Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 34936 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 34936 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nata a CAGLIARI il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 12/05/2025 del TRIBUNALE di LECCO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale monocratico di Lecco, con ordinanza in data 12 maggio 2025, revocava l’ammissione alla messa alla prova dell’imputata COGNOME NOME precedentemente disposta nel procedimento penale nei confronti della stessa, preso atto che la medesima si era resa irreperibile ed aveva interrotto il programma di trattamento.
Avverso detta ordinanza proponeva ricorso per cassazione il difensore dell’imputata, AVV_NOTAIO, deducendo, con distinti motivi qui riassunti ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.:
mancanza della motivazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. posto che il Tribunale di Lecco aveva disposto la revoca senza alcuna argomentazione;
erronea applicazione della legge penale ed in particolare del combinato disposto degli artt. 464octies , comma 3, cod. proc. pen. in riferimento all’art.
168quater cod. pen. in ordine alla sussistenza dei presupposti della revoca posto che non poteva rilevare l’assenza dell’imputata all’udienza del 12 maggio 2025 né sussisteva alcuno degli altri presupposti in quanto le assenze dalla partecipazione al programma non potevano ritenersi rilevanti né gravi e reiterate così come pure richiesto dalla norma di diritto sostanziale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso appare essere stato proposto per motivi manifestamente infondati e deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.
La messa alla prova è una forma di probation giudiziale innovativa che consiste, su richiesta dell’imputato e dell’indagato, nella sospensione del procedimento penale per reati di minore allarme sociale. Viene introdotta con la l. 67/2014 che ha modificato:
-il Codice penale, con la previsione del nuovo istituto agli 168bis , 168ter e 168quater ;
-il Codice di procedura penale, con l’introduzione degli 464 -bis e seguenti che regolano le attività di istruzione del procedimento e del processo, nonché l’art. 657 -bis che indica le modalità di valutazione del periodo di prova;
-le norme di attuazione, coordinamento e transitorie del codice di procedura penale;
-il Testo unico in materia delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale.
2.1. Con il successivo d.lgs. n. 150/2022 intitolato ‘Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l’efficienza del processo penale, nonché’ in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari’ si è intervenuti sull’ambito operativo della sospensione del procedimento con messa alla prova consentendo l’accesso alla messa alla prova anche con riferimento ad ulteriori specifici reati, diversi da quelli contemplati all’art. 5 50, comma 2, cod. proc. pen., puniti con pena edittale detentiva non superiore nel massimo a sei anni, che si prestino a percorsi risocializzanti o riparatori da parte dell’autore, compatibili con l’istituto . Inoltre, con previsione ulteriormente innovativa si è previsto che la richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova possa essere proposta anche dal pubblico ministero.
2.2. Con la sospensione del procedimento, l’imputato viene affidato all’ufficio di esecuzione penale esterna per lo svolgimento di un programma di trattamento
che prevede come attività obbligatoria e gratuita, l’esecuzione di un lavoro di pubblica utilità in favore della collettività che può essere svolto presso istituzioni pubbliche, enti e organizzazioni di assistenza sociale, sanitaria e di volontariato. Il lavoro di pubblica utilità si può svolgere per un minimo di dieci giorni, anche non continuativi e non può superare le otto ore giornaliere.
2.3. L’istituto giuridico prev ede, inoltre, che l’imputato svolga attività riparative, volte all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato, attività di risarcimento del danno dallo stesso cagionato e, ove possibile, attività di mediazione con la vittima del reato.
In un’ottica di riduzione del rischio di reiterazione del reato, il programma può prevedere l’osservanza di una serie di obblighi relativi alla dimora, alla libertà di movimento e al divieto di frequentare determinati locali, oltre a quelli essenziali al r einserimento dell’imputato e relativi ai rapporti con l’ufficio di esecuzione penale esterna e con eventuali strutture sanitarie specialistiche.
2.4. Occorre sottolineare che il programma di trattamento costituisce l’elemento indispensabile per accedere alla messa alla prova per adulti, del quale il giudice terrà conto nella decisione, congiuntamente ad eventuali altre informazioni che potrà acquisire tramite la polizia giudiziaria. Il programma di trattamento viene elaborato dall’ufficio di esecuzione penale esterna competente per territorio, su formale richiesta dell’interessato o del suo procuratore speciale e predisposto in base alle specifiche caratteristiche della persona imputata.
2.5. Mentre l’esito positivo della prova comporta l’estinzione del reato, l’esito negativo per grave e reiterata trasgressione del programma di trattamento o delle prescrizioni, per il rifiuto opposto alla prestazione del lavoro di pubblica utilità, per la commissione durante il periodo di prova di un nuovo delitto non colposo o di un reato della stessa indole di quello per cui si procede, implica che il giudice con ordinanza disponga la revoca e la ripresa del procedimento.
