Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 6594 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2   Num. 6594  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a MILANO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 21/07/2023 del TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette/sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME
Il Proc. Gen. conclude per l’annullamento del provvedimento impugnato in relazione al capo 18 e alle esigenze cautelari di cui all’art.274 lett. a) c.p.p., con dichiarazione inammissibilità nel resto.
udito il difensore
L’avvocato COGNOME NOME del foro di MILANO in difesa di COGNOME COGNOME si riporta ai motivi di ricorso insistendo per l’accoglimento.
CONSIDERATO IN FATTO E RITENUTO IN DIRITTO
Il Tribunale di Napoli, sezione del riesame, ha rigettato l’appello avanzato nell’interesse di COGNOME, con conferma dell’ordinanza emessa in data 08/06/2023 dal Gip del Tribunale di Napoli, che aveva disposto l’applicazione della custodia cautelare in carcere anche nei confronti del COGNOME per i delitti oggetto di imputazione provvisoria (una associazione per delinquere tra professionisti e imprenditori finalizzata alla commissione di una pluralità di reati tributari, di reati contro il patrimonio e la pubblica amministrazione, con un articolato ricorso a fatture per operazioni inesistenti e meccanismi di frode transnazionale che interessavano le entrate fiscali di diversi paesi europei).
COGNOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del proprio difensore, deducendo motivi di ricorso che qui si riportano nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp.att. cod. proc. pen.
2.1.  GLYPH Violazione di norme processuali, nullità dell’ordinanza in relazione all’art. 280 cod. proc. pen.; la misura cautelare non poteva essere applicata in relazione al reato contestato di cui all’art. 326 cod. pen.
2.2.  GLYPH Violazione di norme processuali e vizio della motivazione in relazione agli art. 310, 648 e 649 cod. proc. pen.; l’ordinanza ha rigettato facendo proprie le motivazioni adottate dalla stessa sezione con ordinanza del 30/05/2023 relativa alla impugnazione ex art. 309 cod. proc. pen. per il solo capo 30); il richiamo al giudicato cautelare ha portato il Tribunale ad omettere una concreta disamina delle fonti dì prova evocate a sostegno dell’appello cautelare.
2.3. GLYPH Violazione di norme processuali e vizio della motivazione in relazione all’art. 274 cod. proc. pen.; il Tribunale ha motivato facendo richiamo alla sola produzione documentale del Pubblico Ministero – ovvero una sintetica relazione dell’amministratore giudiziario della società RAGIONE_SOCIALE ritenuta gestita dal COGNOME e un processo verbale di constatazione relativo a violazioni fiscali per gli anni 2019 e 2021 della Guardia di finanza – che comproverebbero la reiterata condotta illecita negli anni del ricorrente; le affermazioni, anche relative ad imprecisate intercettazioni e dichiarazioni di alcuni coindagati, che confermerebbero tali illecite attività, sono del tutto erronee, prive di qualsiasi fondamento probatori meramente assertive.
2.4.  GLYPH Violazione di norme processuali in relazione all’art. 274, lett. a) cod. proc. pen.; il Tribunale ha ritenuto unica misura adeguata la custodia in carcere in considerazione del pericolo per l’acquisizione e genuinità della prova; tale affermazione è del tutto erronea considerata la richiesta di giudizio immediato formulata dal pubblico ministero al giudice per le indagini preliminari in data 21/07/2023.
Il Procuratore generale ha concluso come in epigrafe indicato.
I motivi sono tutti strettamente connessi e possono essere trattati congiuntamente; il ricorrente ha, infatti, denunciato, con diverse formulazioni (violazione di legge, motivazione contraddittoria e illogica, violazione di norme processuali), la ricorrenza di motivazione sostanzialmente affetta da apparenza, illogicità, sebbene non manifesta, nonché erroneità, non avendo il Tribunale riscontrato la presenza di fatti nuovi che avrebbero potuto giustificare la revoca o la sostituzione della misura cautelare in atto a carico del COGNOME.
