Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 27726 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 27726 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il DATA_NASCITA in ROMANIA
avverso l’ordinanza del 29/02/2024 del TRIBUNALE di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Letta la requisitoria del Sostituto procuratore generale della Corte di cassazione, NOME COGNOME, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio della ordinanza.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 29 febbraio 2024 pronunziata in udienza il Tribunale di Roma in composizione monocratica ha “revocato l’ordinanza ammissiva della procedura di messa alla prova[. .J” nei confronti di NOME in quanto gravato da numerosi precedenti penali e ha disposto procedersi oltre per il giudizio dibattimentale in relazione ai reati di tentato furto aggravato e della contravvenzione di detenzione di arnesi atti allo scasso (Capo A: artt.110, 56,624, 625 n.7 cod. pen.; capo B: art. 707 cod. pen.).
Avverso la decisione ha proposto ricorso l’imputato con atto sottoscritto dal difensore di fiducia, deducendo il motivo di seguito enunciato nei limiti di cui all’art. 173, comma primo, disp. Att. cod. proc. pen.
2.1. Con l’unico motivo è stata dedotta violazione di legge dell’art.168 quater cod. pen.
L’Art. 168-quater. (Revoca della sospensione del procedimento con messa alla prova) stabilisce che:
-La sospensione del procedimento con messa alla prova è revocata:
in caso di grave o reiterata trasgressione al programma di trattamento o alle prescrizioni imposte, ovvero di rifiuto alla prestazione del lavoro di pubblica utilità;
in caso di commissione, durante il periodo di prova, di un nuovo delitto non colposo ovvero di un reato della stessa indole rispetto a quello per cui si procede.
2.2. Il Tribunale ha revocato la sospensione del procedimento senza che vi fossero i presupposti previsti all’art.168 quater cod. pen., non rientrando tra gli stessi la sussistenza di precedenti penali.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Va preliminarmente osservato che la legge 28 aprile 2014, n. 67 ha introdotto nel nostro ordinamento l’istituto della messa alla prova, quale ulteriore strumento di deflazione processuale e di alleggerimento della gravosa situazione carceraria, imposto anche dalla Corte EDU con la condanna inflitta all’Italia 18 gennaio 2013 nel caso COGNOME contro Italia.
L’istituto prevede che – in relazione ai procedimenti per i reati meno gravi ed in presenza di talune condizioni – sia data possibilità all’imputato che lo richieda di evitare la celebrazione del dibattimento e di essere sottoposto ad un trattamento rieducativo e risocializzativo, con lo svolgimento di attività socialmente utili e l’attuazione di condotte riparatorie.
Diversamente dall’omologa misura prevista nel procedimento per i minorenni con d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, la messa alla prova per gli adulti:
si muove in un’ottica special preventiva, dal momento che consente di avviare un percorso alternativo al carcere, connotato da tratti allo stesso tempo sanzionatori e rieducativo risocializzanti, subordinatamente alla valutazione discrezionale del giudice sia quanto all’an (dipendendo da una prognosi di non recidiva del soggetto e dall’accertamento dell’idoneità del programma proposto), sia quanto al quomodo (rimettendo al decidente la definizione dei contenuti e della durata della prova, con un’individualizzazione del trattamento alle esigenze del singolo interessato);
presenta altresì un carattere premiale, laddove, a fronte della rinuncia dell’imputato alla piena cognitio dibattimentale, assicura all’interessato diversi vantaggi sul piano processuale e sanzionatorio, consentendo la sospensione del
procedimento penale, l’accesso ad una pena alternativa non carceraria tendente a favorire un percorso di reinserimento e, in caso di esito positivo della prova, l’estinzione del reato con pronuncia liberatoria.
L’istituto presenta dunque effetti sostanziali, perché dà luogo all’estinzione del reato, ma è connotata da una intrinseca dimensione processuale, in quanto costituisce un nuovo procedimento speciale alternativo al giudizio (C. Cost. del 26/11/2015, n. 240).
