Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 13183 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 13183 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 25/11/2001
avverso l’ordinanza del 17/01/2025 del TRIBUNALE di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
lette le conclusioni del PG, che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Milano – in composizione monocratica – ha disposto la revoca dell’ordinanza di sospensione del procedimento con messa alla prova, nonché di quelle con cui era stata disposta la successiva proroga, già adottata nei confronti di NOME COGNOME
Il Tribunale ha rilevato che, sulla base della relazione trasmessa dall’UEPE, l’imputato – nonostante la proroga – aveva svolto solo 117,5 delle 130 ore di servizio di pubblica utilità previste nell’ordinanza ammissiva del 24/05/2024; ritenendo che tale inadempimento fosse un indice del disinteresse dell’imputato al rispetto delle prescrizioni, non variabili a discrezione del soggetto ammesso; disponendo la conseguente prosecuzione del processo già sottoposto a sospensione.
Avverso la predetta ordinanza ha presentato ricorso per cassazione il predetto imputato, tramite il proprio difensore, articolando due motivi di impugnazione.
Con il primo motivo ha dedotto – ai sensi dell’art.606, comma 1, lett.c) ed e) – l’inosservanza della legge penale e la manifesta illogicità della motivazione, in ordine alla mancanza dei presupposti previsti dall’art.168quater cod.pen..
Premettendo che il numero di ore di servizio di pubblica utilità effettivamente prestato non era corrispondente a quello indicato dal giudice, ha esposto che tutti gli operatori che avevano seguito l’imputato durante il percorso di prova avevano stilato relazioni positive in ordine al suo comportamento, non ravvisandosi quindi il presupposto della gravità e della reiterazione delle trasgressioni e non sussistendo gli altri presupposti per la revoca previsti dall’art.168quater cod.pen.; deducendo che violazioni non erano stato commesse neanche nel periodo antecedente alla proroga, disposta solo a causa di ragioni organizzative.
Con il secondo motivo ha dedotto – ai sensi dell’art.606, comma 1, lett.c) ed e) – l’inosservanza della legge penale e la manifesta illogicità della motivazione per la mancanza della non volontarietà dell’imputato allo svolgimento della messa alla prova.
Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta, nella quale ha concluso per la dichiarazione di inammissibilità dell’impugnazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
I due motivi sono congiuntamente esaminabili per la loro stretta connessione logica.
Ai sensi dell’art.168quater, n.1), cod.pen., la revoca della messa alla prova è disposta, in caso di «grave o reiterata trasgressione al programma di trattamento o alla prescrizione imposte, ovvero di rifiuto alla prestazione del lavoro di pubblica utilità»; mentre, ai sensi dell’art.464octies, cod.proc.pen., l’ordinanza di revoca è impugnabile con ricorso per cassazione per sola violazione di legge, dovendosi quindi escludere il sindacato sulla logicità della motivazione.
Va quindi rilevato che l’uso della disgiuntiva “o” nell’ambito del citato n.1) dell’art.168quater cod.pen., fa sì che possa ritenersi idonea a legittimare la revoca della messa alla prova anche una sola violazione del programma, qualora ci si trovi di fronte ad una condotta isolata ma di qualità e gravità tali da escludere la possibilità di una prognosi positiva sull’evoluzione della personalità del sottoposto (cfr. Sez. 4, n. 19226 del 04/03/2020, Battista, Rv. 279248); mentre la formula adottata dalla stessa norma (per cui, in caso di trasgressione, la messa alla prova “è revocata”) induce a ritenere che la revoca sia doverosa in presenza dei relativi presupposti, pur essendo il giudice titolare di uno spazio di discrezionalità, limitato al solo apprezzamento dei presupposti di legge, che gli impone uno specifico onere di motivazione dell’ordinanza emessa ai sensi dell’art. 464octies cod. proc. pen., censurabile in sede di ricorso per cassazione (Sez. 6, n. 28826 del 23/02/2018, COGNOME, Rv. 273655).
Nel caso di specie, tenendo presenti i suddetti limiti di sindacabilità, deve ritenersi che la motivazione del giudice procedente sia conforme ai predetti principi, avendo lo stesso valutato con adeguate argomentazioni la gravità della trasgressione, considerato il non raggiungimento del limite di ore previsto nel programma pure in presenza di una proroga del termine inizialmente concesso; essendo quindi soddisfatto l’onere imposto al giudice di una adeguata valutazione dei presupposti previsti dalla legge per l’emissione dell’ordinanza di revoca.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 28 marzo 2025
GLYPH