Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 33170 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 33170 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 15/07/2025
In nome del Popolo Italiano
PRIMA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME CASA
– Presidente –
Sent. n. sez. 2409/2025
NOME
R.G.N. 17031/2025
ALESSANDRO CENTONZE
ha pronunciato la seguente
sul ricorso proposto da:
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di sorveglianza di Campobasso, con il provvedimento in data 15 aprile 2025, revocava 360 giorni di liberazione anticipata concessi a NOME COGNOME per i semestri dal 28 gennaio 2014 al 28/1/2016, dal 10/11/2007 all’11/2/2008, unito al periodo dal 29/1/2016 al 28/4/2016, e dal 29/4/2016 al 28/10/2017.
L’istanza della Procura generale aveva ad oggetto la revoca di 630 giorni di liberazione anticipata, stante la condanna pronunciata dal Giudice per le indagini preliminari di Bari alla pena di anni cinque di reclusione – inflitta in aumento per la ritenuta continuazione con i fatti di cui alle sentenze del 17 dicembre 2024 e del 16 aprile 2024 – per i reati di associazione di stampo mafioso e finalizzata al traffico di stupefacenti.
Rilevava il Tribunale che COGNOME era stato condannato per il reato di cui all’art. 416bis cod. pen. dall’aprile 2002 fino al 16 ottobre 2004; sempre per lo stesso reato associativo dal 2004 con contestazione aperta al 16 gennaio 2008, nonchØ dal 2008 al 22 novembre 2013 e dal 2006 al 22 novembre 2013; infine, COGNOME aveva riportato un’ulteriore condanna per il reato di cui all’art. 416bis cod. pen. dal 22 novembre 2013 con contestazione aperta al 27 gennaio 2023 (data della sentenza di primo grado).
Riteneva il Tribunale di dovere revocare i benefici concessi con le ordinanze del 3
giugno 2016, del 21 febbraio 2017, del 7 giugno 2017 e del 31 ottobre 2017, quando, cioŁ, non era ancora divenuta definitiva la condanna di COGNOME per il reato di cui all’art. 416bis cod. pen. con contestazione aperta a partire dal 22 novembre 2013 sino alla data della sentenza di primo grado (27 gennaio 2023); i periodi di riferimento vanno dal 28 gennaio 2014 al 28 ottobre 2017 cui Ł agganciato il periodo 10 novembre 2007 all’11 febbraio 2009.
Avverso detto provvedimento proponeva ricorso il condannato a mezzo del difensore di fiducia lamentando violazione dell’art. 53, comma 3, Ord. pen., 81 cod. pen. e 671 cod. proc. pen., nonchØ vizio di motivazione.
Il distinguo operato dal Tribunale fra i semestri ante 2014 e quelli post 2014 sarebbe del tutto irragionevole, ed inoltre non avrebbe potuto essere revocato il semestre composto dal 10 novembre 2007 all’11 febbraio 2008 oltre che quello dal 29 gennaio 2016 al 28 aprile 2016 perchØ composto da un periodo antecedente al 2014 rispetto al quale il Magistrato di sorveglianza aveva già concesso il beneficio pur in presenza di una condotta partecipativa dello Spano di cui all’art. 416bis cod. pen.
Richiamava poi un provvedimento del Tribunale di sorveglianza di L’Aquila che era di segno diametralmente opposto.
Il ricorrente faceva presente – per costante orientamento di legittimità – che la condizione risolutiva può intervenire anche dopo che l’esecuzione della pena sia cessata, purchØ la commissione del reato, accertato con sentenza passata in giudicato, si collochi nel periodo in cui viene scontata la pena o le pene concorrenti, eventualmente unificate in un provvedimento di cumulo.
Il provvedimento di cumulo citato nel provvedimento impugnato era stato espiato il 2 novembre 2017, mentre nel periodo interessato dai benefici revocati erano in esecuzione altre condanne espiate per fine pena al 2 novembre 2017, tanto che successivamente era stato emesso nuovo ordine di esecuzione.
COGNOME, dunque, era stato scarcerato il 2 novembre 2017 e nuovamente incarcerato il 26 aprile 2021: secondo il ricorrente, la prova della permanenza della condotta illecita per tutto quel periodo sarebbe manifestamente illogica perchØ fondata solo su due deboli elementi.
