Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 20263 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 20263 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 02/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a Napoli il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 16/11/2023 del TRIBUNALE di SORVEGLIANZA di L’AQUILA
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza del 16 novembre 2023 il Tribunale di sorveglianza di L’Aquila ha revocato la misura alternativa della detenzione domiciliare già concessa con ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Roma del 24 gennaio 2023 al collaboratore di giustizia NOME COGNOME.
Il Tribunale di sorveglianza ha revocato la misura alternativa, in quanto ha rilevato che il 9 ottobre 2023 il condannato è stato raggiunto da ordinanza cautelare applicativa della custodia in carcere, perché il 18 agosto 2023, durante la sottoposizione alla misura alternativa, si era reso autore del concorso in una estorsione aggravata dal metodo mafioso, nonchè dell’evasione dalla detenzione domiciliare; in particolare, egli si era presentato, insieme ad altre due persone, dalla vittima designata, i tre si erano qualificati come soggetti appartenenti ai clan
della RAGIONE_SOCIALE ed avevano chiesto 5.000 euro a titolo di risarcimento del danno per una presunta truffa subita da uno di essi, costringendo la vittima, che non aveva il denaro con sé, a consegnare al gruppo un’autovettura Smart a garanzia del pagamento.
Il Tribunale ha preso atto che in sede di riesame la misura cautelare è stata revocata, però ha aggiunto che la stessa è stata revocata in quanto COGNOME, pur presente sul luogo e al momento in cui è stata avanzata la richiesta estorsiva, non aveva parlato: quindi, sul piano strettamente penale, vi sarebbe stata solo una connivenza con gli autori materiali del reato, ma non un concorso morale penalmente rilevante.
Il Tribunale di sorveglianza ha ritenuto, però, che anche la mera connivenza fosse un comportamento valutabile ai fini della revoca della misura alternativa, perché evidenziava l’attuale pericolosità sociale del soggetto, il rischio di ricaduta nel reato, e, più in generale, la non meritevolezza del beneficio extra murario.
Inoltre, anche all’esito della ricostruzione effettata dal riesame, secondo il Tribunale, emergerebbe comunque la violazione delle prescrizioni della misura alternativa sia sotto il profilo dell’allontanamento non autorizzato dal luogo in cui lo stesso doveva scontare la, detenzione domiciliare – perché la deduzione sull’essersi recato sul luogo di lavoro al momento del fatto contestato non sarebbe provata, in quanto la schermata delle timbrature non indica l’orario – sia sotto il profilo della violazione dell’obbligo previsto dalla misura alternativa di non frequentare pregiudicati.
2. Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso il condannato, per il tramite del difensore, che, con unico motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., deduce vizio di motivazione in quanto il ricorrente non ha commesso alcuna evasione dal momento che era autorizzato ad allontanarsi dal domicilio in orario 07:00 – 16:00 per recarsi al lavoro, e non si trovava sul luogo del delitto al momento della commissione del reato, perché la presenza sul posto di lavoro in quell’orario è comprovata dal calendario delle entrate e delle uscite predisposto dal datore di lavoro (il 18 agosto entrata alle ore 13:36, uscita alle ore 22:14); in ordine alla contestazione di aver frequentato pregiudicati, deduce che il ricorrente conosceva COGNOME da vecchia data perché avevano lavorato in passato nella stessa azienda; inoltre, mancherebbe nell’ordinanza la valutazione complessiva della condotta tenuta dal soggetto nel corso della misura alternativa, non potendo derivare la revoca da un singolo episodio contestato; inoltre, l’ordinanza ricostruisce il fatto in totale antitesi rispetto alle risultanze istruttorie presenti atti.
Con requisitoria scritta, il Procuratore Generale, NOME COGNOME, ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è infondato.
L’argomento, secondo cui il ricorrente conosceva COGNOME da vecchia data perché avevano lavorato in passato nella stessa azienda, è inammissibile per mancanza di specificità del motivo (cfr. Sez. 2, Sentenza n. 17281 del 08/01/2019, COGNOME, Rv. 276916, nonché, in motivazione, Sez. U, Sentenza n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268823), in quanto argomento inconferente con la motivazione dell’ordinanza impugnata nella parte in cui essa contesta al ricorrente di aver frequentato pregiudicati, atteso che la circostanza che i due si conoscessero da tempo non permetteva al ricorrente di violare la prescrizione della misura alternativa che gli vietava di frequentare pregiudicati, anzi in un certo senso è una conferma che il ricorrente, proprio per la conoscenza di lunga data, fosse consapevole che COGNOME fosse una persona pregiudicata che gli era precluso frequentare.
L’argomento secondo cui il ricorrente non ha commesso alcuna evasione dal momento che era autorizzato ad allontanarsi dal domicilio negli orari dalle 07:00 alle 16:00 per recarsi al lavoro e la presenza sul posto di lavoro sarebbe comprovata dal calendario delle entrate e delle uscite dell’azienda presso cui lavorava, è infondato, in quanto nella ricostruzione dell’ordinanza impugnata i comportamenti minacciosi tenuti in danno della vittima designata sono reiterati (pag. 1), e COGNOME è accusato di aver partecipato soltanto ad uno di essi (pag.2), talchè – a prescindere dalla circostanza che il tabulato consenta o meno di comprendere l’orario di ingresso e di uscita dal luogo di lavoro, circostanza su cui si sofferma il ricorso – la eventuale prova di essersi trovato sul luogo del lavoro il 18 agosto è inidonea a disarticolare il percorso logico dell’ordinanza impugnata, atteso che la presenza del ricorrente sul luogo della richiesta estorsiva in una delle occasioni in cui essa è stata perpetrata è riconosciuta anche dall’ordinanza del Tribunale del riesame che ha revocato la misura cautelare a suo carico.
L’argomento, secondo cui nell’ordinanza impugnata mancherebbe la valutazione complessiva della condotta tenuta dal ricorrente nel corso della misura alternativa, non potendo derivare la revoca da un singolo episodio contestato, è infondato, perché la valutazione complessiva dell’importanza dell’episodio in cui è stato coinvolto il ricorrente è contenuta nell’ordinanza impugnata (pagine 2 e 3), che ne spiega in modo non illogico le conseguenze sulla attuale pericolosità sociale
del ricorrente, sul rischio di ricaduta nel reato, e sulla non meritevolezza del beneficio, atteso che la partecipazione del condannato ad un episodio così grave, e che dimostra la rinnovata adesione del ricorrente a logiche tipiche della società criminale, è un indice non illogico della mancata reale adesione del ricorrente al percorso di educativo. Il Tribunale, pertanto, non si è limitato a constatare la esistenza della violazione, ma ha effettuato quel giudizio complessivo sul comportamento del condannato durante il periodo di espiazione in misura alternativa previsto dall’art. 16-novies, comma 7, ultimo periodo, del d.l. 15 gennaio 1991 n. 8, convertito con modificazioni dalla legge 15 marzo 1991 n. 82.
L’argomento secondo cui l’ordinanza ricostruisce il fatto addebitato al ricorrente in totale antitesi rispetto alle risultanze istruttorie presenti in at manifestamente infondato, in quanto proposto in modo generico, non chiarendo il ricorso nemmeno a cosa si riferisca esattamente.
Il ricorso è, nel complesso, infondato. Ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., alla decisione consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 2 maggio 2024
Il consigliere estensore
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