Revoca Misura Alternativa: Quando il Comportamento Complessivo Conta Più del Singolo Episodio
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nell’esecuzione della pena: la revoca misura alternativa. La decisione chiarisce che la valutazione del giudice non deve limitarsi ai singoli episodi di violazione, ma può e deve estendersi a un giudizio complessivo sulla condotta del soggetto, al fine di determinare l’utilità o meno della prosecuzione del percorso di reinserimento.
I Fatti del Caso
Un soggetto, ammesso a una misura alternativa alla detenzione, presentava ricorso in Cassazione contro l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza che ne aveva disposto la revoca. La decisione del Tribunale era motivata da una serie di comportamenti negativi tenuti dal condannato durante il periodo di prova.
Nello specifico, gli venivano contestati:
* Due incidenti stradali occorsi mentre era alla guida di un’ambulanza per un’associazione di volontariato.
* Due contravvenzioni per aver attraversato incroci con semaforo rosso.
* Assenze dal servizio non comunicate.
* Un comportamento assimilabile al mobbing nei confronti di un’altra dipendente dell’associazione.
Il ricorrente sosteneva che tali violazioni non fossero sufficientemente gravi da giustificare la revoca e che il Tribunale avesse erroneamente basato la sua decisione su una relazione proveniente dal ‘datore di lavoro’ (l’associazione di volontariato).
La Decisione della Corte sulla Revoca Misura Alternativa
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo gli argomenti proposti manifestamente infondati. I giudici di legittimità hanno sottolineato come la valutazione circa l’incompatibilità delle violazioni con la prosecuzione della misura sia connotata da ampi profili di discrezionalità da parte del giudice di sorveglianza.
Nel caso specifico, tale discrezionalità è stata esercitata in modo corretto e non illogico. Il Tribunale, infatti, non si è limitato a elencare le singole infrazioni, ma ha compiuto un’analisi più ampia. Ha evidenziato un atteggiamento generale superficiale, noncurante e irrispettoso del prossimo, che dimostrava l’assenza di una risposta positiva al percorso di rieducazione.
Le Motivazioni
La Corte Suprema ha chiarito diversi punti fondamentali. In primo luogo, ha ribadito che il giudice di sorveglianza può legittimamente trarre elementi di conoscenza da relazioni di servizio, anche se provenienti dal soggetto presso cui il condannato presta la sua attività, per valutare il comportamento tenuto durante l’espiazione della pena.
In secondo luogo, la valutazione sulla non gravità dei singoli episodi, effettuata ad esempio dall’U.E.P.E., può essere superata dal Tribunale attraverso un giudizio complessivo. Nel caso di specie, il numero e la natura delle violazioni, considerati nel loro insieme, hanno ragionevolmente condotto il Tribunale a ritenere fallito il percorso rieducativo e, di conseguenza, inutile la prosecuzione della misura alternativa. L’argomento del ricorrente, secondo cui una semplice sospensione della misura sarebbe stata sufficiente, è stato liquidato come puramente ipotetico e inidoneo a incrinare la logicità della motivazione impugnata.
Le Conclusioni
Questa pronuncia rafforza il principio secondo cui il successo di una misura alternativa non si misura solo dall’assenza di nuovi reati, ma da un cambiamento positivo e consapevole nell’atteggiamento del condannato. La revoca misura alternativa è uno strumento che il giudice può utilizzare quando, attraverso una valutazione complessiva e logica, emerge che il percorso di reinserimento si è rivelato infruttuoso. La decisione del Tribunale, seppur discrezionale, è legittima quando si fonda su una pluralità di elementi che, nel loro insieme, dipingono un quadro di inadeguatezza del soggetto rispetto agli obiettivi della misura stessa.
Una singola violazione è sufficiente per la revoca di una misura alternativa?
No, l’ordinanza chiarisce che la decisione si basa su un giudizio complessivo del comportamento del condannato. Sebbene una singola violazione grave possa essere sufficiente, nel caso di specie è stata la pluralità e la natura dei comportamenti a determinare la revoca.
Il giudice può basare la sua decisione sulla relazione del datore di lavoro del condannato?
Sì, la Corte di Cassazione afferma che il Tribunale può legittimamente trarre elementi di conoscenza da una relazione di servizio per valutare i comportamenti tenuti dal condannato durante il periodo di espiazione della pena alternativa.
La valutazione sulla compatibilità delle violazioni con la prosecuzione della misura è a totale discrezione del giudice?
La valutazione è connotata da profili di discrezionalità, ma non è assoluta. La decisione del giudice deve essere esercitata in modo non illogico e basarsi su un’analisi complessiva del comportamento del condannato, come avvenuto nel caso esaminato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 24160 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 24160 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 18/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a AULLA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 11/01/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di FIRENZE
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Rilevato che NOME COGNOME ricorre per cassazione contro il provvedimento indicato; Letta la memoria con cui il difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, chiede la riassegnazione del ricorso alla sezione ordinaria;
Ritenuto che nell’unico motivo del ricorso originario, e nel motivo nuovo, il ricorso dedu argomenti manifestamente infondati in quanto, in ordine alla revoca della misura alternativa, l valutazione sul se le violazioni commesse dal condannato siano incompatibili o meno con la prosecuzione della misura è connotata da profili di discrezionalità (cfr., in punto di affidame in prova, Sez. 1, Sentenza n. 13376 del 18/02/2019, Castelluzzo, Rv. 275239), discrezionalità esercitata in modo non illogico nel caso in esame, in cui il Tribunale non si è limitato a constat la esistenza delle violazioni, ma – evidenziando i numerosi (non soltanto i due incidenti strad alla guida dell’ambulanza della RAGIONE_SOCIALE e le due contravvenzioni per aver attraversato con semaforo rosso senza necessità di servizio su cui si sofferma il motivo nuovo, ma anche le assenze dal servizio non comunicate, ed il comportamento denunciato come mobbing verso altra dipendente della RAGIONE_SOCIALE) comportamenti non rispettosi del prossimo tenuti dal condannato, e l’atteggiamento superficiale e noncurante che il condannato ha tenuto durante l’espiazione, ha effettuato proprio quel giudizio complessivo sul comportamento del condannato in costanza di misura alternativa – che dimostra la mancanza di una risposta positiva in termini di rieducazione e la consequenziale inutilità della prosecuzione della misura, a nulla rilevando l’argoment dedotto nel ricorso originario circa la provenienza dal datore di lavoro della relazione di serv che il Tribunale ha assunto come base del provvedimento di revoca, atteso che il Tribunale può legittimamente trarre da tale relazione elementi di conoscenza dei comportamenti tenuti dal condannato durante l’espiazione; inoltre, la valutazione in termini di non gravità dei sing episodi effettuata dal funzionario dell’U.E.P.E. è superata dal Tribunale in modo non illogico co l’attribuzione di rilievo prevalente al numero degli stessi ed al giudizio sul comportamen complessivo del condannato; da ultimo, la circostanza che la sospensione della semilibertà possa esser già stata sufficiente per aver fatto maturare un atteggiamento più consapevole da parte del condannato è argomento, introdotto nel motivo nuovo, puramente ipotetico, non idoneo, in quanto tale, a viziare il percorso logico della motivazione dell’ordinanza impugnata; Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata in euro tremila;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 18 aprile 2024.