Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 32922 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 32922 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SAN SEVERO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 11/03/2025 del TRIB. SORVEGLIANZA di TRIESTE udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di sorveglianza di Trieste, in accoglimento della richiesta avanzata dal AVV_NOTAIO generale della Corte di appello di Bari, ha revocato il beneficio della liberazione anticipata, per complessivi giorni 1485, concesso, con diverse ordinanze emesse dall’11 novembre 2010 al 14 febbraio 2020, a COGNOME Franco, in relazione a diversi semestri maturati dal 22 giugno 2007 al 16 dicembre 2019.
A ragione della decisione osserva che il condannato, dopo la concessione di ogni singolo beneficio, a cominciare dal giugno 2015, ha commesso le violazioni della legge penale accertate con la sentenza della Corte di appello di Bari del 28 novembre 2022 ed in particolare quello di associazione mafiosa, la cui permanenza si è protratta fino al 25 maggio 2021
Trattasi, pertanto, di reati commessi in costanza d ell’ esecuzione penale, disposta inizialmente dal AVV_NOTAIO della Repubblica di Foggia, con provvedimento SIEP n. 337/2011, sviluppatasi dapprima con la detenzione in carcere e successivamente, a partire dal 15 marzo 2016, in regime di semilibertà.
Le reiterate condotte delittuose di COGNOME, accertate dalla sentenza di condanna citata da ultimo (tra cui, partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, concorso nel reato continuato di produzione, traffico e detenzione di stupefacenti con l ‘aggravante del metodo mafioso, e partecipazione con ruolo verticistico ad associazione mafiosa), risultano del tutto incompatibili, a cagione specialmente della loro protrazione per un lungo periodo di tempo, con il mantenimento del beneficio . E’ emblematico il dato che il detenuto ha posto in essere, in costanza di esecuzione, condotte più gravi di quelle per le quali stava scontando la pena, dando, in tal modo, prova di avere partecipato solo apparentemente all’opera di rieducazione.
Ricorre COGNOME, per il tramite del difensore di fiducia, articolando un unico motivo con cui denuncia, ai sensi dell’articolo 606, comma 1 lett. b) ed e), cod. proc. pen., erronea applicazione dell’articolo 54 Ord. pen. nonché vizio di motivazione in ordine alla valutazione della revoca della concessione del beneficio della liberazione anticipata.
Lamenta che il Tribunale ha valutato in modo errato i presupposti posti a fondamento della revoca, trascurando la natura premiale dell’istituto e la sua funzione incentivante verso atteggiamenti partecipativi del soggetto all’azione rieducativa.
L ‘ordinanza impugnata, prosegue il ricorrente, ha revocato il beneficio sia in relazione ai semestri direttamente attinti dalle condotte di reato sia in relazione a quelli contigui, considerando decisiva la gravità del comportamento del condannato. In tal modo, però, ha operato una valutazione negativa generale, violando il principio della semestralizzazione della valutazione e finendo per revocare indistintamente tutti i periodi di liberazione anticipata, anche quando il beneficio era stato concesso per semestri né direttamente interessati dalla consumazione di reati né contigui a questi ultimi.
In applicazione dell’art. 54 Ord. pen., il Tribunale di sorveglianza avrebbe dovuto, invece, attribuire rilevanza, oltre al dato pacifico che ogni singolo semestre era stato già oggetto di autonoma valutazione positiva da parte del magistrato di sorveglianza, sia alla proficua collaborazione con la giustizia da parte del detenuto, ampiamente documentata nelle richieste di concessione della liberazione anticipata, sia alla sentenza di assoluzione emessa dal Tribunale di Vasto per fatti
gravi. In ogni caso, avrebbe dovuto acquisire maggiori informazioni per verificare il livello di partecipazione all’opera di rieducazione.
