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Revoca indulto reato permanente: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha confermato il rigetto di un’istanza di indulto per un condannato per truffa e associazione per delinquere. La questione centrale riguarda la revoca indulto reato permanente. La Corte ha stabilito che la continuazione del reato associativo, anche per una minima parte, nel quinquennio successivo all’entrata in vigore della legge sull’indulto (L. 241/2006), è sufficiente a precludere il beneficio. Viene affermato il principio dell’indivisibilità del reato permanente, che non può essere ‘scomposto’ in segmenti temporali per calcolare la pena applicabile.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Revoca Indulto Reato Permanente: La Cassazione Chiarisce l’Indivisibilità del Reato

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 33755/2025, torna a pronunciarsi su un tema cruciale in materia di esecuzione della pena: la revoca indulto reato permanente. Il caso analizzato offre spunti fondamentali per comprendere come la prosecuzione di una condotta criminosa nel tempo influenzi l’applicabilità dei benefici di clemenza, come l’indulto previsto dalla legge n. 241 del 2006.

I Fatti del Caso: Una Condanna e la Richiesta di Indulto

Un soggetto, condannato con sentenza definitiva per diversi reati di truffa e per il delitto di associazione per delinquere (art. 416 c.p.), presentava istanza per ottenere il beneficio dell’indulto. Le truffe erano state commesse prima della data limite fissata dalla legge (2 maggio 2006), ma il reato associativo, per sua natura permanente, si era protratto dal giugno 2005 fino al febbraio 2012.
Il Tribunale, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza, ritenendo che il beneficio fosse precluso dalla commissione, nel quinquennio successivo all’entrata in vigore della legge, di un delitto non colposo punito con pena superiore a due anni. Nello specifico, la pena di quattro anni per il reato associativo, protrattosi ben oltre il 2006, rendeva inapplicabile l’indulto.

La Decisione della Cassazione e la Revoca Indulto Reato Permanente

Il condannato ricorreva in Cassazione, sostenendo che il giudice dell’esecuzione avesse erroneamente quantificato la pena relativa al periodo post-2006, argomentando che la fase più significativa del reato associativo fosse quella iniziale, anteriore alla legge sull’indulto. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, cogliendo l’occasione per chiarire un principio di diritto fondamentale.

L’Indivisibilità del Reato Permanente

Il punto centrale della decisione è che il reato permanente, come l’associazione per delinquere, ha una struttura intrinsecamente unitaria. Non è possibile ‘scomporlo’ o ‘frazionarlo’ in diversi segmenti temporali per valutare l’applicabilità di un beneficio. L’offesa al bene giuridico protetto è unica e continua per tutta la durata della condotta illecita.
Di conseguenza, è sufficiente che anche un solo segmento della condotta del reato permanente cada nel periodo ostativo (in questo caso, il quinquennio successivo al 1° agosto 2006) per escludere integralmente il beneficio dell’indulto.

Rettifica della Motivazione del Tribunale

Pur confermando la decisione di rigetto, la Cassazione ha corretto la motivazione del Tribunale. Quest’ultimo aveva tentato di ‘quantificare’ la porzione di pena relativa al periodo successivo al 2006, un’operazione che la Suprema Corte ha ritenuto errata in diritto. Non serve alcun calcolo proporzionale: la semplice prosecuzione del reato permanente nel periodo rilevante è di per sé causa ostativa all’applicazione dell’indulto. La Corte ha quindi fatto uso del potere di rettificare la motivazione ai sensi dell’art. 619 c.p.p., essendo il dispositivo della decisione di merito comunque corretto.

Le Motivazioni della Sentenza

La Cassazione ha ribadito un orientamento consolidato, fondando la propria decisione sul concetto di unitarietà del reato permanente. Il provvedimento di clemenza non può essere applicato quando la permanenza del reato si protrae oltre il termine di efficacia del beneficio stesso. L’illecito penale è unico e si considera commesso fino al momento della cessazione della condotta. Pertanto, tentare di scindere il reato in una parte ‘perdonabile’ (quella ante-legge) e una ‘non perdonabile’ (quella post-legge) è un’operazione giuridicamente scorretta. La commissione di un delitto non colposo nel quinquennio successivo alla legge sull’indulto, che integra una condizione ostativa, si realizza pienamente anche se il reato permanente è solo ‘proseguito’ in tale arco temporale.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La sentenza consolida un principio rigoroso: chi è condannato per un reato permanente la cui condotta si estende a cavallo dei termini previsti da una legge di clemenza, non potrà beneficiare dell’indulto. La natura unitaria e inscindibile di tale tipo di reato impedisce qualsiasi valutazione frazionata della pena o della condotta. Questa decisione ha importanti implicazioni pratiche per la fase esecutiva, chiarendo che la semplice verifica della prosecuzione della condotta nel periodo ostativo è sufficiente per fondare il rigetto dell’istanza, senza necessità di complessi calcoli sulla ripartizione della pena.

Un reato permanente iniziato prima della legge sull’indulto ma proseguito dopo dà diritto al beneficio?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che se la condotta del reato permanente si protrae anche per un solo segmento temporale nel quinquennio successivo all’entrata in vigore della legge, il beneficio dell’indulto è precluso.

È necessario calcolare la porzione di pena relativa al periodo successivo alla legge sull’indulto per negare il beneficio?
No. La Corte ha chiarito che non è corretto né necessario ‘scomporre’ il reato associativo o la relativa pena. La semplice continuazione del reato nel periodo ostativo è sufficiente per negare l’indulto, a prescindere da calcoli sulla pena inflitta per quel periodo.

Cosa significa che un reato permanente ha una struttura ‘intrinsecamente unitaria’?
Significa che il reato è considerato un’unica violazione della legge che si protrae nel tempo. Non può essere suddiviso in più reati distinti o in diversi segmenti temporali. Per questo motivo, le cause estintive come l’indulto possono operare solo quando la condotta criminale (la ‘permanenza’) è completamente cessata prima dei termini ostativi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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