Il provvedimento, poi, avrebbe omesso di specificare se i periodi di carcerazione cui si riferiscono le revoche fossero riferibili alla custodia cautelare ovvero alla carcerazione, posto che lo stato di arresto si distingue dalla detenzione al fine di trarre la convinzione della permanenza dell’adesione alla condotta associativa.
Rileva, poi, il ricorrente, che la revoca del beneficio non può derivare automaticamente dall’accertamento della commissione di un nuovo reato, ma Ł necessario che venga valutata la specifica gravità e la natura delle condotte poste in essere.
Il ricorrente, dunque, lamenta la mancanza di un provvedimento di cumulo da cui ricavare il titolo rispetto al quale le ordinanze di liberazione furono concesse, potendosi imputare la liberazione anticipata a un nuovo titolo di reato solo se ciò sia piø favorevole, e rileva come fra una carcerazione e l’altra fossero decorsi quattro anni.
Il sostituto procuratore generale NOME COGNOME depositava conclusioni scritte chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso Ł infondato e deve essere rigettato.
Va premesso che l’art. 54, comma 3, l. 26 luglio 1975, n. 354, dispone che “la condanna per delitto non colposo commesso nel corso dell’esecuzione successivamente alla concessione del beneficio ne comporta la revoca”.
Costituiscono, pertanto, condizioni per operare legittimamente la revoca del beneficio:
la commissione di un delitto non colposo nel corso della esecuzione della pena o delle pene concorrenti, eventualmente unificate in un provvedimento di cumulo;
l’intervento del nuovo delitto successivamente alla concessione del beneficio da revocare;
l’accertamento della responsabilità del condannato per tale delitto con sentenza passata in giudicato. La sentenza che costituisce condizione risolutiva della liberazione anticipata può intervenire anche dopo che l’esecuzione della pena sia cessata (Sez. 1, n. 4133 del 13/10/1993, Inserra, Rv. 197473).
Se il rapporto esecutivo si sia esaurito per intervenuta espiazione della pena, occorre procedere allo scioglimento del cumulo per verificare quale condanna fosse in esecuzione al momento della commissione del nuovo delitto, in quanto la revoca della liberazione anticipata non può incidere negativamente su benefici concessi in relazione a pene diverse da quelle nel corso della cui esecuzione Ł stata posta in essere la condotta criminosa che la giustifica (Sez. 1, n. 32412 del 26/1/2016, COGNOME, Rv. 267992).
Tanto premesso, si rileva che, con il provvedimento impugnato, il Tribunale ha revocato periodi di liberazione anticipata concessi in relazione alla pena scontata fino al 2 novembre 2017 a partire dal 28 luglio 2010, perchØ quello era il titolo in esecuzione e a cui si riferiscono i provvedimenti di liberazione anticipata che si collocano fra il 2016 e il 2017, dopo i quali, nel 2024, viene accertato il permanere dell’affiliazione dello Spano al clan a partire del 2013 e fino al 2023, cioŁ in epoca successiva al provvedimento concessivo del beneficio, come indicato dall’art. 54, comma 3, Ord. pen.
In particolare, come già accennato, i periodi cui si riferiscono le revoche vanno dal 28 gennaio 2014 al 28/10/2017, cui Ł agganciato, al trimestre 29 gennaio 2016-29 aprile 2016, il trimestre 10 novembre 2007-11 febbraio 2008.
Come già affermato da questa Corte con orientamento condiviso e che si riafferma in questa sede (Sez. 1, n. 11756 del 16/02/2012, COGNOME, Rv. 252270; Sez. 1, n. 44353 del 18/11/2008, COGNOME, Rv. 242100; Sez. 1, n. 1070 del 17/11/2005, Grado, Rv. 233323), allorchØ il nuovo delitto sia commesso nel corso dell’esecuzione di pena risultante da provvedimento di unificazione di una pluralità di pene concorrenti, Ł necessario che la nuova violazione sia commessa esclusivamente nel periodo di esecuzione della condanna o delle condanne, cui Ł riferito il beneficio concesso: se la liberazione anticipata sia concessa indistintamente in relazione a tutte le pene cumulate, analogamente la revoca opera quando il nuovo delitto venga commesso mentre Ł in corso la loro esecuzione; in ragione di tale principio, non emergendo tale particolare nØ dal provvedimento, nØ dal ricorso e dovendosi, dunque, ritenere che la liberazione anticipata sia stata concessa indistintamente, l’accertamento di quale fosse il titolo in esecuzione Ł irrilevante.