Dagli atti del fascicolo esaminati dal Collegio in considerazione del dedotto error in procedendo (Sez. U., n.42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv.220092) risulta che:
all’udienza dell’8 marzo 2023 dinanzi al Tribunale di Roma in composizione monocratica (diversa persona fisica) il difensore e procuratore speciale dell’imputato chiedeva che il proprio assistito fosse ammesso alla messa alla prova depositando documentazione; il Pubblico ministero di udienza nulla opponeva. Il Giudice disponeva ” la sospensione nei suoi confronti del processo, mandando alla cancelleria per la notifica del presente verbale all’UEPE ai fini dell’elaborazione del programma di trattamento; rinvia per le valutazioni al 5 ottobre 2023 per acquisizione del programma di messa alla prova[. .1″;
all’udienza del 5 ottobre 2023 in assenza del perveninnento del programma di trattamento, il processo era inviato alla data del 29 febbraio 2024;
all’udienza del 29 febbraio 2024, preliminarmente il Giudice dava atto del mutamento del giudice persona fisica, nonché -con riferimento alla posizione di COGNOME– del pervenimento da parte dell’UEPE della relazione con il relativo programma di messa alla prova. Quindi il Giudice invitava il Pubblico ministero a pronunziarsi ” in merito all’ammissione della messa alla prova .” All’esito dell’esame degli atti depositati ed in particolare del programma inviato dall’UEPE, il Giudice ” rilevato che l’imputato risulta gravato da precedenti penali i materia di reati contro il patrimonio nonché in materia di stupefacenti, rammentato che presupposto per la procedura di messa alla prova è dato dalla prognosi favorevole in merito alla non reiterazione di reati, ritenuto che il certificato d casellario giudiziale evidenzi la carenza del presupposto legale per l’ammissione della procedura di messa alla prova, revoca l’ordinanza ammissiva della procedura di messa alla prova.”
Dalla lettura degli atti emerge dunque che con l’ordinanza impugnata il giudice ha negato l’accesso all’istituto ai sensi del combinato disposto degli artt. art.168 bis cod. pen. e 464 ter cod. proc. pen. atteso che l’ammissione alla messa alla prova con sospensione del procedimento presuppone:
la sussistenza dei requisiti oggettivi e soggettivi previsti dal legislatore (che si tratti di procedimento per reato punito con pena detentiva non superiore a 4
anni o rientrante nelle ipotesi di cui all’art. 550, comma secondo, cod. proc. pen. e di soggetto non delinquente abituale, professionale o per tendenza);
l’idoneità del trattamento proposto;
la prognosi che il soggetto si asterrà dal commettere ulteriori delitti, dunque l’assenza di pericolosità sociale.
3.1. Nel caso di specie, dunque, l’ordinanza impugnata non ha revocato l’ordinanza con cui l’imputato era già stato ammesso all’istituto, ma ha negato in radice l’accesso alla messa alla prova in quanto, a seguito del deposito del programma dell’UEPE e dell’esame degli atti, ivi compreso il certificato del casellario giudiziale, il soggetto non presentava i requisiti di idoneità per l’accesso.
3.2. L’ordinanza pronunziata dal diverso giudice nella precedente udienza dell’8 marzo 2023 è stata interpretata erroneamente quale sospensione del procedimento ai sensi dell’art.168 bis cod. pen. dal momento che, a quella data, vi era stata solo la richiesta di accesso alla messa alla prova e mancava il deposito della relazione UEPE.
3.2.1. L’erronea interpretazione del contenuto della ordinanza della precedente udienza si ricava da due ulteriori circostanze:
nella medesima ordinanza il giudice rinviava ad ulteriore udienza “per le valutazioni” proprio in relazione alla verifica RAGIONE_SOCIALE condizioni per l’accesso all’istituto;
la espressione utilizzata “sospende il processo e rinvia” apparegiuridicamente corretta atteso che ai sensi dell’art.477 comma secondo cod. proc. pen., qualora il dibattimento non possa esaurirsi in una sola udienza il giudice “sospende “il dibattimento rinviando ad altra udienza.
Escluso dunque che l’ordinanza impugnata contenga la revoca dell’ammissione alla messa alla prova, quanto piuttosto il diniego della sospensione del processo ai fini della messa alla prova, si tratta di un’ordinanza che non può essere autonomamente impugnata secondo le indicazioni RAGIONE_SOCIALE Sezioni unite di questa Corte: l’ordinanza di rigetto della richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova non è immediatamente impugnabile, ma è appellabile unitamente alla sentenza di primo grado, ai sensi dell’art. 586 cod. proc. pen., in quanto l’art. 464-quater, comma settimo, cod. proc. pen., nel prevedere il ricorso per cassazione, si riferisce unicamente al provvedimento con cui il giudice, in accoglimento della richiesta dell’imputato, abbia disposto la sospensione del procedimento con la messa alla prova. (SU. n. 33216 del 31/03/2016, Rigacci, Rv. 267237).
5.Alla inammissibilità del ricorso, consegue la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali.
Consegue altresì, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen. l’onere del versamento di una somma, in favore della RAGIONE_SOCIALE, determinata, in considerazione RAGIONE_SOCIALE ragioni di inammissibilità del ricorso stesso, nella misura di euro tremila.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ammende.
Così deciso in Roma il 28 maggio 2024 Il Consigli GLYPH estensore
Presidente