Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 23558 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 23558 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 09/11/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di BOLOGNA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG, dottAVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, il quale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 9 novembre 2023, il Tribunale di sorveglianza di Bologna ha disposto la revoca, nei confronti di NOME COGNOME e con decorrenza dal 27 settembre 2023, della misura alternativa alla detenzione dell’affidamento terapeutico ex art. 94 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, cui il condannato era stato ammesso con provvedimento del 12 gennaio 2023.
NOME COGNOME propone, con l’assistenza dell’AVV_NOTAIO, ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, con il quale deduce violazione di legge e vizio di motivazione per avere il Tribunale di sorveglianza omesso di provvedere in ordine alla richiesta di ammissione alla detenzione domiciliare ordinaria, da lui formulata in sede di udienza camerale.
Il Procuratore generale ha chiesto, con requisitoria scritta, dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e, pertanto, passibile di rigetto.
È pacifico che NOME, nel corso dell’espiazione di pena nella forma dell’affidamento terapeutico-riabilitativo, si è reso autore di condotte che hanno indotto il Magistrato di sorveglianza a sospendere, in via cautelare, l’esecuzione della misura, della quale il Tribunale di sorveglianza ha disposto, con il provvedimento qui impugnato, la revoca.
Il condannato contesta, invece, che il Tribunale di sorveglianza non abbia esaminato la richiesta di ammissione, da lui avanzata in via sostitutiva rispetto alla misura alternativa revocata, a quella della detenzione domiciliare ordinaria, teoricamente consentita in ragione dell’inapplicabilità al caso di specie del divieto triennale di concessione di benefici penitenziari al condannato nei cui confronti sia stata disposta la revoca di una misura alternativa alla detenzione, previsto dall’art. 58-quater legge 26 luglio 1975, n. 354 (in questo senso, cfr., tra le altre, Sez. 1, n. 24425 del 26/04/2023, Magliuolo, Rv. 284634 – 01).
La censura non coglie nel segno.
Da un canto, deve, invero, segnalarsi che, se è vero che, come segnalato dal ricorrente, l’art. 51-ter, comma 1, legge 26 luglio 1975, n. 354, prevede che il Magistrato di sorveglianza, venuto a conoscenza della commissione, da parte
del soggetto sottoposto a misura alternativa alla detenzione, di comportamenti suscettibili di determinarne la revoca, informi immediatamente il Tribunale di sorveglianza «affinché decida in ordine alla prosecuzione, sostituzione o revoca della misura», ciò che induce ad ipotizzare la, almeno teorica, configurabilità della sostituzione di una misura con un’altra, della quale ricorrano, in concreto, i presupposti applicativi, non è men vero, per converso, che la conversione del regime di espiazione della pena non trova, nell’ordinamento penitenziario, specifica ed autonoma disciplina, ferma restando la possibilità per il condannato di chiedere separatamente, a seguito della disposta revoca e nel rispetto di eventuali preclusioni, l’ammissione ad altra misura.
Dall’altro, occorre notare che, nel caso in esame, il ricorrente svolge considerazioni critiche di tangibile genericità e si limita ad evocare «documenti precedentemente depositati» e non precisamente indicati senza, al contempo, enunciare le ragioni che avrebbero dovuto indurre il Tribunale di sorveglianza ad ammetterlo alla detenzione domiciliare ordinaria, avuto riguardo, precipuamente: all’ammissibilità della misura in relazione al residuo di pena da scontare ed ai limiti normativamente previsti per la detenzione domiciliare; alla disponibilità, in capo al condannato, di un domicilio idoneo all’esecuzione della misura in forma alternativa; alla possibilità di prevenire, attraverso la misura invocata, un rischio di recidiva la cui assoluta concretezza è comprovata dall’atteggiamento serbato da COGNOME il quale, in costanza di affidamento terapeutico-riabilitativo, non ha esitato ad accompagnarsi ad un pregiudicato e, vieppiù, a rendersi protagonista di un furto all’interno di un supermercato.
Il ricorso si palesa, pertanto, irrimediabilmente sterile perché incentrato sull’omesso esame di una istanza la cui fondatezza non è dato, in questa sede, apprezzare neanche in via ipotetica, prognostica o probabilistica, sicché, qualora pure si dissentisse dalle conclusioni sopra esposte in punto di ritualità della sua proposizione nel contesto del procedimento di revoca dell’affidamento ex art. 94 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, il silenzio serbato, in argomento, dal Tribunale di sorveglianza non si tradurrebbe, comunque, in un vizio rilevabile dal giudice di legittimità.
Dal rigetto del ricorso discende la condanna di COGNOME al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616, comma 1, primo periodo, cod. proc. pen..
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 18/04/2024.