Le ordinanze concessive della liberazione, come precisato nel provvedimento impugnato, si riferiscono all’esecuzione determinata dal provvedimento di cumulo della pena di anni nove, mesi quattro e giorni undici, con inizio esecuzione il 28 luglio 2010 e fine esecuzione il 2 novembre 2017, in cui Ł confluita ulteriore condanna ad anni nove e mesi sei di reclusione.
PerchØ vi siano i presupposti per la revoca Ł necessario – come detto – che il delitto
non colposo sia stato commesso nel corso dell’esecuzione della pena : la commissione del reato di cui alla sentenza di condanna della Corte di Appello di Bari del 5 luglio 2024 nel periodo dal 22 novembre 2013 con contestazione aperta fino alla pronuncia della sentenza di primo grado in data 27 gennaio 2023 certamente si colloca anche nel periodo in cui COGNOME era detenuto, fino al 2 novembre 2017, in forza di un primo titolo e dal 2021 in forza di un secondo titolo; le ordinanze si riferiscono tutte al primo periodo di carcerazione.
Il provvedimento emesso dal Tribunale di sorveglianza di L’Aquila richiamato dal ricorrente non ha rilievo nel caso in esame, poichØ ha un oggetto parzialmente differente, in quanto fa riferimento al fatto che nella sentenza non ci sia un chiaro riferimento alla commissione dei reati nei semestri cui si riferisce il beneficio.
2.1. Si rammenta, poi, che, ai fini della revoca della liberazione anticipata per delitto non colposo commesso nel corso dell’esecuzione della pena, il ” tempus commissi delicti ” del reato oggetto della condanna sopravvenuta deve essere individuato dal Tribunale di sorveglianza esclusivamente in base a quanto accertato dal giudice della cognizione, non spettando al Tribunale medesimo alcun autonomo potere di delimitazione temporale della condotta. (Sez. 1, n. 9167 del 14/12/2022, Scalogna, Rv. 284511 – 01)
Il provvedimento censurato individua gli elementi dai quali desumere il permanere della affiliazione e, dunque, del reato per il periodo indicato in sentenza, sicchØ va rilevato che c’Ł stato un esame anche di tale aspetto da parte del Tribunale di sorveglianza, che ha fatto pieno richiamo all’accertamento giudiziale di cui alla sentenza di condanna.
Nel caso citato di cui alla massima che precede, erano state emesse tre sentenze di condanna per il reato di cui all’art. 416bis cod. pen. ed era stato il Tribunale di sorveglianza che, in difetto di accertamento giudiziale, aveva arbitrariamente ritenuto coperti dalle condanne anche i periodi intermedi fra le contestazioni e sotto questo profilo era incorso nell’annullamento del provvedimento.
Nel caso in esame, invece, vi Ł stato un accertamento giudiziario circa il perdurare delle condotte nel tempo considerato e, dunque, anche in costanza della espiazione della pena, iniziata nel 2010.
Il Tribunale di sorveglianza, in particolare, ha fatto correttamente richiamo a quanto accertato in via definitiva dalla Corte di appello di Bari circa il perdurare della affiliazione del condannato al clan COGNOME nel periodo 2015-2017, senza alcuna autonoma valutazione circa l’estensione temporale di tale condotta deviante.
La condotta associativa Ł stata ritenuta perdurante anche in costanza di carcerazione nel 2015 e certamente anche nel 2017, dopo, cioŁ, l’emissione dei provvedimenti concessivi del beneficio.
2.2. Inoltre, giova rammentare che, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 186 del 23 maggio 1995, Ł venuta a “cadere” ogni forma di automaticità nel meccanismo di revoca del beneficio, dovendo ritenersi che il Tribunale sia investito di un ampio, quanto delicato, potere-dovere di apprezzamento degli atteggiamenti generali del condannato e della evoluzione della sua personalità in funzione degli atti di devianza posti in essere e personalmente sanzionati (così in motivazione Sez. 1, n. 41750 del 16/09/2013, COGNOME, Rv. 257226 – 01).
