Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 29846 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 29846 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 07/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a TORINO il 22/05/2005
avverso l’ordinanza del 04/03/2025 del GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di PESCARA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette/se,rtTEe le conclusioni del PG GLYPH c3,CA”‘i2) n -n Th 4″`(A”’1»
udito il difensore
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Pescara, con ordinanza del 4 marzo 2025, ha revocato l’ordinanza del 17 dicembre 2024, con la quale era stata disposta la sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato, ritenendo che il comportamento di quest’ultimo, per come ipotizzato nella richiesta di rinvio a giudizio (lesioni personali con indebolimento permanente di un organo) doveva considerarsi abituale e ciò sulla base di una informativa della Divisione Anticrimine della Questura di Pescara che faceva riferimento, come è dato leggere nel provvedimento impugnato, «ad una condotta susseguente al reato oggi in esame, poiché commessa in data 5 ottobre 2024».
Il difensore di fiducia dell’imputato ricorre avverso tale provvedimento deducendo la violazione di legge e lamentando l’erronea applicazione di quanto disposto dall’art. 168-quater cod. pen. poiché durante il periodo della prova, iniziato dal 17 dicembre 2024, non vi era stata alcuna condotta dell’imputato volta a pregiudicarne ovvero a comprometterne l’esito. L’imputato, si deduce, non avrebbe commesso alcun delitto non colposo o della stessa indole rispetto a quello contestato nell’ambito del procedimento e mai trasgredito al programma di trattamento e alle prescrizioni ivi contemplate, svolgendo puntualmente i lavori di pubblica utilità prescritti. Nessuna delle ipotesi tassativamente prescritte dall’articolo 168-quater cod. pen. sarebbe quindi configurabile nel caso in esame.
Deduce, inoltre, che l’informativa della questura di Pescara, a cui si fa riferimento nel provvedimento qui impugnato, si riferisce a fatti asseritamente commessi quando la messa alla prova non aveva ancora avuto inizio.
In ultimo evidenzia l’erroneità dell’indicazione contenuta nel provvedimento impugnato là dove si fa riferimento al comportamento “abituale” del ricorrente così mostrando di disattendere ai principi normativi utili per ricavare la nozione di “abitualità”.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
L’art. 168-quater cod. pen. prevede che la sospensione del procedimento con messa alla prova sia revocata in tre ipotesi: 1) grave e reiterata violazione del programma o delle prescrizioni imposte; 2) rifiuto della prestazione del lavoro di pubblica utilità; 3) consumazione, durante il periodo di prova, di un nuovo delitto non colposo o di un reato della stessa indole di quello per cui si procede.
Tutte e tre le ipotesi di revoca della sospensione del procedimento si correlano all’obiettiva dimostrazione dell’infedeltà dell’interessato rispetto all’impegno assunto.
La revoca connessa alla commissione di un reato durante il periodo di prova, che è quella disposta nella vicenda qui in esame, è, in particolare, correlata alla palesata infondatezza della valutazione prognostica in punto di rischio di recidiva compiuta dal giudice in sede di applicazione dell’istituto (così, Sez. 6, n. 28826 del 23/02/2018, COGNOME, in motivazione).
Dall’esame dell’ordinanza impugnata risulta che la sospensione con messa alla prova dell’imputato è stata deliberata con ordinanza del 17 dicembre 2024 in relazione a un delitto commesso il 15 luglio 2023 e che il 5 ottobre 2024 il ricorrente, secondo l’informativa della polizia giudiziaria, valorizzata dal Tribunale di Pescara onde disporre la revoca, avrebbe commesso un ulteriore reato. Alla luce di siffatta informativa, il Tribunale ha ritenuto il comportamento dell’imputato “abituale”, ha revocato l’ordinanza che aveva disposto la sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato e ha disposto contestualmente il rinvio a giudizio.
Orbene, il provvedimento reso il 4 marzo 2025 è, nel suo complesso, viziato.
