Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 33755 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Penale Sent. Sez. 1 Num. 33755 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Data Udienza: 15/07/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
NOME COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a (SVIZZERA) il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 14/04/2025 del TRIBUNALE di Trento udita la relazione svolta dal Consigliere NOME AVV_NOTAIO COGNOME;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale di Trento, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’opposizione proposta da NOME COGNOME avverso il provvedimento del medesimo Tribunale, che aveva respinto l’istanza con la quale il condannato aveva chiesto il beneficio dell’indulto ex lege n. 241 del 2006, in relazione alla condanne per piø truffe (commesse in data anteriore al 2 maggio 2006), di cui alla sentenza emessa dal Tribunale di Trento il 14/04/2016, irrevocabile il 14/05/2018.
A ragione, il Tribunale osservava che il beneficio dell’indulto fosse precluso dall’avere il condannatocommesso, nel termine di cinque anni dall’entrata in vigore della legge n. 241 del 2006, un delitto non colposo per il quale aveva riportato una condanna a pena detentiva non inferiore a due anni: in particolare, con la medesima sentenza emessa dal Tribunale di Trento il 14/04/2016, irrevocabile il 14/05/2018, COGNOME era stato condannato anche il per il reato di cui all’art. 416 cod. pen., commesso dal giugno 2005 al febbraio 2012; la frazione di pena inflitta per tale titolo di reato doveva ritenersi certamente superiore al limite dei due anni, atteso che per il reato associativo era stata irrogata una pena di anni quattro di reclusione, e che la frazione di tempo successiva al 01/08/2006 (termine richiamato dall’art. 1, comma 3, legge n. 241 del 2006) copriva un periodo di sei anni sui sette complessivi di permanenza del reato associativo: era, conseguentemente, logico ritenere che per tale frazione temporale la pena inflitta dal Tribunale fosse superiore alla metà (due anni) di quella inflitta per l’intero delitto associativo (quattro anni).
Avverso detto provvedimento ha proposto tempestivo ricorso il condannato, a mezzo dei difensori, denunciando, con un unico motivo, erronea applicazione degli artt. 671 cod. proc. pen., 81 cod. pen., e 1 e 3 legge n. 241 del 2006.
Il ricorrente contesta come erroneo il ragionamento posto da NOME alla base del
provvedimento reiettivo sotto il profilo della quantificazione di pena comminata per la frazione di condotta commessa, nell’ambito del reato associativo, successivamente al 01/08/2006; osserva in particolare il condannato come il momento maggiormente pregnante della vita societaria sia la sua fondazione, con la conseguenza che, cadendo detto momento in periodo antecedente al 01/08/2006, la maggior pare della pena inflitta per reato associativo va imputata al primo periodo. E ciò a maggior ragione dal momento che dalla sentenza era emerso che nel 2008 l’attività dell’associazione era di fatto cessata.
Il sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso Ł infondato.
2.Il provvedimento impugnato, sia pure attraverso un iter motivazionale non privo di criticità, Ł giunto correttamente al rigetto dell’istanza di concessione di indulto.
NOME COGNOME Ł stato condannato, con sentenza del Tribunale di Trento del 14/04/2016, irrevocabile il 14/05/2018, per il reato di cui all’art. 416 cod. pen.,commesso dal giugno 2005 al febbraio 2012, nonchØ per quattro truffe, commesse in data anteriore al 2 maggio 2006; la pena detentivacomplessivamente inflitta al condannato Ł stata di sei anni di reclusione, così determinata dal giudice della cognizione: quattro anni per il reato di cui all’art. 416 cod. pen., aumentata di due anni di reclusione per i reati di cui all’art. 640 cod. pen.
Correttamente, quindi, il Tribunale ha ritenuto che COGNOME non potesse beneficiare dell’indulto, per aver egli perpetrato un nuovo reato (l’associazione per delinquere), nell’arco di tempo di un quinquennio, decorrente dal giorno 1° agosto 2006 (data di entrata in vigore della legge n. 241 del 2006, di concessione dell’indulto).
3.Priva di pregio si appalesa la tesi difensiva secondo cui la pena per il delitto associativo andrebbe scomposta in due frazioni, in applicazione del principiodi diritto, secondo il quale, in tema di reato permanente contestato nella forma cosiddetta “aperta”, qualora in sede esecutiva debba farsi dipendere un qualsiasi effetto giuridico dalla data di cessazione della condotta e questa non sia stata precisata nella sentenza di condanna, spetta al giudice dell’esecuzione l’accertamento mediante l’analisi accurata degli elementi a sua disposizione (Sez. 1, n. 21928 del 17/03/2022, COGNOME, Rv. 283121).
Nella concreta fattispecie, infatti, il reato associativo Ł stato oggetto di contestazione non in forma ‘aperta’, bensì con condotta temporalmente ‘chiusa’, in quanto relativa ad un circoscritto arco temporale, che parte dal giugno 2005 e termina al febbraio 2012; diviene operativo, quindi, un principio differente, che Ł quello fissato da Sez. 1, n. 36866 del 03/02/2023, Cava, Rv. 285238 – 01, che ha così statuito: «In tema di revoca dell’indulto di cui alla legge 31 luglio 2006, n. 241, per la sussistenza di un delitto non colposo commesso nel quinquennio successivo alla data di entrata in vigore di tale legge, Ł sufficiente che, in caso di reato permanente, sia caduto nel quinquennio in oggetto un qualsiasi segmento del reato» (si veda anche Sez. 1, n. 42384 del 28/05/2016, COGNOME, Rv. 268274 – 01; Sez. 1, n. 1746 del 08/03/2000, COGNOME, Rv. 215824).
Va, infatti, osservato che il reato permanente ha una struttura intrinsecamente unitaria, che non Ł possibile scomporre in una pluralità di reati, essendo unico il bene leso nel corso dell’intera durata dell’azione o dell’omissione, così da dover ritenere inoperante l’intervento di cause estintive del reato (come l’amnistia) o della pena (come l’indulto), le quali operano solo se la permanenza Ł cessata (Sez. 2, n. 9984 del 05/06/1981, COGNOME, Rv.
150862).
Conseguentemente, il provvedimento di clemenza (nella specie la legge 31 luglio 2006, n. 241, di concessione di indulto) non può essere applicato quando la permanenza del reato si protragga oltre il termine di efficacia del beneficio stabilito nella medesima legge (2 maggio 2006).
Ha, quindi, errato il Giudice dell’esecuzione nello scomporre il reato associativo, contestato in forma chiusa dal 2005 al 2012, in diversi segmenti imputando una parte di pena a quello successivo al 01/08/2006; sarebbe stato infatti sufficiente, per fondare il rigetto dell’istanza di applicazione dell’indulto, rilevare l’intervenuta condanna per reato permanente commesso in epoca successiva a tale data, con condanna a pena superiore ai due anni.
In tali termini va rettificata la motivazione ai sensi dell’art. 619 cod. proc. pen.
4.Da quanto esposto discende il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così Ł deciso, 15/07/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME