Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 22044 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 22044 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/03/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a MESSINA il 17/05/1990
COGNOME nato a MESSINA il 13/02/2002
avverso la sentenza del 18/10/2024 della CORTE di APPELLO di MESSINA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto: dichiarare la nullità del provvedimento impugnato e della sentenza di primo grado per la posizione di COGNOME con rinvio al Tribunale di Messina quale giudice di promo grado per un nuovo giudizio; annullare il provvedimento impugnato con riguardo alla posizione del COGNOME con rinvio a diversa sezione della Corte d’Appello di Messina per un nuovo giudizio;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza resa in data 18 ottobre 2024 la Corte d’Appello di Messina confermava la sentenza emessa in data 11 dicembre 2023 dal Tribunale di Messina, con la quale gli imputati COGNOME NOME e COGNOME NOME
erano stati dichiarati colpevoli dei delitti di furto tentato pluriaggravato i concorso e ricettazione continuata in concorso, e condannati alle pene di legge.
Avverso detta sentenza proponevano ricorso per cassazione, con distinti atti, entrambi gli imputati, per il tramite dei rispettivi difensori, chiedendon l’annullamento.
La difesa di COGNOME NOME articolava due motivi di doglianza.
Con il primo motivo deduceva violazione degli artt. 168-bis cod. pen., 464-octies e 178, lett. c), cod. proc. pen.
Premetteva che il giudice di primo grado aveva accolto la richiesta di messa alla prova avanzata dalla difesa dell’imputato in relazione al reato di furto, sospendendo, con apposita ordinanza, il procedimento e sollecitando la cancelleria ad acquisire il programma “trattamentale”, redato dall’UEPE competente.
Assumeva che nella specie erano state violate le norme processuali concernenti la revoca della detta ordinanza di sospensione del procedimento con messa alla prova, disposta dal giudice di primo grado, inaudita altera parte, direttamente con la sentenza.
Evidenziava che la Corte d’Appello, pur dando atto della sequenza procedimentale anomala, aveva ritenuto che il primo giudice avesse posto riparo a tale errore con la sentenza.
Deduceva che, ai sensi dell’art. 464-octies cod. proc. pen. il provvedimento di revoca della messa alla prova doveva essere reso nel rispetto del principio del contraddittorio, sicché era affetto da nullità di ordine generale ex art. 178, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. se adottato senza la previa fissazione di udienza camerale partecipata, con congruo avviso alle parti.
Osservava, inoltre, che, una volta revocata l’ordinanza di messa alla prova, il procedimento avrebbe dovuto riprendere dal momento in cui era rimasto sospeso, e ciò ai sensi dell’art. 464-octies, comma 4, cod. proc. pen.
Con il secondo motivo deduceva vizio di motivazione in ordine alla mancata applicazione dell’art. 131-bis cod. pen. e al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche nella massima estensione, evidenziando che unico l’unico argomento utilizzato dalla Corte d’Appello al riguardo faceva riferimento a un contesto non occasionale e all’entità della pena.
La difesa di COGNOME NOME articolava tre motivi di doglianza.
Con il primo motivo deduceva violazione degli artt. 192 e 533 cod. proc. pen., e ancora manifesta illogicità e carenza della motivazione, nonché
travisamento della prova, con riferimento alla statuizione di responsabilità relativa al delitto di tentato furto pluriaggravato contestato al capo A) dell’imputazione.
Deduceva che la Corte territoriale non si era confrontata con lo specifico motivo di appello con il quale la difesa aveva manifestato dubbi sul fatto che il COGNOME fosse presente sul luogo del tentato furto, considerato che un testimone aveva notato, su tale luogo, tre persone, di cui soltanto due avevano tentato di forzare l’apertura dello sportello di un’autovettura parcheggiata sulla pubblica via, e considerato altresì che il ricorrente era stato sottoposto a controllo da parte delle forze dell’ordine, insieme ad altri due soggetti con i quali si trovava a bordo di una vettura della stessa marca, modello e colore (una Peugeot 208 di colore grigio) rispetto a quella utilizzata per allontanarsi da parte di coloro che avevano tentato di aprire la vettura parcheggiata sulla pubblica via, solo dopo un apprezzabile lasso di tempo – circa un’ora, a tenore della sentenza di primo grado – rispetto alla condotta di tentato furto, sicché permaneva il dubbio che il COGNOME fosse salito a bordo della vettura Peugeot solo in un momento successivo rispetto al tentativo di aprire la vettura parcheggiata sulla pubblica via, tutte circostanze e argomentazioni con le quali la Corte d’Appello non si era affatto confrontata.
Con il secondo motivo deduceva violazione degli artt. 192 e 533 cod. proc. pen., nonché carenza di motivazione e travisamento della prova in relazione alla mancata concessione del beneficio di cui all’art. 131-bis cod. pen., assumendo che, a fronte del tenue disvalore del fatto e dell’esiguo danno patrimoniale cagionato, la Corte territoriale non si era espressa al riguardo.
Con il terzo motivo deduceva violazione degli artt. 62-bis e 133 cod. pen., 192 e 533 cod. proc. pen., nonché illogicità della motivazione in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, non essendo sufficiente il richiamo ai precedenti penali gravanti sull’imputato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso proposto da COGNOME è fondato.
