Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 24510 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 24510 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NOVARA il 22/09/1993
avverso l’ordinanza del 20/01/2025 del GIP TRIBUNALE di NOVARA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata limitatamente agli effetti della revoca del lavoro di pubblica utilità;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa in data 7 luglio 2022 (irrevocabile il 17 ottobre 2022), il Tribunale di Novara, in esito a rito abbreviato, aveva condannato NOME COGNOME alla pena di quattro mesi di arresto e 2.000,00 euro di ammenda in relazione al reato di cui all’art. 186, comma 7, cod. strada, sostituita ex art. 186, comma 9-bis, dello stesso codice con lo svolgimento di 292 ore complessive di lavori di pubblica utilità presso il Comune di Novara.
Con nota del 25 luglio 2024, l’U.E.P.E. di quella città comunicava che il condannato, dopo aver prestato 181 ore lavorative, aveva interrotto l’esecuzione della pena sostitutiva adducendo motivi di lavoro e cessando, poi, di presentarsi presso l’ente destinatario delle sue prestazioni.
Con l’ordinanza in epigrafe, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Novara, in funzione di giudice dell’esecuzione, preso atto della comunicazione dell’U.E.P.E. territoriale, sulla richiesta del P.M., disponeva la revoca della pena sostitutiva, con rispristino della pena principale.
Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’interessato, per il tramite del difensore, deducendo l’illegittimità d provvedimento per aver ripristinato, nella sua integralità, la pena originaria senza tener conto delle ore di lavoro svolto.
Il Procuratore generale di questa Corte, nella sua requisitoria scritta, ha concluso per l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato, alla luce del costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui la revoca della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, disposta per inosservanza delle prescrizioni, comporta il ripristino della sola pena residua, calcolata sottraendo dalla pena complessivamente inflitta il periodo di positivo svolgimento dell’attività, mediante i criteri di ragguaglio dettati dall’art. 58 d.lgs. 28 ago 2000, n. 274.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato e va, pertanto, accolto.
Il Collegio intende dare continuità alla consolidata esegesi di legittimità, secondo cui la revoca del lavoro di pubblica utilità, disposta per mancata
osservanza delle prescrizioni, comporta il ripristino della sola pena residua, calcolata sottraendo dalla pena complessivamente inflitta il periodo di positivo svolgimento dell’attività, mediante i criteri di ragguaglio dettati dall’art. 58 d.l 28 agosto 2000, n. 274 (Sez. 1, n. 33391 del 12/04/2024, Fronterotta, non mass.; Sez. 4, n. 4176 del 28/01/2022, COGNOME, Rv. 282579 – 01; Sez. 1, n. 32416 del 31/03/2016, COGNOME, Rv. 267456 – 01; Sez. 1, n. 42505 del 23/09/2014, COGNOME, Rv. 260131 – 01).
Nelle menzionate decisioni si sono esplicitate le ragioni, che è utile ripercorrere, per le quali si è affermata la non retroattività della revoca.
2.1. Si è osservato, in primo luogo, che entrambi gli artt. 186 e 187 cod. strada operano il richiamo esplicito, in quanto compatibile, all’istituto del lavoro d pubblica utilità come disciplinato dal d. Igs. n. 274 del 2000, che regola il procedimento davanti al Giudice di pace e prevede il pannello di sanzioni irrogabili per i reati attribuiti alla sua competenza.
In particolare, si è posto in rilievo il disposto dell’art. 58, secondo il qua ad ogni effetto giuridico l’obbligo di permanenza domiciliare ed il lavoro di pubblica utilità si considerano come pene detentive della specie corrispondente a quella della pena originaria.
Già di per sé, si è detto, la norma nel suo tenore testuale indirizza a ritenere che, se l’attività imposta sia stata svolta regolarmente nei termini prescritti per un lasso temporale apprezzabile, quel periodo debba considerarsi quale espiazione di pena equiparata alla detenzione e non possa essere posto nel nulla come mai avvenuto con la riviviscenza della sanzione originaria.
2.1.1. Si sono, poi, ricavate utili indicazioni esegetiche, al riguardo, nella sentenza n. 2 del 2008 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell’ar 157 cod. pen., quinto comma, come sostituito dall’art. 6 della legge n. 251 del 2005, sollevate, in riferimento all’art. 3 Cost., quanto al regime di prescrizione applicabile ai reati di competenza del Giudice di pace che siano puniti con la pena della detenzione domiciliare o del lavoro di pubblica utilità; si è rilevato trattarsi sanzioni applicabili in alternativa ad arresto ed ammenda in base ad un meccanismo di conversione preventivamente ed astrattamente stabilito dal legislatore, il quale, in base alla testuale previsione dell’art. 58, comma 1, d.lgs. n. 274 del 2000, ha sancito una equiparazione tra pena sostituita e pena sostitutiva che è “destinata ad operare anche per istituti di carattere sostanziale che non riguardano la fase applicativa della sanzione, come nel caso che si debba stabilire se per un reato di competenza del giudice di pace sia ammesso o non il ricorso all’oblazione”.
