Revoca Indulto: La Cassazione Conferma che un Errore Materiale Non Annulla la Decisione
La revoca indulto è un meccanismo previsto dalla legge che scatta automaticamente al verificarsi di precise condizioni. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito questo principio, chiarendo che un semplice errore di battitura nella motivazione di un provvedimento non è sufficiente a invalidarlo, se la sostanza della decisione è corretta e basata su fatti inequivocabili. Analizziamo insieme questo interessante caso.
I Fatti del Caso: un Indulto Messo in Discussione
Un soggetto, precedentemente beneficiario di un indulto, si è visto revocare tale beneficio dalla Corte d’Appello di Bari. La revoca era motivata dal fatto che l’individuo aveva commesso un nuovo reato (nello specifico, una ricettazione) entro il termine di cinque anni previsto dalla legge n. 241/2006, riportando una condanna a due anni di reclusione.
L’interessato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello avesse fondato la sua decisione su sentenze inesistenti, poiché le date riportate nella motivazione del provvedimento di revoca erano palesemente sbagliate.
La Questione della Revoca Indulto Automatica
Il cuore della questione ruota attorno all’articolo 1, comma 3, della legge n. 241/2006. Questa norma è molto chiara: il beneficio dell’indulto è revocato ‘di diritto’ (cioè automaticamente) se il beneficiario, entro cinque anni dall’entrata in vigore della legge, commette un delitto non colposo per il quale viene condannato a una pena detentiva non inferiore a due anni.
La revoca, in questi casi, è un atto dovuto per il giudice, che non richiede alcuna valutazione discrezionale. Una volta accertato che le condizioni di legge sono state soddisfatte (nuovo reato, periodo di tempo, entità della pena), il beneficio decade.
L’Errore Materiale e la sua Irrilevanza
La Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. I giudici hanno riconosciuto che la Corte d’Appello aveva effettivamente commesso un errore materiale nella stesura della motivazione, indicando date palesemente errate per le sentenze originarie che avevano concesso l’indulto (ad esempio, 2019 anziché 2009).
Tuttavia, la Cassazione ha sottolineato che questo tipo di svista non può intaccare la validità della decisione finale.
Le Motivazioni della Cassazione
La Suprema Corte ha spiegato che l’errore era meramente formale e non sostanziale. I presupposti per la revoca indulto erano tutti presenti e chiaramente documentati negli atti processuali trasmessi dal Procuratore Generale. Il nuovo reato era stato commesso nel periodo ‘sospetto’ e la condanna era di entità sufficiente a far scattare la revoca automatica.
L’errore sulle date nella motivazione non ha influito né sulla verifica dei presupposti di legge, né sul dispositivo finale dell’ordinanza. I dati corretti erano, infatti, facilmente ricavabili dal fascicolo. Di conseguenza, l’errore non era idoneo a viziare il provvedimento, che rimaneva giuridicamente corretto nella sua conclusione.
Conclusioni
Questa ordinanza rafforza un principio fondamentale del diritto processuale: la distinzione tra vizi sostanziali, che possono portare all’annullamento di un atto, e meri errori materiali, che sono emendabili e non ne compromettono la validità. Per i cittadini, il messaggio è chiaro: i benefici come l’indulto sono condizionati al rispetto di precise regole di condotta. La violazione di tali regole comporta conseguenze automatiche e severe, che non possono essere aggirate appellandosi a semplici imprecisioni formali contenute negli atti giudiziari, quando la sostanza dei fatti è incontrovertibile.
Quando scatta la revoca automatica dell’indulto secondo la legge citata nel caso?
La revoca dell’indulto è automatica (‘di diritto’) se il beneficiario, entro cinque anni dall’entrata in vigore della legge 241/2006, commette un delitto non colposo per il quale riporta una condanna a una pena detentiva non inferiore a due anni.
Un errore materiale, come una data sbagliata nella motivazione di un’ordinanza, può renderla nulla?
No, secondo la Corte di Cassazione, un mero errore materiale che non influisce sulla verifica dei presupposti di legge né sul dispositivo della decisione non è sufficiente a rendere nullo il provvedimento, specialmente se i dati corretti sono facilmente ricavabili dagli atti del processo.
Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione sul ricorso?
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, confermando così la revoca dell’indulto.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33370 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33370 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 25/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a GRAVINA DI PUGLIA il 23/05/1950
avverso l’ordinanza del 10/04/2025 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Esaminato il ricorso proposto avverso l’ordinanza in data 10/04/2025, con la quale la Corte di appello di Bari ha revocato l’indulto già concesso a NOME COGNOME
Ritenuto che il ricorso a fronte del chiaro tenore letterale della legge che prevede al comma 3 dell’art. 1 della legge n. 241/2006 che «Il beneficio dell’indulto è revocato di diritto se chi ne ha usufruito commette, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un delitto non colposo per il quale riporti condanna a pena detentiva non inferiore a due anni» e a fronte di una successiva condanna ad anni due di reclusione, sostiene che la Corte territoriale abbia disposto la revoca con riferimento a sentenze inesistenti;
che in realtà i presupposti per la revoca, che va disposta d’ufficio e che non richiede specifiche valutazioni, sono sussistenti e il provvedimento incorre in un mero errore materiale nella compilazione della motivazione dove si indica correttamente come reato commesso nei cinque anni successivi all’entrata in vigore della legge n. 241/2006 una ricettazione del 22/06/2007, oggetto della sentenza della Corte di appello di Bari in data 22/09/2002, irrevocabile dal 10/10/2023 ma si indicano erroneamente le sentenze che hanno concesso l’indulto: sentenza del Tribunale di Forlì – sez. dist. di Cesena in data 13/02/2019, anziché 13/02/2009, e sentenza del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Rimini in data 18/10/2016, anziché 18/10/2006, come per entrambe le sentenze si ricava agevolmente dal provvedimento di esecuzione di pene concorrenti del Procuratore Generale territoriale con contestuale trasmissione degli atti al Magistrato di sorveglianza con richiesta di revoca dei benefici;
che l’errore materiale in motivazione non può refluire né sulla verifica della sussistenza dei presupposti di legge né sul dispositivo della decisione nel quale si fa riferimento alle sentenze oggetto della richiesta del Procuratore Generale territoriale e in ogni caso a quelle che hanno concesso il beneficio dell’indulto a NOME COGNOME così agevolmente identificabili in atti, non essendovene altre nel provvedimento di cumulo che abbiano concesso analogo beneficio;
Per queste ragioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
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