Revoca Misura Alternativa: La Cassazione chiarisce i limiti
Le misure alternative alla detenzione rappresentano un pilastro del sistema penitenziario moderno, finalizzato al reinserimento sociale del condannato. Tuttavia, la loro concessione si basa su un patto di fiducia tra il detenuto e lo Stato. Quando questo patto viene violato, la revoca della misura alternativa diventa una conseguenza inevitabile. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione (Num. 23703/2024) offre un chiaro esempio di quando e perché tale revoca sia non solo possibile, ma doverosa.
I Fatti del Caso: Due Violazioni in Due Giorni
Il caso esaminato riguarda un detenuto ammesso al beneficio della semilibertà. La sua condotta ha però portato il Tribunale di Sorveglianza a riconsiderare la fiducia accordatagli. In particolare, sono stati contestati due episodi gravi avvenuti in rapida successione:
1. Aggressione e stato di alterazione: Al rientro in istituto, il soggetto ha avuto una discussione con un agente della polizia penitenziaria, arrivando a mettergli le mani sul petto e a tentare un’aggressione. In tale circostanza, l’agente ha inoltre riscontrato che il detenuto emanava odore di alcool.
2. Assenza ingiustificata: Il giorno precedente, durante un controllo dei Carabinieri, il detenuto non è stato trovato sul posto di lavoro e si è reso irreperibile, senza fornire alcuna giustificazione.
Questi eventi hanno spinto il Tribunale di Sorveglianza a revocare il beneficio concesso.
La Decisione del Tribunale e la Revoca Misura Alternativa
Il Tribunale di Sorveglianza di Lecce ha ritenuto che le violazioni commesse fossero di gravità tale da interrompere il percorso di reinserimento. L’aggressione a un pubblico ufficiale e l’evidente stato di alterazione alcolica, uniti all’inaffidabilità dimostrata con l’assenza dal lavoro, sono stati considerati elementi incompatibili con la prosecuzione della misura. La decisione del Tribunale, pertanto, è stata quella di disporre l’immediata revoca della misura alternativa della semilibertà.
L’Analisi della Corte di Cassazione sul Ricorso
Il condannato ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione. In sostanza, ha chiesto ai giudici di legittimità una nuova e diversa valutazione degli elementi di merito. La Suprema Corte, tuttavia, ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile.
I giudici hanno sottolineato un principio cardine del nostro ordinamento: la Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito. Il suo compito non è rivalutare i fatti, ma verificare che la decisione del giudice precedente sia immune da vizi logici e giuridici. Nel caso di specie, la motivazione del Tribunale di Sorveglianza è stata giudicata adeguata, coerente e priva di vizi.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha ritenuto che il Tribunale di Sorveglianza avesse correttamente ponderato la gravità delle condotte. Le violazioni delle prescrizioni non erano semplici infrazioni, ma comportamenti che minavano alla base la fiducia necessaria per il mantenimento di un beneficio penitenziario. L’appello del condannato, sollecitando una rivalutazione dei fatti, chiedeva alla Cassazione di svolgere un compito che non le compete. Per questo motivo, il ricorso è stato giudicato inammissibile, in quanto mirava a una (inammissibile) rivalutazione del merito degli elementi già coerentemente esaminati dal giudice a quo.
Le Conclusioni: Conseguenze della Revoca della Misura Alternativa
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia ribadisce un concetto fondamentale: le misure alternative non sono un diritto acquisito, ma un’opportunità concessa sulla base di un percorso trattamentale e di fiducia. Condotte come quelle esaminate dimostrano un’incompatibilità con la prosecuzione del beneficio e giustificano pienamente la revoca della misura alternativa, riportando il condannato al regime detentivo ordinario.
Per quali motivi può essere revocata una misura alternativa come la semilibertà?
Sulla base del provvedimento, la misura può essere revocata per gravi violazioni delle prescrizioni, come un’aggressione al personale penitenziario, lo stato di alterazione alcolica al rientro in istituto o l’assenza ingiustificata e l’irreperibilità dal posto di lavoro.
La Corte di Cassazione può riesaminare i fatti di un caso che ha portato alla revoca di una misura?
No. L’ordinanza chiarisce che la Corte di Cassazione non può effettuare una nuova valutazione dei fatti. Il suo compito è verificare la correttezza logica e giuridica della motivazione del provvedimento impugnato, non sostituire il proprio giudizio a quello del giudice di merito.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale e confermato nel caso di specie, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) alla Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23703 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23703 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a GALATINA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 13/02/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di LECCE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso e la ordinanza impugnata.
Rilevato che il ricorso è manifestamente infondato;
Considerato, infatti, che il provvedimento impugnato – con motivazione adeguata ed esente da vizi logici – ha confermato la revoca della misura alternativa della semilibertà a suo tempo concesso a NOME COGNOME, poiché egli la sera del 16 gennaio 2024 – al rientro in carcere – aveva avuto una discussione con un agente della polizia penitenziaria mettendogli le mani addosso all’altezza del petto per poi anche tentare di aggredirlo. Nell’occasione, come riferito dall’agente, il detenuto emanava odore di alcool;
Rilevato, inoltre, che il Tribunale di sorveglianza di Lecce ha dato risalto al fatto ch NOME il 15 gennaio 2024, nel corso di un controllo effettuato dai Carabinieri, non era stato trovato sul posto di lavoro e che nell’occasione si era reso irreperibile senz alcuna giustificazione;
Ritenuto, quindi, che il Tribunale di sorveglianza ha considerato tali violazioni delle prescrizioni di gravità tale da non consentire la prosecuzione della misura alternativa all detenzione sopra indicata;
Rilevato che il condannato rispetto a tale compiuto ragionamento svolto dal Tribunale di sorveglianza di Lecce, pur lamentando violazione di legge e vizio di motivazione, sollecita una differente (ed inammissibile) valutazione degli elementi di merito coerentemente esaminati dal giudice a quo per revocare il beneficio penitenziario in questione;
Ritenuto che il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, e che il ricorrente deve essere condannato, in forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e della somma, ritenuta congrua, di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non esulando profili di colpa nella presentazione del ricorso (Corte cost., sent. n. 186 del 2000);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 6 giugno 2024.