Si è, dunque, affermato che la disposizione scrutinata, laddove stabilisce che, «per ogni effetto giuridico», le pene dell’obbligo di permanenza domiciliare e del lavoro socialmente utile si considerano detentive della specie corrispondente a quella della pena originaria, è “norma di natura speciale, cioè appositamente dettata per i reati di competenza del Giudice di pace, sorretta da una ratio unitaria e mirata ad omologare i reati n questione, quando siano per essi previste anche le pene «para-detentive», alla generalità dei reati puniti con pene detentive. Tale criterio di ragguaglio è posto senza distinzioni, per tutti i casi in cui l’applicabi di una norma o di un istituto dipende dalla durata e dalla specie della pena”.
Si è ritenuto, nelle decisioni di legittimità richiamate, che tali riflessi rafforzino l’opinione secondo la quale la limitazione della libertà personale subita da chi abbia espletato attività lavorativa nell’interesse della collettività costituis per l’ordinamento sanzione detentiva espiata e non misura alternativa alla carcerazione secondo la disciplina dettata per gli istituti previsti dall’ordinamento penitenziario.
2.1.2. Si è posta, inoltre, in rilievo, sul piano sistematico, la disposizione dell’art. 66 della legge di depenalizzazione n. 689 del 1981, la quale, secondo il testo poi sostituito dall’art. 71, comma 1, lett. p), d.lgs. n. 150 del 2022, stabiliva, in caso di violazione di solo una delle prescrizioni inerenti alla semidetenzione e alla libertà controllata, che «la restante parte della pena si converte nella pena detentiva sostituita», formula, quest’ultima, nella sostanza mantenuta anche nel testo novellato, seppure quale conseguenza di una «violazione grave o reiterata degli obblighi e delle prescrizioni» (si stabilisce, infatti, che, in conseguenza dell revoca, «la parte residua si converte nella pena detentiva sostituita ovvero in altra pena sostitutiva più grave»); trattandosi di limitazioni della libertà personale, applicate in sostituzione di pene detentive brevi, la previsione della loro conversione per il futuro e quindi con effetti “ex nunc” nella sanzione originaria sostituita autorizza a ritenere che, anche nel caso delle pene “para-detentive”, come il lavoro di pubblica utilità, quando la loro attuazione sia avvenuta in concreto almeno per un periodo successivo all’applicazione, il ripristino non operi retroattiva mente.
La condivisa caratteristica di sanzione applicata in sostituzione di altra e la previsione della conversione nella sanzione sostituita, si è chiarito, depongono per un’identità di effetti, almeno nel caso in cui il condannato si sia sottoposto allo svolgimento del lavoro per parte delle ore prescritte.
Del resto, anche la previsione dell’art. 72 della legge n. 689 del 1981, nel testo come sostituito dall’art. 71, comma 1, lett. v), d. Igs. n. 150 del 2022, che riecheggia il testo precedente riguardo agli effetti da prodursi per il futuro stabilisce, al quarto comma, che la «condanna a pena detentiva per un delitto non
colposo commesso dopo l’applicazione ovvero durante l’esecuzione di una pena sostitutiva, diversa dalla pena pecuniaria, ne determina la revoca e la conversione per la parte residua nella pena detentiva sostituita, quando la condotta tenuta appare incompatibile con la prosecuzione della pena sostitutiva, tenuto conto dei criteri di cui all’articolo 58».
2.1.3. A tali considerazioni deve accompagnarsi quella ulteriore, secondo la quale lo stesso testo legislativo appronta delle conseguenze sanzionatorie in caso di violazione degli obblighi relativi al lavoro di pubblica utilità, in quan all’art. 56 d.lgs. n. 274 del 2000, richiamato dall’art. 72, secondo comma, I. n. 689 del 1981 nel testo vigente, si dispone che «il condannato che senza giusto motivo si allontana dai luoghi in cui è obbligato a rimanere o che non si reca nel luogo in cui deve svolgere il lavoro di pubblica utilità, o che lo abbandona, è punito con la reclusione fino ad un anno», incriminando come delitto la mancata prestazione o l’abbandono del luogo di svolgimento dell’attività.
Siffatte previsioni, si è notato, e la natura giuridica dell’istituto del lav di pubblica utilità quale pena, avente un contenuto afflittivo perché limitativo della libertà personale, imponendo la prestazione di attività lavorativa gratuita in condizioni e con obblighi prestabiliti da rispettare, inducono ad una lettura coordinata dell’art. 56 citato col disposto degli artt. 186 e 187 cod. strada, dal momento che l’irrogazione di sanzione detentiva per l’infrazione all’obbligo di prestare il lavoro che intervenga dopo un periodo di regolare esecuzione e la revoca “ex tunc” dell’ammissione al lavoro di pubblica utilità con l’applicazione della pena in precedenza sostituita danno luogo ad una gravosa duplicazione punitiva.