Deve, poi, essere rilevato come ai sensi dell’art. 464 -octies , comma 3, cod. proc. pen . l’ordinanza di revoca della sospensione del procedimento con messa alla prova è ricorribile per cassazione per sola violazione di legge; ne consegue che il suddetto vizio può ritenersi sussistente soltanto ove, dalla lettura del provvedimento impugnato, non emerga alcuna argomentazione tale da rendere non intelleggibile il ragionamento logico giuridico seguito dal giudice che procede.
3.1. In particolare, come già anticipato, l’art. 168quater cod. pen. prevede che la sospensione del procedimento con messa alla prova venga revocata in tre casi: 1) «grave o reiterata trasgressione al programma di trattamento o alle prescrizioni imposte» (prima ipotesi di cui al n. 1 dell’unico comma dell’art. 168quater cod. pen.); 2) «rifiuto alla prestazione del lavoro di pubblica utilità»
(seconda ipotesi di cui al n. 1 dell’unico comma dell’art. 168quater cod. pen.); 3) «commissione, durante il periodo di prova, di un nuovo delitto non colposo ovvero di un reato della stessa indole rispetto a quello per cui si procede» (n. 2 dell’unico comma dell’art. 168quater cod. pen.).
Nell’interpretare detti presupposti , la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di affermare che, in tema di sospensione del procedimento con messa alla prova, la revoca dell’ordinanza sospensiva, presupponendo l’obiettiva dimostrazione dell’infedeltà dell’imputato all’impegno assunto, può essere basata anche su un’unica grave trasgressione alle prescrizioni imposte, rispetto alla quale il giudice è tenuto ad effettuare una valutazione discrezionale, limitata al solo apprezzamento dei presupposti di legge contemplati dall’art. 168quater cod. pen., che, ove riscontrati, gli impongono di disporre la revoca, senza necessità di alcun ulteriore apprezzamento circa l’opportunità di consentire la prosecuzione della prova (Sez. 2, n. 15978 del 08/04/2025, COGNOME, Rv. 287852 – 01); nello stesso senso si è anche affermato come, in tema di sospensione del processo con messa alla prova nei confronti di imputato maggiorenne, è legittima la revoca dell’ordinanza di sospensione fondata anche su un’unica trasgressione alle prescrizioni imposte, in quanto l’espressione “ripetute e gravi trasgressioni” di cui all’art. 168quater cod. pen., deve essere interpretata quale presupposto “sostanziale” del provvedimento, riferibile anche ad una condotta isolata di qualità e gravità tali da escludere la possibilità di una prognosi positiva sull’evoluzione della personalità del sottoposto (Sez. 4, n. 19226 del 04/03/2020, Battista, Rv. 279248 – 01).
3.2. Ne deriva affermarsi che l’interruzione del programma di messa alla prova e l’assenza di giustificazioni fornite dalla difesa o dall’imputato medesimo , impone la revoca del beneficio da parte del giudice del procedimento senza che sia necessaria ed imprescindibile una motivazione approfondita e specifica circa la natura e la causale dell’interruzione del programma, non potendo richiedersi al giudice di scandagliare le motivazioni personali che hanno portato a quella scelta.
Fermo quanto precede, l ‘applicazione dei sopra esposti principi giurisprudenziali al caso in esame deve fare concludere per l’insussistenza dei vizi denunciati posto che il Tribunale di Lecco, con l’ordinanza impugnata , ha preso atto dell’interruzione del programma da parte dell’imputata, circostanza , questa, che risulta oltre che dalla stessa ricostruzione dei fatti esposta in ricorso anche dall’analisi del calendario presenze presso la RAGIONE_SOCIALE che non attesta più alcuna presenza successivamente al 20 febbraio 2025 e dalla relazione dell’ufficio UEPE di Cagliari in atti acquisita ed a firma dott.ssa COGNOME che, anche essa, attesta l’interruzione del periodo di prova da parte della Di COGNOME.
Correttamente, pertanto, il giudice procedente dopo avere già dato atto all’udienza del 14 aprile 2025 della dichiarazione dell’UEPE di Cagliari e disposto un rinvio al fine, quanto meno, di raccogliere le eventuali giustificazioni dell’imputata , nella perdurante assenza della stessa, preso atto della mancanza di qualsiasi contatto con la difesa e della prosecuzione della interruzione del programma, disponeva la revoca della messa alla prova con sospensione del procedimento fissando per la prosecuzione del giudizio di merito l’udienza del 18 giugno 2025.
Alla declaratoria di inammissibilità consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Roma, 9 ottobre 2025
IL CONSIGLIERE EST.
NOME COGNOME
IL PRESIDENTE NOME COGNOME