Ed invero, secondo il consolidato orientamento del Giudice di legittimità, condiviso da questo Collegio, in tema di sospensione del procedimento con messa alla prova, il giudice può procedere alla revoca dell’ordinanza di sospensione solo nel contraddittorio delle parti e, quindi, mediante la fissazione
–
di un’udienza camerale partecipata, ex art. 127 cod. proc. pen., con previo avviso alle parti (v., ex multis, Sez. 5, n. 57506 del 24/11/2017, Senatore, Rv. 271875 – 01; in motivazione, la Corte ha chiarito che la revoca disposta “de plano” determina una violazione del contraddittorio v cui consegue la nullità del provvedimento, impugnabile con ricorso per cassazione nel termine di quindici giorni dal momento in cui l’imputato ne ha avuto notizia).
Risulta dalla consultazione degli atti, ai quali la Corte ha accesso in ragione della natura processuale della doglianza, che il giudice di primo grado ha revocato l’ordinanza di sospensione del procedimento con messa alla prova inaudita altera parte, direttamente con la sentenza, e la Corte d’Appello, con il provvedimento impugnato, ha ritenuto la correttezza di tale statuizione.
In applicazione del suddetto principio, che peraltro emerge dal tenore letterale dell’art. 464-octies cod. proc. pen., la sentenza impugnata e quella di primo grado devono essere annullate senza rinvio nei confronti di NOME limitatamente al reato di furto tentato di cui al capo A), in relazione al quale il ricorrente era stato ammesso al beneficio in discorso, con trasmissione degli atti al Tribunale di Messina per l’ulteriore corso.
Il secondo motivo dedotto nell’interesse di COGNOME è inammissibile.
In relazione alla doglianza relativa alla mancata applicazione dell’art. 131bis cod. pen. il motivo non è consentito, considerato che la doglianza non è stata sollevata con l’atto di appello (cfr., ex plurimis, Sez. 5, n. 4835 del 27/10/2021, COGNOME, Rv. 282773 – 01, secondo cui, in tema di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto, la questione dell’applicabilità dell’art. 131-bis cod. pen. non può essere dedotta per la prima volta in cassazione, ostandovi il disposto di cui all’art. 606, comma 3, cod. proc. pen., se il predetto articolo era già in vigore alla data della deliberazione della sentenza impugnata, né sul giudice di merito grava, in difetto di una specifica richiesta, alcun obbligo di pronunciare comunque sulla relativa causa di esclusione della punibilità).
Quanto alla doglianza relativa al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche non nella massima estensione, la stessa risulta dedotta in maniera generica, e in ogni caso deve osservarsi che la Corte territoriale ha reso al riguardo una motivazione immune da vizi, effettuando un riferimento del tutto adeguato alla “tipologia dei fatti che denota un contesto non occasionale” e alla congruità del trattamento sanzionatorio (cfr., in tema, Sez. 2, n. 17347 del 26/01/2021, COGNOME, Rv. 281217 – 01, secondo cui, la
mancata concessione delle attenuanti generiche nella massima estensione di un terzo non impone al giudice di considerare necessariamente gli elementi favorevoli dedotti dall’imputato, sia pure per disattenderli, essendo sufficiente che nel riferimento a quelli sfavorevoli di preponderante rilevanza, ritenuti ostativi alla concessione delle predette attenuanti nella massima estensione, abbia riguardo al trattamento sanzionatorio nel suo complesso, ritenendolo congruo rispetto alle esigenze di individualizzazione della pena, ex art. 27 Cost.).
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve, dunque, essere dichiarato inammissibile quanto al capo B) e per l’effetto deve essere dichiarata eseguibile la pena irrogata per tale imputazione nella misura di anni uno, mesi quattro di reclusione ed euro 344 di multa.
Quanto al ricorso proposto nell’interesse del COGNOME, il primo motivo, con il quale si deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla statuizione di responsabilità del ricorrente per il reato di tentato furto pluriaggravato contestato al capo A) dell’imputazione, è fondato, rimanendo assorbiti gli ulteriori motivi.
Ed invero, in relazione alla ritenuta presenza del ricorrente sul luogo del tentato furto la Corte d’Appello ha argomentato affermando che “la presenza dell’imputato a bordo dell’autovettura subito dopo l’avvistamento dei due giovani incappucciati, non lascia dubbi sul fatto che si trattasse dello stesso giovane in precedenza notato in compagnia di COGNOME” (v. pag. 4 della sentenza impugnata).
(2N) La motivazione la Corte territoriale non si è confrontata con le deduzioni difensive che hanno evidenziato che nessuno dei protagonisti della vicenda era stato riconosciuto dal testimone oculare e che il COGNOME era stato fermato e sottoposto a controllo circa un’ora dopo il fatto, mentre si trovava a bordo di una vettura dello stesso tipo di quella utilizzata dai protagonisti del tentato furto per allontanarsi dal luogo del delitto; la Corte d’Appello, in particolare, non ha argomentato in relazione all’eventualità, dedotta dalla difesa con i motivi di appello e non irragionevole, che il ricorrente fosse salito a bordo della vettura successivamente al tentativo di furto.
Per tali ragioni la sentenza impugnata deve essere annullata nei confronti di COGNOME NOME, con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Messina.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e quella di primo grado nei confronti di COGNOME NOMECOGNOME limitatamente al capo A) disponendosi la
trasmissione degli atti al Tribunale di Messina per l’ulteriore corso. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso quanto al capo B) e dichiara eseguibile la pena
per tale imputazione nella misura di anni uno, mesi quattro di reclusione ed euro 344 di multa. Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME
NOMECOGNOME con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di
Messina.
Così deciso il 12/03/2025