Revoca Indulto: Quando la Legge Agisce in Automatico
L’istituto dell’indulto, misura di clemenza volta a condonare parte di una pena, è sempre subordinato a precise condizioni. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i meccanismi automatici che portano alla revoca indulto in caso di commissione di nuovi reati, sottolineando l’impossibilità di rimettere in discussione in sede esecutiva ciò che è stato accertato con sentenza definitiva. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi di diritto affermati dai giudici.
I Fatti del Caso
Un soggetto, beneficiario di un indulto, si è visto revocare tale beneficio dalla Corte d’Appello a seguito di una nuova condanna. Contro questa decisione, ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che la revoca fosse illegittima. La difesa argomentava che le condotte del nuovo reato erano state commesse in un periodo successivo a quello rilevante ai fini della revoca. Inoltre, il ricorrente lamentava che non fossero state adeguatamente considerate le argomentazioni difensive già presentate al giudice dell’esecuzione.
La Decisione della Cassazione
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo ‘manifestamente inammissibile’. I giudici supremi hanno confermato la decisione della Corte d’Appello, stabilendo che la revoca del beneficio era non solo corretta, ma obbligatoria. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: La revoca indulto è un automatismo di legge
Il cuore della decisione risiede nel principio secondo cui la revoca indulto opera ex lege, ovvero per diretta previsione di legge, senza margini di discrezionalità per il giudice. La legge n. 241/2006, che ha concesso l’indulto, stabilisce chiaramente che il beneficio viene revocato se il condannato commette un nuovo reato, accertato con sentenza irrevocabile, entro cinque anni dall’entrata in vigore della legge stessa.
Nel caso specifico, era intervenuta una sentenza di condanna definitiva per un reato associativo. Sebbene la contestazione formale partisse da una data successiva, le motivazioni della sentenza di condanna, basate anche su dichiarazioni testimoniali, avevano collocato l’adesione del soggetto al sodalizio criminale in un’epoca ben precedente e rientrante nel quinquennio critico.
La Cassazione ha chiarito un punto fondamentale della procedura penale: nel procedimento di esecuzione, non è possibile contestare o rivalutare i fatti che sono stati accertati con una sentenza divenuta irrevocabile. L’accertamento della commissione del nuovo reato nel periodo rilevante è un presupposto che, una volta divenuto definitivo, non può più essere messo in discussione. La revoca, pertanto, diventa un atto dovuto, una conseguenza automatica imposta dalla legge.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un principio cardine del nostro ordinamento: la stabilità del giudicato. Una volta che una sentenza diventa definitiva, i fatti in essa accertati sono ‘pietra’, non più scalfibile in altre sedi, come quella esecutiva. Per chi beneficia di un indulto, ciò significa che la commissione di un nuovo reato nel periodo ‘sotto osservazione’ comporta la perdita automatica del beneficio, senza che il giudice dell’esecuzione possa entrare nel merito della colpevolezza già sancita in via definitiva. La decisione serve da monito sulla serietà delle condizioni associate alle misure di clemenza e sui limiti invalicabili posti dal giudicato penale.
Quando viene revocato un indulto concesso ai sensi della L. 241/2006?
L’indulto viene revocato di diritto (
ex lege) se il beneficiario commette un nuovo reato, accertato con sentenza irrevocabile, nei cinque anni successivi all’entrata in vigore della stessa legge.
È possibile contestare la sentenza di condanna che ha causato la revoca durante il procedimento di esecuzione?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che un accertamento di colpevolezza contenuto in una sentenza divenuta irrevocabile non può essere più contestato dal ricorrente nel procedimento di esecuzione.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, se non vi sono ragioni di esonero, al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31980 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31980 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 11/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a COGNOME il 09/08/1961
avverso l’ordinanza del 03/04/2025 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Esaminato il ricorso proposto avverso l’ordinanza del 09/04/2025, con la quale la Corte di appello di Reggio Calabria ha revocato l’indulto applicato nei confronti di NOME COGNOME per la condanna a lui inflitta con la sentenza indicata nel provvedimento impugnato;
Ritenuto che con unico motivo la difesa lamenta che la revoca sia stata disposta senza tenere conto del fatto che le condotte accertate con la successiva sentenza erano tutte di epoca successiva al 2016;
che il ricorso prospetta argomenti già valutati dal giudice dell’esecuzione che aveva tra l’altro sottolineato come il passaggio in giudicato della sentenza che aveva accertato una condotta associativa, come da contestazione, decorrente dall’agosto del 2018, non consentiva di rivalutare la tesi difensiva; aveva inoltre evidenziato che le dichiarazioni di NOME COGNOME valorizzate nella motivazione della sentenza, descrivevano la sua adesione al sodalizio quantomeno già nel 2010;
che le doglianze sono manifestamente inammissibili poiché la revoca dell’indulto deriva ex lege dall’accertamento con sentenza irrevocabile di una condotta di reato commessa nei cinque anni dall’entrata in vigore della legge n. 241/2006, presupposto riscontrato nel caso in esame sulla base di un accertamento irrevocabile che non può essere più contestato dal ricorrente nel procedimento di esecuzione;
che per queste ragioni, il ricorso va dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così ciso l’11 settembre 2025