Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 15978 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 15978 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOMECOGNOME nato a La Spezia il 02/02/1983
avverso l’ordinanza del 10/12/2024 del G.u.p. del Tribunale di La Spezia visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME il quale ha concluso chiedendo che il ricorso sia rigettato; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 10/12/2024, il G.u.p. del Tribunale di La Spezia, ai sensi dell’art. 464-octies cod. proc. pen., revocava l’ordinanza del 11/07/2023 con la quale il procedimento nei confronti di NOME COGNOME era stato sospeso con messa alla prova dell’imputato, disponendo che lo stesso procedimento riprendesse il suo corso una volta che fosse divenuta definitiva la stessa ordinanza di revoca.
Avverso tale ordinanza del 10/12/2024 del G.u.p. del Tribunale di La Spezia, ha proposto ricorso per cassazione, per il tramite del proprio difensore avv. NOME COGNOME NOME COGNOME affidato a due motivi.
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 168quater cod. pen., nella quale sarebbe incorso il G.u.p. del Tribunale di La Spezia
con l’affermare che l’imputato era stato «inadempiente alla prescrizioni della MAP».
Secondo il COGNOME, tale conclusione sarebbe «manifestamente illegittima», in primo luogo, perché «l’interruzione dei contatti è stata determinata da una documentata e incontrovertibile causa di forza maggiore, consistente nel sequestro del telefono dell’imputato avvenuto il 4.3.2024», con restituzione dello stesso telefono «solo a fine settembre 2024».
L’illegittimità della stessa conclusione discenderebbe, in secondo luogo, dal fatto che «la condotta contestata non integra in alcun modo gli estremi della “grave trasgressione” richiesta tassativamente dalla norma, in quanto»: a) «è stata involontaria, causata da un impedimento oggettivo»; b) «ha avuto carattere meramente temporaneo»; c) «non rientra in nessun’altra delle ipotesi tassative prevista dall’art. 168-quater c.p. per la revoca», dovendosi considerare che la stessa revoca «non può essere disposta automaticamente, ma richiede una specifica e puntuale motivazione circa la sussistenza dei presupposti legali» e che «il Giudice non può prescindere dall’accertamento della volontarietà della condotta. Nel caso di specie, tale valutazione è stata completamente omessa».
L’illegittimità della contestata conclusione del G.u.p. del Tribunale di La Spezia deriverebbe, infine, dal fatto che l’argomentazione dello stesso G.u.p. secondo cui il sequestro del telefono non poteva rilevare come giustificazione in quanto sarebbe stato comunque onere dell’imputato avvertire di ciò l’Ufficio di esecuzione penale esterna (UEPE), sarebbe contraddittoria e manifestamente illogica in quanto: a) l’imputato, «nei fatti, era rimasto privo di assistenza tecnica, come dimostrato dalla rinuncia al mandato del suo difensore nella quale dava atto di avere perso ogni contatto con il proprio assistito», che, pertanto, fino alla nomina dei suoi nuovi difensori, era «rimasto oggettivamente impossibilitato a comprendere le conseguenze processuali della propria condotta»; b) «sussisteva un legittimo affidamento sul termine residuo rispetto al massimo di due anni per la sospensione del procedimento (decorrente dall’11.7.2023) ad oggi non ancora spirato»; c) «l’imputato non ha mai manifestato la volontà di sottrarsi al programma».
Sussisterebbe, «pertanto, il difetto dei presupposti per la revoca di cui all’art. 168-quater c.p.».
2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 464septies e 464-octies cod. proc. pen.
Secondo il COGNOME, il G.u.p. del Tribunale di La Spezia avrebbe violato, anzitutto, «l’obbligo di motivazione disposta dall’art. 464-octies c.p.p.» – nei necessari termini di una «motivazione specifica e articolata» -, in quanto l’ordinanza impugnata: a) «non motiva adeguatamente la qualificazione della
condotta come “grave trasgressione”; b) «omette di valutare le cause di forza maggiore documentalmente provate»; c) «si presenta spersonalizzata, senza considerare le peculiari circostanze del caso concreto».
Inoltre, il G.u.p. del Tribunale di La Spezia non avrebbe adeguatamente considerato: a) «la parzialità dell’inadempimento, essendo documentato l’inizio di lavori di pubblica utilità»; b) «la natura temporanea dell’interruzione»; c) «la perfetta coincidenza temporale tra l’interruzione e il sequestro del telefono».
Ad avviso del ricorrente, la revoca dell’ordinanza di sospensione del procedimento con messa alla prova sarebbe «una misura sproporzionata rispetto all’inadempimento parziale dell’imputato, quando sarebbe stato più congruo concedere un termine per regolarizzare la posizione valutando adeguatamente le ragioni dell’interruzione».