2.1. Pur ritenendo ininfluente la questione sollevata in relazione all’improprio uso del termine “abituale” (la nozione di comportamento abituale ricorre, infatti, – e non è qui il caso – quando l’autore ha commesso almeno altri due illeciti oltre quello preso in esame) verosimilmente utilizzato dal Tribunale atecnicamente nel senso di “non occasionale”, deve rilevarsi che, a norma dell’art. 168-quater cod. proc. pen., comma 1, n. 2, cod. proc. pen., la revoca può disporsi solo «In caso di commissione, durante il periodo di prova, di un nuovo delitto non colposo ovvero di un reato della stessa indole rispetto a quello per cui si procede». Costituisce, dunque, presupposto normativo per la revoca, la commissione di un delitto “durante il periodo di prova” e non, come è riscontrabile pacificamente nel caso in esame, prima che tale periodo abbia avuto inizio. Né può ritenersi che il dettato normativo di che trattarsi possa essere dilatato sino a comprendere anche delitti commessi anteriormente all’ordinanza che ha riconosciuto il beneficio e non considerati da questa per un qualunque motivo dovendosi condividere quanto già affermato da questa Corte – in un’ipotesi parzialmente diversa, ma comunque sovrapponibile a quella in esame – e cioè che la disposizione de qua «ha un evidente carattere tassativo, alla luce della peculiarità delle scelte terminologiche operate nel frangente dal legislatore rispetto a quelle effettuate in altre disposizioni che concorrono a disciplinare l’istituto, dovendosi dunque ritenere che non sia possibile disporre la revoca della sospensione se il reato pregiudicante ai sensi della norma menzionata viene commesso dopo il termine del periodo di prova, ancorché eventualmente prima
del decorso di quello di sospensione e, comunque, della celebrazione dell’udienza di cui all’art. 464-septies c.p.p.» (così in motivazione,
Sez. 5, n. 13315 del 27/02/2020, COGNOME, Rv. 279074 – 01),
I principi sino ad ora illustrati rendono ragione della fondatezza del ricorso qui esaminato.
3. L’ordinanza impugnata, in quanto resa in difetto dei presupposti di legge, deve dunque essere annullata senza rinvio e, per l’effetto, deve anche
essere disposto l’annullamento del decreto con cui è stato disposto contestualmente il rinvio a giudizio, provvedimento, quest’ultimo, reso in palese
violazione del disposto di cui al quarto comma dell’art.
464
-octies cod. proc. pen.
a norma del quale solo «quando la revoca è divenuta definitiva, il procedimento riprende il suo corso dal momento in cui era rimasto sospeso e cessa
l’esecuzione delle prescrizioni e degli obblighi imposti». Il Giudice dell’udienza preliminare, dunque, a norma della citata disposizione, dopo aver disposto la
revoca, non avrebbe potuto disporre il rinvio a giudizio immediatamente, ma avrebbe dovuto attendere l’infruttuoso decorso del termine per l’impugnazione in
cassazione o, nel caso di esercizio di tale potere da parte dell’interessato, il provvedimento di rigetto o di inammissibilità di questa Corte di legittimità. Solo ricorrendo siffatte condizioni, il processo avrebbe potuto riprendere il suo corso dal momento in cui era stato sospeso.
In conclusione, dunque, per effetto del disposto annullamento dell’intero provvedimento adottato il 4 marzo 2025, il procedimento deve regredire all’udienza preliminare in regime di sospensione.
Deve essere disposta, ai sensi dell’art. 52, comma 5, del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, in caso di diffusione del presente provvedimento, l’omissione delle generalità e degli altri dati identificativi degli interessati.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e per l’effetto il conseguente decreto che dispone il giudizio emesso in data 4/3/2025, disponendosi la trasmissione degli atti al Tribunale di Pescara, per l’ulteriore corso.
In caso di diffusione del presente provvedimento, dispone l’omissione delle generalità e degli altri dati identificativi degli interessati a norma dell’a 52, comma 5, del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196.
Roma, 7 luglio 2025