Ciò posto, la Corte deve in via preliminare richiamare il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo il quale il Tribunale del riesame in sede di appello non è tenuto a riesaminare la sussistenza delle condizioni legittimanti il provvedimento restrittivo, dovendosi limitare al controllo che l’ordinanza gravata sia giuridicamente corretta e adeguatamente motivata in ordine ad eventuali fatti nuovi, puntualmente allegati, preesistenti o sopravvenuti, idonei a modificare in modo apprezzabile il quadro probatorio o ad escludere la sussistenza di esigenze cautelari, ciò in ragione dell’effetto devolutivo dell’impugnazione e della natura autonoma del provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 45826 del 27/10/2021, COGNOME, Rv. 282292-01; Sez. 2, n. 18130 del 13/04/2016, COGNOME, Rv. 266676-01). La sua cognizione, quindi, non può superare i confini tracciati dai motivi, anche dalla natura del provvedimento impugnato, che è del tutto autonomo rispetto all’ordinanza genetica, non dovendo riesaminare la questione della sussistenza delle condizioni di applicabilità della misura, ma stabilire se il provvedimento gravato sia immune da violazioni di legge ed adeguatamente motivato in relazione all’eventuale allegazione di fatti nuovi, fermo restando il dovere di revocare la misura al venir meno delle condizioni di sua applicabilità (Sez. 6, n. 45826 del 27/10/2021, COGNOME, Rv. 282292-01; Sez. 2, n. 18130 del 13/04/2016, COGNOME, Rv. 26676-01; Sez. 3, n. 43112 del 07/04/2015, COGNOME, Rv. 265569-01; Sez. 1, n. 961 del 13/02/1996, Cotugno, Rv. 294696-01; Sez. 2, n. 1134 del 22/02/1995, COGNOME, Rv. 201863-01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il Tribunale del riesame ha fatto buon governo dei principi richiamati ed ha evidenziato con motivazione congrua, logicamente articolata, e del tutto priva di aporie, con la quale il ricorrente non si confronta, il quadro indiziario di riferiment attesa la mancanza di elementi con carattere di novità, tenuto conto delle allegazioni delle parti, che sono state compiutamente prese in considerazione, ritenndo tuttavia del tutto assente la possibilità di una revoca o sostituzione della misura cautelare. Quanto poi al primo motivo di ricorso, occorre osservare che non ricorre la lamentata violazione di legge, atteso che il nuovo titolo cautelare è intervenuto nell’ambito del medesimo procedimento (Sez. 3, n. 30719 del 18/09/2020, Bronte, Rv. 280019-01)
in presenza di altri validi titoli cautelari che determinano la permanenza e il mantenimento della misura (come evidenziato dallo stesso ricorrente). A fronte di dati chiari riportati dal Tribunale, quanto alla condotta contestata, alla provvista indiziaria del tutto univoca, al portato delle captazioni (pag. 2 e seg.), il ricorren si limita ad una mera reiterazione delle argomentazioni già introdotte in appello senza confrontarsi effettivamente con la decisione.
In tal senso occorre ricordare come questa Corte abbia già affermato, con principio che qui si intende ribadire che in tema di revoca o sostituzione di misure cautelari, a fronte della prospettata sopravvenienza, a sostegno della richiesta, di elementi nuovi, asseritamente modificativi di una situazione già precedentemente valutata dal giudice nel suo complesso, compito di quest’ultimo, ove non riconosca la novità o la decisività dei suddetti elementi, è solo quello di dare atto delle ragion giustificatrici di tale mancato riconoscimento, e non già quello di rinnovare l’intera motivazione riflettente l’esame di tutto il complesso delle risultanze di fatto già valutate in occasione di precedenti provvedimenti ( Sez. 3, n. 41185 del 20/10/2021, A., Rv. 282376-01). Nel caso in esame ha dato atto in modo ampio ed argomentato delle ragioni giustificatrici del mancato riconoscimento (pag.2 e 3).
È stata, in altri termini, correttamente rilevata l’assenza di ulteriori elementi di sicura valenza sintomatica quanto alla situazione oggetto di valutazione al momento dell’emissione della misura cautelare, tenuto conto altresì della particolare gravità delle condotte oggetto di contestazione, caratterizzata da pervicacia e realizzazione prolungata nel tempo, elemento questo particolarmente significativo anche quanto alla considerazione delle esigenze cautelari, per l’evidente pericolo di reiterazione, compiutamente valutato dal Tribunale in assenza di qualsiasi valida allegazione in senso contrario da parte della difesa, non potendosi in tal senso ritenere risolutiva la richiesta di giudizio immediato per come richiamata dalla difesa. In tal senso, occorre considerare come il Tribunale del riesame abbia correttamente applicato il principio, che qui si intende ribadire, secondo il quale gli elementi pe una valutazione di pericolosità possono trarsi anche solo da comportamenti o atti concreti – non necessariamente aventi natura processuale – in difetto di precedenti penali, o comportamenti concreti non necessariamente oggetto di accertamento giudiziario (Sez. 3, n. 36330 del 01/06/2019, COGNOME, Rv. 277613-01; Sez. 5, n. 5644 del 25/09/2014, Iov, Rv. 264212-01; Sez. 6, n. 6274 del 27/01/2016, COGNOME, Rv. 265961-01). Atti e comportamenti concreti analizzati in modo approfondito ed ampio dal Tribunale in relazione all’appello proposto.
Non ricorre dunque alcuna violazione di legge, né un vizio della motivazione tale da poter considerare la stessa apparente o assente, a fronte di una serie di doglianze che si caratterizzano oggettivamente per genericità, aspecificità
in mancanza di confronto con la motivazione e del tutto prive di allegazion supporto delle critiche articolate al provvedimento del Tribunale.
Il Tribunale ha correttamente applicato il principio affermato da giurisprudenza di legittimità secondo il quale solo la sopravvenienza di fatti può giustificare la rivalutazione di quelli già apprezzati e rendere possibile la e la modifica della misura applicata (Sez.1, n.19521 del 15/04/2010, COGNOME Rv. 247208-01: Sez. 5, n. 17896 del 09/01/2009, COGNOME, Rv. 243974-01; Sez. 1, n. 15906 del 19/01/2007, COGNOME, Rv. 236278-01).
10. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile e il ricor condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa de ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 -ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 17 novembre 2023.