Il G.u.p. del Tribunale di La Spezia avrebbe violato, in secondo luogo, l’art. 464-septies cod. proc. pen., per avere disposto «direttamente la revoca nonostante»: a) «il termine massimo di due anni non sia ancora spirato»; b) «manchi una valutazione complessiva del percorso di messa alla prova»; c) «non siano state considerate le possibilità di prosecuzione del programma».
Ad avviso del ricorrente, sarebbe particolarmente grave «l’omessa considerazione della documentazione esibita in udienza (ALL 4), che dimostra come l’UEPE non avesse effettiva contezza della posizione dell’imputato, avendo erroneamente dichiarato il mancato inizio dei lavori; il che avrebbe quantomeno giustificato il rinvio per approfondire l’argomento».
Difetterebbero «dunque opportune motivazioni in ordine alla sussistenza di presupposti di legge e sulla scelta di non concedere un termine per la regolarizzazione della posizione, nonostante l’ampio margine residuale del termine di durata massima della sospensione».
CONSIDERATO IN DIRITTO
I due motivi di ricorso – i quali, attesa la loro stretta connessione, possono essere esaminati congiuntamente – sono manifestamente infondati.
L’accesso all’istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova presuppone che il giudice – verificata la sussistenza dei requisiti oggettivi (cioè che si tratti di procedimenti per reati puniti con la sola pena edittal pecuniaria o con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, o per reati indicati nel comma 2 dell’art. 550 cod. proc. pen.; art. 168-bis, primo comma, cod. pen.) e soggettivi (cioè che il soggetto non sia un delinquente abituale, professionale o per tendenza; art. 168-bis, quinto comma, cod. pen.) -, in base ai parametri di
cui all’art. 133 cod. pen., ritenga sia l’idoneità del programma di trattamento presentato sia che l’imputato si asterrà dal commettere ulteriori reati (art. 464quater, comma 3, cod. proc. pen.).
La messa alla prova comporta la sottoposizione del soggetto a specifici obblighi e prescrizioni: a) per un verso, l’affidamento al servizio sociale – per lo svolgimento di un programma che può implicare, tra l’altro, attività di volontariato di rilevo sociale, ovvero l’osservanza di prescrizioni (art. 168-bis, secondo comma, secondo periodo, cod. pen.) -, e la prestazione di lavoro di pubblica utilità (art. 168-bis, terzo comma, cod. pen.); b) per altro verso, la prestazione di condotte volte all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato, nonché, ove possibile, il risarcimento del danno dallo stesso cagionato (art. 168bis, secondo comma, secondo periodo, cod. pen.).
3. Venendo al tema che qui specificamente interessa, l’art. 168-quater cod. pen. prevede che la sospensione del procedimento con messa alla prova venga revocata in tre casi: 1) «grave o reiterata trasgressione al programma di trattamento o alle prescrizioni imposte» (prima ipotesi di cui al n. 1 dell’unico comma dell’art. 168-quater cod. pen.); 2) «rifiuto alla prestazione del lavoro di pubblica utilità» (seconda ipotesi di cui al n. 1 dell’unico comma dell’art. 168quater cod. pen.); 3) «commissione, durante il periodo di prova, di un nuovo delitto non colposo ovvero di un reato della stessa indole rispetto a quello per cui si procede» (n. 2 dell’unico comma dell’art. 168-quater cod. pen.).
Tutti e tre tali casi di revoca della sospensione del procedimento con messa alla prova si correlano all’obiettiva dimostrazione dell’infedeltà dell’interessato all’impegno da lui assunto e all’obiettiva smentita della fiducia accordata dall’ordinamento al soggetto quanto al buon esito della prova, nonché, per quanto riguarda lo specifico caso della commissione, durante il periodo di prova, di un nuovo delitto non colposo ovvero di un reato della stessa indole rispetto a quello per cui si procede, alla palesata infondatezza della valutazione prognostica in punto di astensione dell’imputato dalla commissione di ulteriori reati che era stata compiuta dal giudice nel disporre la sospensione (art. 464-quater, comma 3, cod. proc. pen.).
Come è stato chiarito dalla Corte di cassazione, lo spazio di discrezionalità che è insito nella decisione del giudice sulla revoca è limitato al solo apprezzamento dei presupposti di legge, cioè dei presupposti di uno dei tre casi che sono contemplati nell’art. 168-quater cod. pen., con la conseguenza che, una volta accertata, sulla base della suddetta valutazione discrezionale, la sussistenza dei presupposti di uno dei tre medesimi casi, il giudice deve disporre la revoca, senza alcuna possibilità di apprezzamento discrezionale in ordine all’opportunità di
proseguire comunque la prova (Sez. 6, n. 28826 del 23/02/2018, COGNOME, Rv. 273655-01).