Non è stato considerato che la maggior parte dei reati posti a fondamento della revoca sono stati commessi in epoca precedente rispetto ai semestri per i quali era stata concessa la liberazione anticipata. Doveva, pertanto, trovare applicazione il principio enunciato dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui la concessione della liberazione anticipata non può essere negativamente influenzata dalla commissione da parte del condannato di reati al di fuori del regime di detenzione in carcere in un periodo precedente a quell’oggetto della richiesta; tale comportamento, infatti, non offre alcun elemento utile ad apprezzare la mancata adesione del soggetto all’opera rieducativa solo successivamente sperimentata.
Il Tribunale di sorveglianza avrebbe dovuto, pertanto, valutare le condotte illecite ascritte a COGNOME caso per caso, chiarendo il periodo in cui sono state commesse e gli esiti dei procedimenti giudiziari ritenuti significativi per escludere la partecipazione all’opera di rieducazione.
Erroneamente il reato associativo è stato ritenuto consumato fino alla sentenza di primo grado senza considerare che il condannato è sempre rimasto in carcere.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso propone, in termini in larga parte generici, censure manifestamente infondate.
La disposizione contenuta nell’art. 54, comma 3, Ord. pen. prevede la possibilità di disporre la revoca della liberazione anticipata quando chi ne abbia beneficiato successivamente commetta un “delitto non colposo” per il quale riporti condanna irrevocabile.
Dalla formulazione testuale della norma, che non contiene alcuna limitazione sotto il profilo temporale, si deduce che la condizione risolutiva può intervenire anche dopo che l’esecuzione della pena sia cessata (Sez. 1, n. 4133 del 13/10/1993, Inserra, Rv. 197473) e che costituiscono condizioni per poter legittimamente operare la revoca del beneficio:
la commissione di delitto non colposo nel corso della esecuzione della pena o delle pene concorrenti, eventualmente unificate in un provvedimento di cumulo;
l’intervento del nuovo delitto successivamente alla concessione del beneficio da revocare;
l’accertamento della responsabilità del condannato per tale delitto con sentenza passata in giudicato, anche se intervenuta dopo la scadenza della pena.
Inoltre, ai fini dell’individuazione del momento temporale di verificazione della causa della revoca, successiva alla concessione, va considerata la data di commissione del nuovo delitto e non quella del passaggio in giudicato della sentenza che lo accerti.
Qualora il nuovo delitto sia commesso nel corso dell’esecuzione di pena risultante da provvedimento di unificazione di una pluralità di pene concorrenti, è necessario che la nuova violazione sia commessa esclusivamente nel periodo di esecuzione della condanna o delle condanne, cui è riferito il beneficio concesso: se la liberazione anticipata sia concessa indistintamente in relazione a tutte le pene cumulate, analogamente la revoca opera quando il nuovo delitto venga commesso mentre è in corso la loro esecuzione (Sez. 1, n. 32412 del 26/01/2016, COGNOME, Rv. 267992 -01; Sez. 1, n. 11756 del 16/02/2012, COGNOME, Rv. 252270).
In tali peculiari situazioni la revoca della detrazione di pena per liberazione anticipata per effetto di condanna per delitto non colposo commesso successivamente alla concessione del beneficio:
non deve essere limitata alla sola frazione semestrale, nel quale è stato commesso il delitto, ma deve riguardare la complessiva riduzione di pena precedentemente accordata con uno o più provvedimenti relativi all’intero arco temporale di espiazione della pena cumulata (Sez. 1,. n. 43943 del 18/10/2001, COGNOME, rv. 220146; sez. 1. n. 2457 del 24/05/1994, COGNOME, rv. 198343; sez. 1,. n. 2809 del 14/06/1993, COGNOME, rv. 195668); –
-riguarda l’intero arco temporale di espiazione di pena già effettuata e non una sola parte della stessa, in quanto la citata disposizione fa riferimento ai semestri di pena scontata unicamente ai fini della determinazione della riduzione di pena da accordare per effetto della liberazione anticipata concessa (Sez. 1, n. 38332 del 05/06/2014 NOME, Rv. 260595 -01; Sez. 1, n. 41347 del 15/10/2009 Mangiafico Rv. 245076 – 01).
se poi il rapporto esecutivo si sia esaurito per intervenuta espiazione della pena, occorre procedere allo scioglimento del cumulo per verificare quale condanna fosse in esecuzione al momento della commissione del nuovo delitto dal momento che la revoca della liberazione anticipata non può incidere negativamente su benefici concessi in relazione a pene diverse da quelle nel corso della cui esecuzione è stata posta in essere la condotta criminosa che la giustifica (Sez. 1, n. 2354 del 20/05/1991, COGNOME rv. 187487).
