Revoca Indulto e Reato Continuato: La Cassazione Fa Chiarezza sul Calcolo della Pena
La questione della revoca indulto torna al centro del dibattito giurisprudenziale con una recente pronuncia della Corte di Cassazione. La sentenza in esame chiarisce un aspetto cruciale: in caso di condanna per reato continuato, quale pena deve essere considerata per decidere se revocare o meno il beneficio? Quella complessiva o quella relativa alla singola violazione più grave? La Corte ha fornito una risposta netta, rafforzando un orientamento consolidato.
I Fatti del Caso: una Condanna per Reato Continuato
Il caso trae origine da un’ordinanza della Corte d’Appello che aveva disposto la revoca dell’indulto concesso a un soggetto ai sensi della Legge n. 241/2006. Tale legge prevede che il beneficio sia revocato se, entro cinque anni dalla sua entrata in vigore, il beneficiario commette un delitto non colposo per il quale riporti una condanna a una pena non inferiore a due anni di reclusione.
Nel caso specifico, l’interessato era stato condannato per un reato continuato, comprensivo della ricettazione di una carta d’identità e della sua successiva alterazione. La pena complessiva inflitta, risultato del cosiddetto cumulo giuridico, era pari a due anni di reclusione. Sulla base di questo dato, la Corte d’Appello aveva ritenuto sussistenti i presupposti per la revoca.
La Decisione della Cassazione sulla revoca indulto
La difesa dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello avesse commesso un errore di diritto. L’argomento difensivo si basava su un punto fondamentale: per valutare la legittimità della revoca indulto, non si deve guardare alla pena finale derivante dal cumulo giuridico, ma alla pena inflitta per la violazione più grave, considerata singolarmente.
La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza impugnata e rinviando il caso alla Corte d’Appello per un nuovo giudizio. La decisione si fonda su un’interpretazione consolidata della normativa sull’indulto.
Le Motivazioni della Sentenza
La Cassazione ha ribadito che, ai sensi dell’art. 1, comma 3, della Legge n. 241/2006, nel caso di reati unificati dal vincolo della continuazione, la pena a cui fare riferimento per la revoca non è quella complessiva. Al contrario, è necessario individuare la pena inflitta per ciascuno dei singoli reati. La soglia dei due anni deve essere superata dalla sanzione per la singola violazione, non dalla somma giuridica delle pene.
I giudici hanno specificato ulteriormente che, anche qualora il processo si sia svolto con rito abbreviato, il calcolo deve essere preciso. Si deve partire dalla pena base per il reato più grave, applicare la diminuzione per il rito, e solo a quel punto verificare se la pena effettiva sia o meno idonea a sostenere la revoca del beneficio.
Nel caso esaminato, la pena per il delitto più grave, prima della riduzione per il rito, era di due anni e otto mesi. Applicando la riduzione prevista per il rito abbreviato, la pena effettiva per quel singolo reato sarebbe scesa al di sotto della soglia critica dei due anni, rendendo di fatto illegittima la revoca dell’indulto.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
Questa sentenza consolida un principio di garanzia per i beneficiari di indulto. Stabilisce che la valutazione per la revoca deve essere analitica e non sintetica. Non è la ‘massa’ della pena derivante da più reati legati da un unico disegno criminoso a contare, ma la gravità intrinseca della singola condotta più seria. Questa interpretazione previene l’effetto distorsivo del cumulo giuridico, che potrebbe portare a revocare il beneficio anche quando nessuna delle singole condotte, di per sé, raggiunge il livello di gravità fissato dal legislatore. La decisione impone ai giudici dell’esecuzione un’analisi più dettagliata e rigorosa, assicurando che la revoca indulto sia applicata solo nei casi in cui la nuova condotta criminale manifesti una pericolosità effettiva, misurata sulla base della sanzione per il singolo reato.
In caso di reato continuato, quale pena si considera per la revoca dell’indulto concesso con L. 241/2006?
Per la revoca dell’indulto, non si considera la pena complessiva risultante dal cumulo giuridico, ma la pena inflitta per ciascuno dei singoli reati che compongono la continuazione. La revoca è legittima solo se la pena per almeno uno di questi reati, singolarmente considerato, non è inferiore a due anni.
La pena finale applicata per un reato continuato è rilevante ai fini della revoca dell’indulto?
No, la pena finale, calcolata con il criterio del cumulo giuridico (pena per il reato più grave aumentata per gli altri), non è rilevante. Ciò che conta è la pena imputabile alla violazione più grave, prima che a questa vengano aggiunti gli aumenti per gli altri reati.
Come influisce il rito abbreviato sul calcolo della pena ai fini della revoca?
Se il processo si è svolto con rito abbreviato, la pena da considerare è quella determinata per il singolo reato più grave, già diminuita per effetto della scelta del rito. Se anche dopo questa diminuzione la pena risulta inferiore a due anni, la revoca dell’indulto non è possibile.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 26013 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 26013 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 23/04/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente sul ricorso proposto da:
avverso l’ordinanza del 26/03/2024 della Corte d’Appello di Reggio Calabria;
vista la requisitoria del Sost. Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Secondo la Corte di Appello sussiste il presupposto di legge per la revoca, ossia l’aver commesso un delitto non colposo nei cinque anni successivi alla data di entrata in vigore della legge n.241 del 2006 (dunque dal 1.8.2006), con pena inflitta non inferiore a due anni.
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione – a mezzo del difensore – NOME COGNOME Si deduce erronea applicazione di legge.
La difesa si duole del fatto che il decidente ha erroneamente revocato il beneficio dell’indulto poichØ il reato commesso nel quinquennio successivo alla concessione dell’indulto Ł un reato continuato (ricettazione di una carta di identità di provenienza illecita e successiva alterazione del documento), cui Ł conseguita la pena di anni due di reclusione quale pena complessiva. Il giudice della esecuzione, quindi, non avrebbe dovuto tener conto della pena risultante dal cumulo giuridico (pari a due anni) ma della pena inflitta per la violazione piø grave che di per sØ non supera i due anni e, quindi, non legittima la revoca dell’indulto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł fondato.
Secondo l’interpretazione elaborata nella presente sede di legittimità ai fini della revoca
– Relatore –
Sent. n. sez. 1451/2025
CC – 23/04/2025
dell’indulto ai sensi dell’art. 1, comma 3, legge 31 luglio 2006, n. 241, nel caso di reati unificati dal vincolo della continuazione, la pena cui fare riferimento non Ł quella complessiva, ma quella inflitta per ciascuno di tali reati, da individuarsi, qualora si sia proceduto con le forme del rito abbreviato, nella pena finale determinata dopo la diminuzione per il rito (tra le molte, Sez. I n. 48501 del 4.10.2019, rv 277887).
Nel caso in esame risulta, effettivamente, che la pena inflitta – nella sentenza del 2011 – per il delitto piø grave prima della riduzione per il rito Ł pari ad anni due e mesi otto di reclusione, su cui va applicata la riduzione per il rito, con pena effettiva non idonea a sostenere la revoca dell’indulto.
Va pertanto disposto l’annullamento del provvedimento impugnato, con rinvio per nuovo giudizio come da dispositivo.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di Appello di Reggio Calabria.
Così Ł deciso, 23/04/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME