Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 8415 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 8415 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PETRELLA COGNOME il 08/01/1965
avverso l’ordinanza del 27/06/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di PERUGIA udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME; lette/sere le conclusioni del PG
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Letta la requisitoria del dott. NOME COGNOME Sostituto Procuratore generale de Repubblica presso la Corte di cassazione, con la quale è stata chiesta la declaratoria inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Perugia ha dichiarat inammissibile la domanda, formulata nell’interesse di NOME COGNOME, di misure alternative al detenzione (affidamento in prova al servizio sociale ex art. 47 I. 26 luglio 1975 n. 354 Ord. pen. – e detenzione domiciliare ex art. 47-ter stessa legge).
Propone ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore, COGNOME
2.1. Con il primo motivo di impugnazione deduce violazione dell’art. 58-quater, commi 1 e 2, Ord. pen.
Rileva il difensore che COGNOME non è mai stato condannato per il reato di evasione sicché il Tribunale di sorveglianza avrebbe tenuto conto solo delle denunce a suo carico per detto reato. NOME è, quindi, secondo la difesa, la violazione rispetto al comma 1 d suddetto articolo, che richiede una condanna per evasione.
Osserva che, comunque, la mera valorizzazione delle denunce di evasione sarebbe in contrasto con la giurisprudenza di legittimità che esclude qualsivoglia forma automatismo tra tali denunce e il ripristino della detenzione carceraria e impone Tribunale di sorveglianza di procedere ad un’autonoma valutazione delle circostanze in cui è avvenuto l’allontanamento ingiustificato dall’abitazione e, quindi, ad un’autono valutazione della personalità dell’evaso e della sua pericolosità sociale.
2.2. Col secondo motivo di ricorso la difesa denuncia violazione degli artt. 666, comma 5, 678, comma 2, cod. proc. pen., 185 disp. att. cod. proc. pen., 47 e 13 Ord. pen.
Il ricorrente si duole della mancata acquisizione della relazione di sintesi, nella qua dà conto del comportamento in costanza di detenzione carceraria del condannato, indicativo di una personalità meritevole di misure alternative alla detenzione carceraria.
Per i suddetti motivi la difesa insiste per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
1.1. Infondata è la prima doglianza di cui al primo motivo di ricorso.
Come GLYPH emerge chiaramente GLYPH dalla GLYPH motivazione dell’ordinanza GLYPH impugnata, l’inammissibilità dell’istanza di misure alternative è stata dichiarata ai sensi non del co 1 dell’art. 58-quater Ord. pen., secondo cui l’assegnazione al lavoro all’esterno, i permessi premio, l’affidamento in prova al servizio sociale, nei casi previsti dall’art. 47, la de
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domiciliare e la semilibertà non possono essere concessi al condannato che sia stato riconosciuto colpevole di una condotta punibile a norma dell’art. 385 del codice penale, ma ai sensi del secondo comma dello stesso articolo, secondo cui la disposizione del comma 1 si applica anche al condannato nei cui confronti è stata disposta la revoca di una misura alternativa ai sensi dell’art. 47, comma 11, dell’art. 47-ter,comma 6, o dell’art. 51, com 1.
Invero, nel provvedimento impugnato il Tribunale di sorveglianza di Perugia, evidenzia come, nel caso in esame, la revoca della disposta permanenza nel regime degli arresti domiciliari intervenuta nei confronti di NOME COGNOME a seguito di numerose denunce per i reato di evasione, con decreto del Magistrato di sorveglianza di Viterbo in data 28.12.2023, determini la preclusione di cui all’art. 58 quater, comma 2, Ord. pen. all’ottenimento dei benefici penitenziari, che, ai sensi del successivo comma 3 del medesimo articolo opera nei tre anni dall’avvenuta revoca.
E fa, pertanto, buon governo del principio affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, richiamandolo espressamente, secondo cui attesa l’equiparabilità alla detenzione domiciliare di cui all’art.47-ter dell’Ordinamento penitenziario del regime detentivo che instaura, ai sensi dell’art. 656, comma primo, cod. proc. pen., nei confronti del detenu già agli arresti domiciliari per il fatto oggetto della condanna da eseguire, l’event successiva revoca degli arresti domiciliari, quando non sia ancora intervenuta la decisione del tribunale di sorveglianza circa l’applicazione di una delle previste misure alternat comporta l’operatività del divieto di concessione di tali misure, stabilito dall’art. 58-quater, comma secondo, dell’ordinamento penitenziario (Sez. 1, n. 2884 del 12/01/2005, NOME, Rv. 230435; e conforme la più recente Sez. 1, n. 27649 del 12/04/2013, P.g. in proc. Moro, Rv. 257118).
Infondata è anche la seconda doglianza di cui al primo motivo di ricorso, alla luce dell sentenza della Corte costituzionale n. 173 del 2021, che ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 58-quater, commi 1, 2 e 3 Ord. pen. sollevate dal Magistrato di sorveglianza di Spoleto.
In motivazione la Corte ha affermato che la preclusione di cui all’art. 58-quater costituisce «espressione della discrezionalità legislativa non in contrasto con il princ costituzionale di finalizzazione rieducativa della pena (art. 27, primo e terzo comma Cost.), e non irragionevole al punto da integrare una lesione dell’art. 3 Cost.». Ha aggiun che essa, infatti, discende «da una valutazione caso per caso da parte del giudice di sorveglianza, effettuata sulla base non già di presunzioni legate al titolo di reato o status di recidivo del condannato, ma del percorso da lui concretamente compiuto durante l’esecuzione della pena, e in particolare di specifiche condotte in violazione de prescrizioni inerenti alla misura alternativa, che ne hanno determinato un giudizio di no meritevolezza rispetto alla possibilità, già concessagli una prima volta, di eseguire
propria pena in regime extramurario». Ha, dunque, ritenuto l’art. 58-quater immune da censure di incostituzionalità.
Prendendo atto della decisione appena menzionata, questa Corte, con sentenza di questa sezione n.37870 del 31/05/2024, COGNOME, non massimata, ha, pertanto, giudicato corretto il provvedimento che aveva applicato la norma in esame, avendo accertato che l’istante aveva subito nel triennio la revoca di una misura alternativa precedentement concessagli, osservando che la citata sentenza della Corte costituzionale, nel fare leva s una «valutazione caso per caso», si riferisce, come emerge dal testo, a quella che è necessaria per la revoca di una ipotetica misura alternativa precedentemente concessa, non al diniego di una nuova misura basato sull’applicazione della norma citata qualora la preg ressa revoca sia riscontrata.
1.2. Manifestamente infondato è, infine, il secondo motivo di ricorso, che introduc una questione assolutamente irrilevante, in quanto l’inammissibilità dell’istanza derivant da specifica preclusione normativa, rendeva del tutto superflua l’acquisizione dell relazione di sintesi, che sarebbe stata necessaria solo per un esame nel merito.
Al rigetto consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorre al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2025.