Ciò implica la necessità di procedere all’operazione di scioglimento del cumulo materiale o giuridico delle pene unificate, per verificare quale condanna fosse ancora in esecuzione al momento della commissione del nuovo delitto. Solo in tal
modo è rispettato il canone valutativo, che pretende l’inerenza del beneficio eliminato alle pene in esecuzione.
L’ ordinanza impugnata non si è discostata dai richiamati principi né è inficiata, sul piano logico, dai vizi denunciati.
2.1. In corretta applicazione dei principi espressi dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 1995, il Tribunale di sorveglianza ha ancorato la revoca della liberazione anticipata ex art. 54, comma 3 ord. pen. non al fatto in sé dell’intervenuta condanna del ricorrente per reati commessi successivamente alla concessione del beneficio, ma alla ritenuta incompatibilità del suo mantenimento con la condotta in concreto tenuta dal soggetto (e che ha dato luogo alla condanna da parte della Corte di appello di Bari in data 28 novembre 2022), valorizzando con motivazione congrua e conforme a coerenti canoni logici, che si sottrae a censura in sede di legittimità – la specifica gravità dei reati commessi sotto il profilo dell’idoneità di tale comportamento a dimostrare l’insuccesso della partecipazione del condannato all’opera di rieducazione, che costituisce il presupposto della fiducia accordata mediante la concessione della liberazione anticipata.
Al riguardo, i Giudici triestini hanno evidenziato che COGNOME, pur formalmente osservando le regole carcerarie, non solo ha commesso gravi reati in costanza di esecuzione, ma è rimasto organicamente inserito nel contesto associativo di tipo mafioso, per di più con ruolo apicale, per di più astenendosi dal porre in essere condotte in qualche modo sintomatiche di dissociazione.
Le argomentazioni sono in sintonia con la risalente ma ancora condivisibile giurisprudenza di questa Corte di legittimità, opportunamente ricordata dal Tribunale, secondo cui ai fini della concessione del beneficio della liberazione anticipata, l’evoluzione della personalità verso modelli socialmente validi, tale da comportare una revisione delle motivazioni che avevano indotto il condannato a scelte criminali non contingenti, specie in caso di adesione ad associazioni criminose di stampo mafioso, deve necessariamente trovare riscontro non in una semplice condotta carceraria nella norma, atteso che tale osservanza delle regole carcerarie è preciso dovere di ogni detenuto, ma in un particolare impegno che, pur nelle diverse realtà carcerarie, segnali un distacco anche psicologico dal crimine, ed individui così la meritevolezza del beneficio nella prospettiva della rieducazione, fine cui deve tendere il trattamento penitenziario (Sez. 1, n. 1181 del 10/03/1994, COGNOME Pasquale, Rv. 197208 -01).
2.2. Giuridicamente corretta è anche la revoca della detrazione di pena concessa a titolo di liberazione anticipata con riguardo all’intero arco temporale della pena già espiata dal ricorrente, e non limitata a una parte della stessa o al (solo) semestre in cui è stata posta in essere la condotta che ne giustifica la
revoca, in quanto l’art. 54 ord. pen., come già chiarito, fa riferimento ai singoli semestri di pena scontata unicamente ai fini della determinazione della riduzione da accordare per effetto della concessione del beneficio.
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in Roma 16 settembre 2025.
Il Consigliere estensore Il Presidente
NOME COGNOME NOME COGNOME