In altri termini, il comportamento del condannato inadempiente che non si sia del tutto sottratto all’esecuzione dell’attività impostagli a titolo di sanzi para-detentiva, ma ne abbia violato gli obblighi dopo una prima fase esecutiva caratterizzata da svolgimento regolare, susciterebbe una duplice reazione dell’ordinamento, costituita, da un lato, dalla sanzione penale per il reato commesso ai sensi dell’art. 56 d.lgs. n. 274 del 2000 e, dall’altro, dal prolungamento della durata della pena originaria sostituita per effetto della revoca.
Per evitare tale irragionevole inasprimento punitivo, che pone nel nulla il pur corretto comportamento esecutivo tenuto, seppur temporalmente limitato, e che finirebbe per contrastare con la finalità rieducativa dell’imputato, cui anche il lavoro di pubblica utilità tende, deve, quindi, ribadirsi il seguente condiviso principio di diritto:
«L’inosservanza degli obblighi inerenti al lavoro di pubblica utilità può comportarne la revoca, ma l’adozione di tale provvedimento impone al giudice, quanto agli effetti della revoca stessa, di tener conto del periodo di lavoro espletato
t
sino al momento della commessa trasgressione e, previa effettuazione del ragguaglio dei giorni di lavoro non prestato con la pena detentiva sostituita secondo i criteri di cui al d.lgs. n. 274 del 2000, art. 58, di scomputarlo dall restante pena ancora da eseguire nelle forme ordinarie».
Quanto ai criteri di computo della pena sostitutiva, deve rilevarsi, per completezza, che la previsione dell’art. 186, comma 9-bis, cod. strada, secondo cui il lavoro di pubblica utilità deve avere una durata corrispondente a quella della pena detentiva irrogata e della pena pecuniaria convertita, ragguagliando l’importo di 250,00 euro a un giorno di lavoro di pubblica utilità, introduce una deroga all’art. 54, comma 2, d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, nella parte in cui afferma: «In deroga a quanto previsto dall’articolo 54 del decreto legislativo n. 274 del 2000, il lavoro di pubblica utilità ha una durata corrispondente a quella della sanzione detentiva irrogata e della conversione della pena pecuniaria ragguagliando 250 euro ad un giorno di lavoro di pubblica utilità».
3.1. Tale deroga, però, riguarda la sola parte relativa alla previsione della durata edittale della pena del lavoro di pubblica utilità, compresa da un minimo di dieci giorni a un massimo di sei mesi.
La disposizione dell’art. 186, comma 9-bis, cod. strada, invece, non introduce alcuna deroga al criterio di computo della pena sostitutiva stabilito dall’art. 54, comma 5, del d.gs. n. 274 del 2000, secondo cui un giorno di lavoro di pubblica utilità consiste nella prestazione di due ore di lavoro; criterio che deve ritenersi ugualmente valevole nell’ipotesi di applicazione della pena del lavoro di pubblica utilità a seguito di condanna per il reato previsto dall’art. 186 cod. strada.
3.2. In questi termini, il sistema derogatorio previsto dall’art. 186, comma 9-bis, cod. strada, ai fini della sostituzione della pena detentiva e pecuniaria, rispetto al combinato disposto degli artt. 54, 55 e 58 del d.lgs. n. 274 del 2000, non coinvolge il criterio generale di computo prescritto dal quinto comma dell’art. 54 dello stesso decreto, rilevando esclusivamente in relazione alla durata edittale della pena del lavoro di pubblica utilità.
Va, pertanto, ribadito il seguente ulteriore principio di diritto già affermato dalla Corte di legittimità, a tenore del quale:
«In tema di reato di guida in stato di ebbrezza, l’art. 186, comma 9-bis, cod. strada introduce una deroga alla durata edittale della pena del lavoro di pubblica utilità indicata dall’art. 54, comma 2, d.lgs. n. 274 del 2000, ma non anche al criterio di computo della pena stessa sostitutiva stabilito dal comma quinto dello stesso articolo» (cfr. Sez. 1, n. 22167 del 13/05/2015, COGNOME, Rv. 263789 – 01; Sez. 1, n. 64 del 17/10/2013, dep. 2014, P.M. in proc. COGNOME, Rv. 258391 – 01).
4. Il provvedimento in verifica non si è attenuto agli illustrati cr interpretativi, poiché ha disposto la revoca retroattiva della pena sostitutiva
tener conto del periodo di lavoro espletato dal ricorrente sino al momento d commessa trasgressione, con ciò incorrendo in violazione di legge.
5. Per le esposte considerazioni, l’ordinanza impugnata deve essere annullata, limitatamente alla determinazione della pena residua da espiare,
rinvio per nuovo esame sul punto al G.I.P. del Tribunale di Novara, che si att ai principi di diritto enunciati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata, limitatamente alla determinazione della pena residua da espiare, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Novara
Ufficio G.I.P.
Così deciso in Roma, il 23 giugno 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente