Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 26619 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 26619 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a FOGGIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 06/11/2023 della CORTE APPELLO di BARI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Lette le conclusioni del PG COGNOME che ha chiesto dichiararsi il ricorso inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata nel preambolo, la Corte di appello di Bari ha revocato il beneficio dell’indulto concesso a NOME COGNOME, ai sensi della legge, 31 luglio 2006, n. 241, nella misura di anni 2 di reclusione relativamente alla sentenza emessa del Giudk9 dell’udienza preliminare del Tribunale di Foggia in data 16 giugno 2007 .
A ragione osserva che COGNOME, con la sentenza della Corte di appello di Bari, in data 10 maggio 2022, ha riportato una condanna a pena detentiva non inferiore
a due anni di reclusione per delitto non colposo, commesso nel quinquennio successivo alla data di entrata in vigore del provvedimento di clemenza.
Avverso l’ordinanza COGNOME, per il tramite del difensore di fiducia, ha interposto ricorso per cassazione denunziando erronea applicazione dell’art. 1, comma 3, della legge, 31 luglio 2006, n. 241.
Secondo il ricorrente, il giudice dell’esecuzione non ha considerato che il condannato, con la sentenza indicata quale presupposto per la disposta revoca, «ha riportato» nel quinquennio successivo all’entrata in vigore della legge, 31 luglio 2006, n. 241 condanna alla pena di anni due onni di reclusione per più reati di usura avvinti dal nesso della continuazione e che le pene per ciascuna violazione unificata ex art. 81, comma secondo, cod. pen., compresa quella più grave, sono state necessariamente determinate in misura inferiore a due anni di reclusione, tenuto del minimo edittale all’epoca vigente (anni 2) e dell’applicazione della diminuzione di un terzo per il giudizio abbreviato. Trova, quindi applicazione il principio, più volte precisato dalla giurisprudenza di legittimità, in base al quale a fini della revoca dell’indulto si deve aver riguardo alla pena inflitta per ciascuno dei reati in continuazione e non a quella complessiva tenendo conto delle diminuenti per la scelta dei riti speciali.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
La giurisprudenza di questa Corte è ferma nel puntualizzare che, in ipotesi di revoca dell’indulto a seguito di condanna relativa a reato continuato, si deve aver riguardo alla pena inflitta per ciascuna delle violazioni unificate e non a quella complessiva (Sez. 1, n. 16793 del 14/02/2019, COGNOME, Rv. 275246; Sez. 1, n. 3986 del 28/11/2013, dep. 2014, Soriano, Rv. 259139); se la sentenza è stata emessaA in esito a giudizio premiale, la pena in concreto irrogata – e quindi quella alla quale si deve fare riferimento ai fini della revoca dell’indulto – è quella final determinata dopo l’applicazione della riduzione (così, con riferimento all’indulto concesso con il d.P.R. n. 354 del 1990 – Sez 1, n. 5798 del 15/11/1995, dep. 17/01/1996, P.M. in proc. Leone, Rv. 203439 e, più di recente, Sez. 4, n. 44754 del 03/10/2013, COGNOME, Rv. 257558; Sez. 1, n. 48501 del 04/10/2019, COGNOME, Rv. 277887 che ha precisato che, qualora si sia proceduto con le forme del rito abbreviato, la pena da prendere in considerazione è quella determinata dopo la diminuzione per il rito). La revoca opera unicamente nel caso in cui il beneficiario subisca, per un singolo delitto doloso, condanna alla pena detentiva di una certa
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entità, determinata in concreto anche a seguito della riduzione di pena conseguente all’adozione dei procedimenti speciali (artt. 442 e 444 cod. proc. pen.); infatti ne’ la lettera, ne’ la “ratio” della predetta disposizione contenu nell’art. 1, comma, 3 della legge, 31 luglio 2006, n. 241 consentono di riferirsi, ai fini della revoca dell’indulto, esclusivamente alla pena determinata sulla base delle circostanze di diritto sostanziale con esclusione della riduzione di natura processuale. (Sez. 1, n. 47916 del 09/11/2012, Amoruso Rv. 254016; Sez. 1, n. 2617 del 21/11/2012, dep. 2013, Perez, Rv. 254236).
L’ordinanza impugnata non ha fatto buon governo dei principi in esame perché ha considerato rilevante ai fini della revoca del beneficio una sentenza di condanna alla pena finale di anni 2 di reclusione, relativa, però, a più reati unificati sotto il vincolo della continuazione le cui rispettive pene, al netto della riduzione per il rito – sia quella della violazione più grave (pari quanto meno al minimo edittale di due anni) sia quelle dei reati satellite (complessivamente pari ad un anno) – sono inferiori, per quanto concerne quella detentiva, al limite di due anni di reclusione indicato dal cit. art. 1, comma 3 del provvedimento indulgenziale.
Non può in senso contrario obiettarsi che la condanna che costituisce il presupposto della revoca dell’indulto non abbia avuto ad oggetto, così come contestato nel capo di imputazione e non espressamente smentito dall’accertamento in sede di cognizione, più reati di usura avvinti dal nesso della continuazione ma un solo reato, e che, pertanto, la pena inflitta, pari a tre anni, ridotta ex art. 442 cod. proc. pen. a due, si riferisca solo a questa violazione.
Si tratterebbe di una interpretazione di sfavore per il condannato, fondata in via esclusiva su un elemento equivoco ovvero la determinazione della pena da parteJel GRAGIONE_SOCIALE senza esplicita indicazione degli aumenti ex art. 81, secondo comma, cod. pen., ma in misura tale da astrattamente comprenderli in ragione del superamento del minimo edittale della violazione più grave.
Al contrario, in subiecta materia il criterio interpretativo cui fare ricorso in caso di incertezza non può che essere di segno opposto.
In questo senso si è già espressa questa Corte di legittimità che, nell’affrontare questioni assimilabili a quella in esame, ha chiarito che nei casi in cui il Giudice della cognizione non ha applicato la regola di cui all’art. 533, comma 2, cod. proc. pen. (“Se la condanna riguarda più reati, il giudice stabilisce la pena per ciascuno di essi e quindi determina la pena che deve essere applicata in osservanza delle norme sul concorso di reati e di pene o sulla continuazione”), il Giudice dell’esecuzione per interpretare il giudicato ai fini della revoca dell’indulto
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deve ispirarsi al principio del favor rei (cfr. Sez. 1, n. 2060 del 11/11/2008, Marincola dep. 2009 ) Rv. 242837 – 01 che in , un caso in cui la sentenza di condanna aveva indicato una sanzione globale (anni 2 di reclusione) per tutti i reati satelliti, due dei quali pacificamente condonabili, aveva ritenuto corretta la determinazione della pena per il residuo reato in una misura inferiore ai due anni, da ciò conseguendo che condanna non poteva operare come causa ostativa).
Alla eliminazione della revoca dell’indulto illegittimamente disposta può senz’altro provvedere questa Corte, ai sensi dell’art. 620, lett. I), cod. proc. pen., previo annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata con conseguente comunicazione all’organo competente per l’esecuzione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata.
Così deciso, il 16 maggio 2024 Il Consigliere estensore
Il Presidente