Ed invero, ai fini della revoca della liberazione anticipata per delitto non colposo commesso dal condannato nel corso dell’esecuzione della pena, spetta al Tribunale di sorveglianza la valutazione dell’incidenza del reato sull’opera di rieducazione intrapresa, nonchØ il grado di recupero fino a quel momento manifestato e la verifica di ascrivibilità del fatto criminoso al fallimento dell’opera rieducativa o a un’occasionale manifestazione di
devianza. (Sez. 1, n. 45342 del 10/09/2019, COGNOME, Rv. 277789 – 01)
Nel caso in esame il giudice di merito risulta aver esercitato correttamente tale potere di valutazione.
Il provvedimento impugnato, dopo avere fatto riferimento alla condotta deviante e al suo protrarsi, per come giudizialmente accertato, appunto, ha ritenuto, correttamente, che la revoca del beneficio dovesse imporsi per la estrema gravità dei reati per i quali il ricorrente Ł stato condannato, in particolare sottolineando la circostanza che, a fronte di una condotta detentiva regolare – che, infatti, gli aveva consentito di accedere al beneficio poi revocato egli aveva continuato ad aderire all’associazione criminale, mantenendo ferma la sua affiliazione, tanto Ł vero che, non appena scarcerato, nel novembre 2017, aveva ripreso a svolgere attività illecite per conto del sodalizio, con ciò dimostrando una adesione solo formale al programma rieducativo.
Circa, poi, il periodo 10 novembre 2007 – 11 febbraio 2008, Ł pur vero che risale a prima dell’inizio dell’esecuzione del titolo cui si riferiscono i provvedimenti concessivi del beneficio, ma Ł altrettanto vero che tale trimestre Ł stato agganciato al trimestre successivo 29 gennaio 2016-29 aprile 2016 che, al contrario, certamente rientra nel periodo in cui era in esecuzione il titolo considerato.
Posto che certamente durante tale secondo trimestre venne commesso il reato di cui alla condanna della Corte di Appello, Ł del tutto corretto che venga revocato il beneficio concesso per tutto il periodo complessivamente considerato.
2.3. Infine, circa la doglianza con cui il ricorrente lamenta che il provvedimento impugnato non avrebbe fornito adeguata specificazione circa la natura di espiazione pena o custodia cautelare dei periodi detentivi cui si riferisce il beneficio poi revocato, si osserva che il provvedimento fa esclusivo riferimento a periodi di espiazione pena, mentre non risulta in esso alcun accenno ad una custodia cautelare.
Si ricorda, in ogni caso, sul punto, che, ai fini della liberazione anticipata, va valutato anche il periodo della custodia cautelare, una volta divenuta irrevocabile la sentenza di condanna conclusiva del processo in relazione al quale la custodia cautelare Ł stata presofferta, giacchØ in tal caso la custodia preventiva, anche nella forma degli arresti domiciliari, Ł considerata come periodo di espiazione della pena al momento in cui la sentenza diventa irrevocabile, mentre la valutazione della partecipazione all’opera di rieducazione per tale periodo, in difetto di osservazione scientifica della personalità e del trattamento rieducativo, deve essere effettuata in relazione alla condotta tenuta, all’osservanza degli obblighi e all’espletamento dell’attività lavorativa, se consentita (Sez. 1, n. 894 del 09/09/2019, dep. 2020, Proietti, Rv. 278465 – 01).
Atteso che nel caso in esame si tratta di revocare il beneficio già concesso, l’art. 54, comma 3, Ord. pen. non pone differenze a seconda della natura della detenzione, stabilendo le condizioni per la revoca del medesimo che, nei confronti del ricorrente, si sono tutte verificate, come osservato ai punti precedenti.
In conclusione, la disamina delle argomentazioni esposte nell’impugnato provvedimento alla luce degli insegnamenti di questa Corte restituisce una motivazione corretta, logica, priva di discrasie, che deve essere ritenuta, dunque, incensurabile in questa sede.
Da tanto discende il rigetto del ricorso, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso, 15/07/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente
NOME COGNOME
NOME CASA