Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 38759 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 38759 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/09/2024
sentenza
sul ricorso proposta da COGNOME NOME nato a Avellino il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del Tribunale del Riesame di Napoli in data 23/5/2024 visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; preso atto che il ricorrente è stato autorizzato alla trattazione orale in presenza; udita la requisitoria del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso; udite le conclusioni dell’AVV_NOTAIO difensore di COGNOME NOME, il quale ha chiesto l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’impugnata ordinanza il Tribunale di Bari rigettava l’appello proposto nell’interesse di COGNOME NOME, inteso alla revoca della misura cautelare dell’obbligo di dimora applicata al ricorrente in relazione al delitto di estorsione
aggravata ex art. 416 bis.1 c.p.
Il Collegio cautelare condivideva le considerazioni espresse dal Tribunale di Bari che aveva rigettato la richiesta di revoca della misura cautelare in ragione della insussistenza di elementi di novità rispetto alle considerazioni espresse nell’ordinanza impugnata. Il provvedimento fondava il rigetto sul rilievo che il mero decorso del tempo ed il buon comportamento tenuto dall’imputato, non escludevano la attualità e concretezza delle pericolo di reiterazione del reato pertanto, in mancanza di elementi di novità idonei a far ritenere non più sussistenti le esigenze cautelari, tenuto conto delle modalità del fatto nel caso concreto, della gravità della pena inflitta, del contributo fornito dall’indagato a RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE.
In conclusione il Tribunale riteneva la misura cautelare coercitiva ancora necessaria e adeguata a tutelare la collettività dal pericolo concreto di recidiva.
Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione l’indagato deducendo : violazione degli art. 274, co. 1, lett.c) c.p.p. e 299 c.p.p., nonché manifesta illogicità della motivazione per avere il collegio cautelare immotivatamente ritenuto immutato il quadro cautelare quando invece, secondo la difesa, l’indagato aveva dato prova di avere sempre rispettato le prescrizioni imposte durante l’imposizione delle misure e durante i vari permessi concessi sicchè era stato dimostrato il venir meno delle esigenze cautelari.
Aggiunge che il Tribunale si sarebbe limitato a rimarcare la gravità del reato, omettendo di dare rilievo al decorso di un lungo lasso di tempo ( oltre 8 anni dai fatti contestati) accompagnato, nel caso concreto, dalla puntuale osservanza delle prescrizioni imposte considerato che il ricorrente è stato autorizzato a recarsi al lavoro in un ampio contesto territoriale ed ha sempre rispettato la misura applicata il che escluderebbe il pericolo di recidiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché basato su motivi aspecifici, nel senso più volte chiarito da questa Corte, ovvero su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame ( Sez. 4. n. 256 del 18/9/1997 , Rv. 210157 ; Sez. 2 11951 del 29/1/2014,Rv. 259425).
Con riguardo alla perdurante sussistenza del rischio di recidiva, l’ordinanza impugnata ha reso un’esaustiva motivazione con la quale il ricorrente non si confronta in termini di puntualità censoria. I giudici di cautelari hanno rimarcato che il tempo trascorso è elemento, ex se, inidoneo a modificare il giudizio sulla
persistenza delle esigenze cautelari (Sez. 4, n. 5700 del 02/02/2016, Rv. 265949; Sez. 1, n. 19818 del 23/03/2018, Rv. 273139).
Deve ricordarsi che, in via AVV_NOTAIO, in tema di misure coercitive, la distanza temporale tra i fatti e il momento della decisione cautelare, giacché tendenzialmente dissonante con l’attualità e l’intensità dell’esigenza cautelare, comporta un rigoroso obbligo di motivazione sia in relazione a detta attualità sia in relazione alla scelta della misura (Sez. 4, 12 marzo 2015, n. 24478, Rv.263722). Si tratta, peraltro, di principi interpretativi che trovano applicazione anche nei casi – come quello qui in esame – in cui si controverte della sussistenza dell’attualità delle esigenze cautelari in sede di appello, perché il profil dell’attualità assume rilevanza anche in relazione alla permanenza dell’adeguatezza della misura applicata (in tal senso, sez. 1, 10 novembre 2015, n. 82/2016, rv. 265383).
In tale quadro si colloca l’ordinanza del Tribunale del riesame che ha motivato sull’attualità di un pericolo di reiterazione del reato di tale consistenza da richiedere il permanere della misura dell’obbligo dimora, necessaria per circoscrivere la libertà di movimento del ricorrente nell’ambito territoriale del Comune di residenza e monitorarne il comportamento per impedire la reiterazione di condotte analoghe a quelle contestate posto che al COGNOME è contestata una condotta connotata da estrema gravità: “il COGNOME forniva un solido contributo al RAGIONE_SOCIALE con la propria partecipazione alla condotta estorsiva espressiva del clima di assoggettamento del territorio da parte dell’emergente RAGIONE_SOCIALE; inoltre dai dialoghi captati è emerso che il prevenuto conosceva le dinamiche del RAGIONE_SOCIALE ed era perfettamente consapevole che la propria condotta si innescava in quel contesto RAGIONE_SOCIALE organizzato”.
E’ stata poi rimarcata l’allarmante personalità del COGNOME, alla luce del grave precedente penale a suo carico e della contiguità dimostrata con il RAGIONE_SOCIALE, per cui il Tribunale ha ritenuto irrilevanti ai fini del ven meno dell’attualità , il decorso del tempo (ancora del tutto congruo rispetto alla notevole gravità dei fatti ed alla severa pena inflitta) ed il “buon comportamento” tenuto nel corso della sottoposizione alla misura ( prima degli arresti domiciliari e poi dell’obbligo di dimora), il cui rilievo senza offrire in concreto apprezzabil elementi sopravvenuti, si risolve in sorta di petizione di principio, sprovvista di caratteri giustificativi della doglianza proposta.
Giova, in merito, ribadire il principio in materia di revoca o sostituzione delle misure, ex art. 299 comma primo e secondo che, agli effetti della mancanza o attenuazione delle condizioni della loro applicazione, giusta le disposizioni ex
art.274 cod. proc. pen. in tema di esigenze cautelari, il solo decorso del tempo in cui ha trovato applicazione la misura cautelare, in sè o accompagnato, da circostanze valide unicamente quale mero indice di assoluta normalità nella doverosa e puntuale osservanza delle prescrizioni, non è elemento significativo ed apprezzabile ai fini della revoca della misura predetta, con un mutamento sostanziale dello status libertatis dell’interessato, in difetto (come nella specie) di altri elementi offerti da comprovati fatti sopravvenuti o rivalutabili, certamente sintomatici e giustificativi di un mutamento della complessiva situazione inerente a detto status, tale da legittimare la revoca della misura per carenza o assoluta attenuazione delle esigenze cautelari (Sez. 6, n. 47819 del 24/11/2003, Rv. 227430; Sez. 3, n. 43113 del 15/09/2015, Rv. 265652; Sez. 2, n. 1858 del 09/10/2013, Rv. 258191).
Alla stregua delle considerazioni che precedono il ricorso va dichiarato inammissibile ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della casa delle ammende.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso in Roma il 20/9/2024
Il Consigliere est.
Il Presidente