Revoca Liberazione Anticipata: la Cassazione fa il Punto sui Reati in Esecuzione di Pena
La revoca della liberazione anticipata è un istituto cruciale nel diritto penitenziario, che bilancia l’incentivo alla rieducazione con la necessità di garantire che il percorso del condannato sia genuino. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i principi fondamentali che guidano questa decisione, specialmente quando il detenuto commette nuovi reati durante l’esecuzione della pena. Vediamo nel dettaglio il caso e i criteri applicati dai giudici.
I Fatti del Caso
Il Tribunale di Sorveglianza di Milano aveva disposto la revoca di 365 giorni di liberazione anticipata precedentemente concessi a un detenuto. La decisione era motivata dalla commissione, da parte del soggetto, di gravi reati legati al traffico di stupefacenti. Tali crimini erano stati posti in essere mentre l’uomo si trovava prima agli arresti domiciliari e, successivamente, in carcere. In sostanza, il condannato aveva continuato a delinquere nonostante fosse già sottoposto a una misura restrittiva della libertà personale.
Il detenuto ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la motivazione del provvedimento fosse illogica, contraddittoria e un mero ‘copia e incolla’ di una decisione precedente. Inoltre, evidenziava come, dopo un arresto avvenuto anni prima, non avesse più commesso comportamenti censurabili per un periodo di oltre quattro anni, elemento che a suo dire doveva essere valutato positivamente.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la decisione del Tribunale di Sorveglianza. Secondo i giudici supremi, il ricorso si limitava a proporre una rilettura dei fatti, un’operazione non consentita in sede di legittimità. La Corte ha ritenuto che il provvedimento impugnato fosse, al contrario, ben motivato, autonomo e pienamente conforme ai principi giuridici in materia.
Le Motivazioni della Revoca Liberazione Anticipata
Il fulcro della decisione risiede nella valutazione dell’impatto dei nuovi reati sul percorso rieducativo. La Corte ha chiarito che spetta al Tribunale di Sorveglianza valutare l’incidenza del nuovo delitto non colposo commesso in corso di esecuzione della pena. L’analisi non è automatica, ma deve considerare se il nuovo crimine rappresenti un fallimento complessivo dell’opera di rieducazione o una mera e occasionale ‘devianza’.
Nel caso specifico, i giudici hanno dato peso a due elementi cruciali:
1. La Gravità e la Natura dei Reati: Il traffico di stupefacenti è stato considerato un reato grave, indicativo di una persistente e radicata scelta criminale.
2. Il Contesto della Commissione: Aver commesso tali reati mentre si era già sottoposti a una misura restrittiva (arresti domiciliari e carcere) ha dimostrato una totale assenza di evoluzione della personalità e una capacità di perseverare nell’illegalità. Questa continuità con il ‘curriculum delinquenziale’ precedente ha convinto i giudici che l’adesione del condannato al percorso rieducativo fosse stata solo ‘illusoria e strumentale’.
La Cassazione ha quindi concluso che il Tribunale di Sorveglianza ha correttamente esercitato il proprio potere discrezionale, fornendo una valutazione esaustiva e logica che giustificava pienamente la revoca liberazione anticipata.
Conclusioni
Questa ordinanza riafferma un principio fondamentale: la liberazione anticipata non è un diritto acquisito, ma un beneficio condizionato a una reale e comprovata partecipazione al percorso di rieducazione. La commissione di nuovi, gravi reati durante l’esecuzione della pena rappresenta la prova più evidente del fallimento di tale percorso. La valutazione del giudice non deve limitarsi a considerare il tempo trascorso senza infrazioni, ma deve analizzare la gravità e il significato della nuova condotta criminale. Per i condannati, ciò significa che ogni passo falso, soprattutto se grave e indicativo di una scelta di vita criminale, può comportare la perdita dei benefici faticosamente ottenuti, con un conseguente allungamento del periodo di detenzione.
Quando può essere revocata la liberazione anticipata?
La liberazione anticipata può essere revocata se il condannato, nel corso dell’esecuzione della pena, commette un delitto non colposo. Spetta al Tribunale di Sorveglianza valutare se tale reato dimostri il fallimento del percorso rieducativo intrapreso.
