Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 3009 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 3009 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/12/2024
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato il 03/12/1998
avverso l’ordinanza del 04/10/2024 del TRIBUNALE di FIRENZE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Procuratore generale, che ha concluso per l’annullamento con rinvio
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Il Tribunale di Firenze, con il provvedimento impugnato, ha revocato l’ordinanza con la quale in data 6 febbraio 2024 aveva ammesso alla prova ai sensi dell’art. 168 bis cod. pen. l’imputato COGNOME
NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso tale provvedimento deducendo nullità per inosservanza o erronea applicazione dell’art. 168 quater n.1 cod. pen. La difesa sostiene che non sussiste alcuna grave, reiterata trasgressione al programma di trattamento in quanto, secondo la relazione dell’UEPE in atti, l’imputato ha svolto 85 ore di lavori di pubblica utilità a fronte delle 125 totali con l’unico difetto di non aver preso contatti con il SERD territorialmente competente e di non aver mantenuto regolari rapporti con l’assistente sociale dell’UEPE.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per l’annullamento con rinvio.
Il ricorso non supera il vaglio di ammissibilità in quanto lamenta la violazione di legge ma, a ben
vedere, sostiene tale violazione formale con argomenti che di per sé ne evidenziano l’insussistenza in quanto richiama il contenuto della relazione dell’UEPE che, evidentemente, rappresenta il presupposto del provvedimento impugnato.
La disciplina dell’art. 168 quater cod. pen. contempla la revoca della sospensione del procedimento di messa alla prova in presenza di specifici casi ivi previsti (grave o reiterata trasgressione al programma o alle prescrizioni imposte, rifiuto alla prestazione del lavoro di pubblica utilità; commissione durante il periodo di prova, di un altro delitto non colposo o di un reato della stessa indole rispetto a quello per cui si procede).
Tutte le ipotesi di revoca della sospensione del procedimento si correlano all’obbiettiva dimostrazione dell’infedeltà dell’interessato rispetto all’impegno assunto e smentita della fiducia accordata dall’ordinamento al soggetto quanto al buon esito della prova.
E’ incontestato, e anzi dato per presupposto in base alla relazione dell’UEPE richiamata nel ricorso, che l’imputato ha trasgredito alle prescrizioni imposte con l’ordinanza di sospensione del procedimento. Con l’atto di impugnazione la difesa si limita a contestare il giudizio espresso dal Tribunale: da un lato, sotto il profilo della possibilità di qualificare come gravi e reiterate tali trasgressioni; dall’altro, sotto il profilo dell’assenza di valida ragione sottesa alle medesime trasgressioni.
Con riguardo al primo profilo, questa ‘Corte ha già chiarito che anche una singola trasgressione legittima il provvedimento di revoca, in quanto l’espressione «ripetute e gravi trasgressioni» di cui all’art. 168 quater cod. pen., deve essere interpretata quale presupposto “sostanziale” del provvedimento, riferibile anche a una condotta isolata di qualità e gravità tali da escludere la possibilità di una prognosi positiva sull’evoluzione della personalità del sottoposto (Sez. 4, n. 19226 del 04/03/2020, Battista, Rv. 279248 – 01). E’, peraltro, pacifico che in tema di revoca della sospensione del procedimento con messa alla prova, il giudice sia titolare di uno spazio di discrezionalità limitato al solo apprezzamento dei presupposti di legge, che gli impone uno specifico onere di motivazione dell’ordinanza emessa ai sensi dell’art. 464 octies cod. proc. pen., censurabile in sede di ricorso per cassazione (Sez. 6, n. 28826 del 23/02/2018, COGNOME, Rv. 273655 – 01).
Con riguardo al secondo profilo, a fronte del giudizio circa l’assenza di valida ragione a sostegno delle accertate trasgressioni il ricorrente oppone di aver giustificato il proprio comportamento rappresentando di «essersi perso un po’ nel percorso, ma di essersi già riattivato per comunque andare al Serd», con allegazione evidentemente inidonea per la sua aspecificità a evidenziare l’illegittimità del provvedimento impugnato.
Pur non potendo non stigmatizzare l’eccessiva sinteticità dell’ordinanza di revoca, il Collegio rileva tuttavia che l’insussistenza del vizio lamentato emerge dalle stesse allegazioni del ricorrente. Il giudice di merito, con valutazione discrezionale incentrata sul totale disinteresse manifestato dall’imputato in relazione al percorso da lui stesso proposto, ha dunque correttamente applicato l’art. 168 quater n. 1 cod. pen., ravvisando uno dei presupposti che legittimano il provvedimento di revoca.
Alla declaratoria d’inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali; inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», il ricorrente va condannato alpagamento di una somma che si stima equo determinare in euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Il Pre GLYPH