Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 13322 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 13322 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a BARI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 22/06/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di FIRENZE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOMECOGNOME le conclusioni del PG
Il Procuratore generale, NOME COGNOME, chiede il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME ricorre avverso l’ordinanza del 22 giugno 2023 del Tribunale di sorveglianza di Firenze, che – ai sensi dell’art. 54, comma 3, legge 16 luglio 1975, n. 354 – ha revocato nei suoi confronti il beneficio della liberazione anticipata, precedentemente concesso dal Magistrato di sorveglianza di Lecce con ordinanza del 20 marzo 2019 (in ordine al periodo ricompreso tra il 15 agosto 2012 e il 15 febbraio 2013), dal Magistrato di sorveglianza di Firenze con ordinanza del 20 maggio 2019 (in ordine al periodo ricompreso tra il 28 aprile 2018 e il 18 aprile 2019) e dal Magistrato di sorveglianza di Bari con ordinanza dell’8 aprile 2011 (in ordine al periodo ricompreso tra il 30 luglio 2010 e il 30 gennaio 2011) e con ordinanza del 29 maggio 2012 (in ordine al periodo ricompreso tra il 30 maggio e il 30 novembre 2011).
Il Tribunale di sorveglianza ha evidenziato che NOME, con sentenze della Corte di appello di Bari del 23 luglio 2021 e 17 giugno 2022, era stato condannato alla pena complessiva di anni sei di reclusione, in ordine ai reati di associazione di tipo mafioso e a più reati fine della stessa (tra i quali, anche il reato di produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti), commessi in un periodo ricompreso tra il 2011 e il 2018, e che, quindi, il beneficio concesso doveva essere revocato.
Il ricorrente denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento all’art. 54 Ord. pen., e vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, perché il Tribunale di sorveglianza avrebbe erroneamente ritenuto che non vi era stata alcuna evoluzione positiva della personalità del condannato in forza dell’intervenuta sentenza di condanna, senza considerare che il relativo procedimento penale era sorto proprio in forza delle dichiarazioni rilasciate dallo stesso condannato, collaboratore di giustizia, al quale era stata concessa la circostanza attenuante speciale della collaborazione.
Il giudice di merito, pertanto, avrebbe dovuto valutare in concreto la resipiscenza del condannato e non avrebbe dovuto limitarsi a rilevare il mero dato formale dell’intervenuta condanna, tenuto conto della età anagrafica del detenuto, del difficile contesto nel quale era cresciuto, della sua condotta carceraria e della sua scelta di collaborare con la giustizia.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
L’ordinanza impugnata ha fatto corretta applicazione della normativa in esame, ancorando la revoca della liberazione anticipata ex art. 54, comma 3, Ord. pen. non al fatto in sé dell’intervenuta condanna del ricorrente per i sopra indicati reati, commessi in costanza del periodo di durata del beneficio e successivamente alla sua concessione, ma alla ritenuta incompatibilità della condotta in concreto tenuta (che ha dato luogo alla condanna subita) col suo mantenimento, valorizzando – con motivazione congrua e conforme a coerenti canoni logici, che si sottrae a censura in sede di legittimità – la specifica gravità delle condotte accertate, sotto il profilo dell’idoneità di tale comportamento a dimostrare l’insuccesso della partecipazione del condannato all’opera di rieducazione, che costituisce il presupposto della fiducia accordata mediante la concessione della liberazione anticipata.
In particolare, il Tribunale di sorveglianza ha evidenziato che la rilevante gravità dei reati commessi costituiva una circostanza univocamente dimostrativa del fatto che non vi fosse stata alcuna evoluzione positiva della personalità del condannato, il quale aveva dimostrato un’adesione solo meramente formale alle regole intramurarie, senza trarne alcun beneficio effettivo dalla partecipazione all’opera di rieducazione, che si è, quindi, rivelata inidonea ad evitare la commissione di ulteriori reati.
Secondo il giudice di merito, tale valutazione non poteva essere superata dal fatto che il detenuto avesse deciso di collaborare con la giustizia, trattandosi quest’ultima – di condotta non idonea a escludere il disvalore dei reati commessi ed alla quale, in ogni caso, era correlata la concessione di altri e ulteriori benefici, tra i quali la riduzione di pena applicata in forza della circostanza attenuante speciale e l’accesso agevolato ai permessi premio e alle misure alternative alla detenzione.
Giuridicamente corretta e pienamente giustificata dal Tribunale di sorveglianza è anche la revoca della detrazione di pena concessa a titolo di liberazione anticipata con riguardo all’intero arco temporale della pena già espiata dal ricorrente, e non limitata a una parte della stessa o al (solo) semestre in cui è stata posta in essere la condotta che ne giustifica la revoca, in quanto la revoca della detrazione di pena per liberazione anticipata in conseguenza di una grave condotta del condannato successiva al beneficio ottenuto riguarda l’intero arco temporale di espiazione di pena già effettuata e non solo il semestre in cui detta condotta è stata posta in essere, atteso che l’art. 54 Ord. pen. fa riferimento ai semestri di pena scontata unicamente ai fini della determinazione della riduzione
di pena da accordare per effetto della concessione del beneficio (Sez. 1, n. 38332 del 05/06/2014, COGNOME, Rv. 260595).
In forza di quanto sopra, il ricorso deve essere rigettato. Ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 21/12/2023