Un lungo periodo di buona condotta dopo un reato può impedire la revoca?
No, non necessariamente. Come emerge dalla decisione, anche a fronte di un periodo di oltre quattro anni senza comportamenti censurabili, la gravità del reato commesso in precedenza (durante la detenzione) e la sua capacità di dimostrare un’adesione solo strumentale al percorso rieducativo possono comunque giustificare la revoca.
Qual è il ruolo del Tribunale di Sorveglianza nella decisione di revoca?
Il Tribunale di Sorveglianza ha il compito di effettuare una valutazione discrezionale, ma motivata, sull’incidenza del nuovo reato. Deve stabilire se il fatto criminoso sia una manifestazione occasionale di devianza o se, al contrario, segnali un fallimento dell’opera di rieducazione, tenendo conto della personalità del condannato e del suo percorso penitenziario complessivo.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12065 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12065 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a MILANO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 16/11/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
Rilevato che, con il provvedimento impugNOME, il Tribunale di Sorveglianza di Milano ha disposto la revoca ex art. 54, comma 3, Ord. pen. per complessivi 365 giorni della liberazione anticipata concessa a NOME con ordinanze del 21/12/2017 (per il periodo dal 18/03/2015 al 17/09/2015), 23/04/2018 (per il periodo dal 18/09/2017 al 18/03/2018) e 06/02/2020 (per il periodo dal 18/03/2019 al 18/09/2019);
Rilevato che il ricorso deduce la mancanza, la contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione, atteso che questa si risolverebbe in un “copia e incolla” di una precedente e inconferente ordinanza che disponeva il rigetto di un’istanza di affidamento in prova terapeutico e che entrerebbe in conflitto con la già citata ordinanza del 06/02/2020, che, pur potendo, non provvedeva a disporre la revoca; neppure sarebbe comprensibile perché il percorso rieducativo di NOME sia stato ritenuto illusorio e strumentale, sebbene dopo l’arresto del 18/03/2015 il soggetto non ha commesso comportamenti censurabili per un periodo di oltre quattro anni;
Considerato che il provvedimento è conforme al principio secondo il quale ai fini della revoca della liberazione anticipata per delitto non colposo commesso dal condanNOME nel corso dell’esecuzione della pena, spetta al Tribunale di sorveglianza la valutazione dell’incidenza del reato sull’opera di rieducazione intrapresa, nonché il grado di recupero fino a quel momento manifestato e la verifica di ascrivibilità del fatto criminoso al fallimento dell’opera rieducativa o ad una occasionale manifestazione di devianza (Sez. 1, n. 45342 del 10/09/2019, Ferrari, Rv. 277789);
Rilevato che il Tribunale di sorveglianza ha fatto buon governo dei richiamati principi, addivenendo alla revoca della liberazione anticipata in considerazione della ritenuta gravità dei reati di violazione della legge stupefacenti posti in essere da NOME durante l’esecuzione della pena, mentre si trovava a fruire degli arresti domiciliari (per tale causa revocati) e, successivamente, in carcere, in tal modo dimostrando l’assenza di evoluzione della personalità e la capacità del soggetto di perseverare nel traffico di stupefacenti anche durante la restrizione inframuraria; aggiunge il giudice a quo che tali attività si pongono in continuità con i precedenti emergenti dal curriculum delinquenziale del detenuto e dimostrano che l’adesione all’opera di rieducazione è stata illusoria e strumentale;
Rilevato dunque che il provvedimento presenta una valutazione autonoma ed esaustiva sulla gravità di tali fatti nell’ambito del percorso di rieducazione, per l’effetto che non emergono i dedotti vizi di motivazione, e che di contro il ricorso si limita a proporre, in via del tutto generica, censure prive di decisività e che sono volte a provocare una non consentita rilettura della decisione di merito;
Ritenuto pertanto che il ricorso è inammissibile in quanto sollecita una diversa e alternativa lettura che non è consentita in questa sede (Sez. 6, n. 5465 del
04/11/2020, dep. 2021, F., Rv 280601; Sez. 2, n. 19411 del 12/03/2019, Furlan, Rv. 276062);
Considerato che alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – valutato il contenuto del ricorso e in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al versamento della somma, ritenuta congrua, di euro tremila in favore della cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 7/03/2024