Come è stato chiarito sempre con tale sentenza Farlo/i, lo spazio di discrezionalità nell’apprezzamento dei presupposti di uno dei tre casi contemplati nell’art. 168-quater cod. pen. impone al giudice uno specifico onere di motivazione dell’ordinanza di revoca emessa ai sensi dell’art. 464-octies cod. proc. pen., la quale è ricorribile per cassazione per violazione di legge, a norma del comma 3 di tale articolo.
È stato altresì precisato che la revoca può essere fondata anche su un’unica trasgressione alle prescrizioni imposte, purché grave (Sez. 4, n. 19226 del 04/03/2020, Battista, Rv. 279248-01, la quale ha anche ribadito i principi che erano stati affermati con la sentenza COGNOME/i).
Valutazione di gravità, si può aggiungere, in ordine alla quale il giudice gode di un margine di apprezzamento discrezionale che appare essere necessariamente ampio.
Ciò posto, l’ordinanza impugnata risulta esente da censure di violazione di legge e, in particolare, da quelle che sono state prospettate dal ricorrente.
Nel riscontrare i presupposti di cui al n. 1) dell’unico comma dell’art. 168quater cod. pen., il G.u.p. del Tribunale di La Spezia ha rilevato come il COGNOME, dopo un brevissimo periodo di lavoro presso l’AVIS, avesse definitivamente cessato di proseguire lo stesso lavoro, senza comunicare né alla stessa AVIS né all’UEPE, come era invece suo onere fare, eventuali problematiche, di natura lavorativa o altro, che gli impedissero la prosecuzione del lavoro di pubblica utilità.
Rilevato che il ricorrente ha omesso di considerare compiutamente tale decisiva parte della motivazione dell’ordinanza impugnata, la stessa motivazione si deve reputare senz’altro adeguata anche là dove il G.u.p. del Tribunale di La Spezia ha ritenuto che la circostanza che al COGNOME fosse stato sequestrato il telefono cellulare non fosse idonea a giustificare l’interruzione di qualsiasi comunicazione, da parte sua, sia all’AVIS sia all’UNEP, atteso che si trattava di un ostacolo, all’evidenza, tutt’altro che insuperabile (essendo del tutto agevole acquistare un altro telefono cellullare o anche solo chiedere a un parente o a un amico di potere utilizzare il suo telefono).
Si deve pertanto ritenere che il G.u.p. del Tribunale di La Spezia abbia dato adeguatamente conto dell’accertata sussistenza dei presupposti di una delle ipotesi di revoca di cui all’art. 168-quater cod. pen.
Ne discende che, come si è detto al punto 3, lo stesso G.u.p. doveva quindi disporre la revoca, senza alcuna possibilità, contrariamente a quanto mostra di ritenere il ricorrente, di compiere un apprezzamento discrezionale in ordine
all’opportunità di proseguire comunque la prova (Sez. 6, n. 28826 del 23/02/2018,
COGNOME, cit.).
Tale sentenza
Far/oli ha infatti spiegato che «l predicato verbale “è
revocata”, interpretato secondo il senso fatto palese dal significato proprio delle parole e secondo la connessione di esse (in linea col disposto dell’art. 12 preleggi),
non consente di rimettere al giudice la valutazione discrezionale circa la possibilità
di far proseguire comunque la prova nonostante la ricorrenza di un’ipotesi di revoca: la norma collega chiaramente la revoca della sospensione del
procedimento al mero riscontro giurisdizionale delle situazioni ivi contemplate, compiuto all’esito del contraddittorio camerale previsto dall’art.
464-octies c.p.p.,
comma 2».
Nel caso in esame, il G.u.p. del Tribunale di La Spezia ha apprezzato, dandone adeguatamente conto nell’impugnata ordinanza di revoca, l’effettiva sussistenza
della sottrazione di fatto all’obbligo di prestare il lavoro di pubblica utilit dell’interruzione di qualsiasi comunicazione sia all’AVIS sia all’UEPE, così non
consentendo neppure, né allo stesso UEPE né al giudice, di disciplinare la procedura con modalità tali da non pregiudicare eventuali esigenze di lavoro del COGNOME, previa verifica delle stesse.
5. Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento, nonché, essendo ravvisabili profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento della somma di C 3.000,00 in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 08/04/2025.