errata. GLYPH L’art. 10 d.lgs. n. 159/2011 stabilisce, infatti, che il ricorso avverso il decreto applicativo non ha effetto sospensivo. Pertanto ogni decisione relativa al suo annullamento, se non definitiva, non può determinarne la caducazione, e neppure sospenderne gli effetti: correttamente, quindi, la sentenza impugnata ha ritenuto sussistente il reato contestato, avendo il ricorrente violato una misura di prevenzione vigente ed efficace.
Secondo la Corte di cassazione, infatti «Nel procedimento per l’applicazione di misure di prevenzione personali, il giudice di appello, dinanzi al quale sia stato impugnato il decreto applicativo della misura di prevenzione delle sorveglianza speciale, non ha il potere di disporre la sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato» (Sez. 5, n. 10520 del 14/02/2018, Rv. 272562).
Anche qualora il decreto applicativo della misura di prevenzione venga revocato, poi, da tale decisione non deriva automaticamente l’esclusione della rilevanza penale delle violazioni delle sue prescrizioni commesse prima della pronuncia di revoca, in quanto «La revoca del decreto di applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale, pronunciata dal giudice non per difetto originario, ma per cessazione del requisito di pericolosità sociale del proposto, non esclude la sussistenza “ah origine” degli elementi in base ai quali la misura è stata adottata, con la conseguenza che non comporta la cessazione retroattiva degli effetti del provvedimento applicativo e quindi non rende penalmente irrilevanti le condotte di inosservanza degli obblighi tenute dal proposto anteriormente alla revoca» (Sez. 5, n. 17352 del 20/01/2020, Rv. 279172). Qualora la revoca del decreto sia pronunciata, invece, per la mancanza sin dall’origine dei presupposti applicativi della misura di prevenzione, opera il diverso principio, secondo cui «La revoca del decreto di sottoposizione ad una misura di prevenzione, pronunciata dal giudice per difetto originario di pericolosità sociale, rende penalmente irrilevante con efficacia “ex tunc” i comportamenti d’inosservanza agli obblighi, con la conseguente immediata declaratoria, ex art. 129 cod. proc. pen., di assoluzione per l’insussistenza del fatto» (Sez. 1, n. 44601 del 11/11/2008, Rv. 241911)
Nel presente caso è intervenuto un provvedimento di revoca del decreto n. 30/2021, applicativo della misura di prevenzione a carico del ricorrente, emesso in data 14 luglio 2023 dalla Corte di appello di Potenza, sezione Misure di prevenzione, e divenuto definitivo in data 12 settembre 2023. Occorre pertanto verificare con attenzione se la revoca sia stata pronunciata ex tunc, con l’effetto di caducare sin dall’inizio gli effetti della misura e la rilevanza pena della violazioni alle prescrizioni con essa stabilite, o se sia stata pronunciata solo per la sopravvenuta cessazione del requisito della pericolosità sociale.
Il provvedimento in questione motiva la revoca del decreto applicativo con la seguente espressione: «Ritiene la Corte che siano venuti meno i presupposti per ravvisare a carico di NOME COGNOME lo stato di pericolosità sociale per la sicurezza e la tranquillità pubblica, ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. c) d.lgs. n 6 settembre 2011, n. 159». Nel corpo dell’atto, però, i giudici precisano, conformandosi alla sentenza rescindente n. 41783/2022 di questa Corte, che i reati sui quali è basata la valutazione della pericolosità sociale del ricorrente sono, per lo più, violazioni delle prescrizioni impostegli con un precedente decreto applicativo della misura di prevenzione, che in seguito è stato revocato con efficacia ex tunc, rendendo quindi prive di rilevanza penale dette violazioni, e
che i restanti reati non sono tali da farlo dichiarare dedito alla commissione di delitti che mettono in pericolo l’ordine e la sicurezza pubblici.
La Corte di appello di Potenza, pertanto, ha ritenuto che non sussistessero, ab origine, i presupposti per dichiarare il ricorrente socialmente pericoloso, non avendo egli commesso reati e tenuto condotte tali da poter ritenere che egli vivesse abitualmente con i proventi di attività delittuose, oppure fosse dedito alla commissione di reati che mettono in pericolo l’ordine e la sicurezza pubblici, dovendosi escludere, da questi ultimi, le violazioni alla misura di prevenzione successivamente revocata con effetto ex tunc.
Deve conseguentemente ritenersi, in applicazione del principio richiamato nel superiore paragrafo 2, che la revoca del decreto applicativo della misura di prevenzione n. 30/2021, pronunciata dalla Corte di appello di Potenza, renda penalmente irrilevante la violazione delle sue prescrizioni commessa in data 06/11/2021, e per la quale il ricorrente è stato condannato con la sentenza impugnata. Tale valutazione impone la immediata declaratoria della insussistenza del fatto, ai sensi dell’art. 1.29, comma 1, cod.proc.pen., ed il proscioglimento dell’imputato per tale motivo.
La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata senza rinvio, sussistendo una delle ipotesi previste dall’ari:. 620 cod.proc.pen.
P.Q.IM.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il fatto non sussiste.
Così deciso il 17 gennaio 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente