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Revoca misura alternativa: il divieto triennale

La Corte di Cassazione ha confermato l’inammissibilità della richiesta di misure alternative per un condannato a cui era stata precedentemente revocata la detenzione domiciliare. La sentenza chiarisce che la semplice revoca della misura alternativa, e non necessariamente una condanna per il reato di evasione, è sufficiente a far scattare il divieto triennale di accesso a nuovi benefici penitenziari, come previsto dall’art. 58-quater dell’Ordinamento Penitenziario. La Corte ha ritenuto irrilevante la mancata acquisizione di relazioni sul comportamento, poiché la preclusione legale impediva un esame nel merito.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Revoca Misura Alternativa: Il Divieto Triennale Confermato dalla Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8415 del 2025, ha affrontato un tema cruciale nell’ambito dell’esecuzione della pena: le conseguenze della revoca di una misura alternativa. La decisione chiarisce che la revoca, di per sé, determina una preclusione di tre anni all’accesso a nuovi benefici penitenziari, senza che sia necessaria una condanna penale per i fatti che hanno causato tale revoca. Questo principio rafforza la responsabilità del condannato durante il percorso di reinserimento.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dal ricorso di un condannato contro l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza, che aveva dichiarato inammissibile la sua domanda di ammissione a misure alternative alla detenzione (affidamento in prova e detenzione domiciliare). La decisione del Tribunale si basava sull’articolo 58-quater dell’Ordinamento Penitenziario.

In precedenza, al condannato era stata revocata la misura degli arresti domiciliari a seguito di numerose denunce per il reato di evasione. La difesa del ricorrente sosteneva due punti principali:
1. La preclusione prevista dalla legge richiederebbe una condanna definitiva per evasione, non delle semplici denunce.
2. Il Tribunale avrebbe erroneamente omesso di acquisire la relazione di sintesi sul comportamento del condannato, documento ritenuto fondamentale per valutare la sua personalità e meritevolezza.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendolo infondato in entrambi i motivi. Ha confermato la correttezza dell’ordinanza impugnata, stabilendo che la preclusione all’accesso a nuovi benefici era stata applicata correttamente. La decisione del Tribunale di Sorveglianza di dichiarare l’istanza inammissibile è stata quindi giudicata legittima.

Le Motivazioni: La Preclusione dopo la Revoca Misura Alternativa

Il cuore della sentenza risiede nell’interpretazione dell’articolo 58-quater dell’Ordinamento Penitenziario. La Corte ha chiarito una distinzione fondamentale tra il comma 1 e il comma 2 della norma:

* Il comma 1 prevede la preclusione per chi è stato condannato per il reato di evasione (art. 385 c.p.).
* Il comma 2, applicato nel caso di specie, stabilisce che la stessa preclusione si applica al condannato nei cui confronti sia stata disposta la revoca di una misura alternativa.

La Corte ha specificato che il provvedimento di revoca degli arresti domiciliari, emesso dal Magistrato di Sorveglianza, è l’atto che fa scattare la preclusione triennale. Non è quindi necessaria una successiva sentenza di condanna per evasione. La revoca è essa stessa il risultato di una valutazione negativa del comportamento del soggetto, sufficiente a giustificare il divieto di accedere a nuovi benefici per un periodo di tre anni.

Citando precedenti sentenze e una pronuncia della Corte Costituzionale (n. 173/2021), la Cassazione ha ribadito che questa preclusione non è un automatismo irragionevole, ma l’esito di una valutazione “caso per caso” già effettuata dal giudice di sorveglianza al momento della revoca. È una conseguenza diretta della violazione delle prescrizioni e della dimostrata non meritevolezza del condannato a proseguire la pena in regime extramurario.

Infine, la Corte ha definito “manifestamente infondato” il secondo motivo di ricorso. Poiché la domanda era legalmente inammissibile a causa della preclusione normativa, qualsiasi valutazione nel merito, inclusa l’analisi della personalità del condannato tramite la relazione di sintesi, era del tutto superflua.

Conclusioni

Questa sentenza consolida un principio di rigore e responsabilità nell’esecuzione penale. La revoca di una misura alternativa non è un evento privo di conseguenze a lungo termine. Essa innesca un meccanismo preclusivo che impedisce per tre anni la concessione di altri benefici, sottolineando che la fiducia accordata dallo Stato deve essere onorata con un comportamento conforme alle regole. Per i condannati, ciò significa che la violazione delle prescrizioni non solo comporta il ritorno in carcere, ma preclude anche future opportunità di reinserimento per un significativo lasso di tempo, indipendentemente dall’esito penale del comportamento che ha causato la revoca.

È necessaria una condanna per evasione per perdere il diritto a nuove misure alternative?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che è sufficiente il provvedimento di revoca di una misura alternativa precedente (come la detenzione domiciliare) per far scattare il divieto triennale previsto dall’art. 58-quater, comma 2, dell’Ordinamento Penitenziario.

Per quanto tempo dura il divieto di accedere a misure alternative dopo una revoca?
Il divieto, definito tecnicamente ‘preclusione’, ha una durata di tre anni, che decorrono dalla data in cui è stato emesso il provvedimento di revoca della misura precedente.

Se una richiesta di misura alternativa è inammissibile, il giudice deve comunque valutare la personalità del condannato?
No. Secondo la Corte, se esiste una causa di inammissibilità prevista dalla legge, come la preclusione derivante da una precedente revoca, il giudice non è tenuto a procedere all’esame del merito della richiesta. Di conseguenza, l’acquisizione di documenti come le relazioni di sintesi sul comportamento diventa superflua.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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