Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 19408 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
PRIMA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 1 Num. 19408 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 15/05/2025
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
R.G.N. 10212/2025
NOME FILOCAMO
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a MELITO DI PORTO SALVO il 15/10/1978 avverso l’ordinanza del 13/02/2024 della CORTE D’APPELLO di REGGIO CALABRIA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Reggio Calabria ha revocato il beneficio dell’indulto di cui alla legge 31 luglio 2006, n. 241 (legge che ha concesso indulto per tutti i reati commessi fino al 2 maggio 2006, in misura non superiore a tre anni per le pene detentive e non superiore a euro diecimila per quelle pecuniarie) che era stato accordato a NOME COGNOME nella misura di anni uno, mesi cinque e giorni sei di reclusione ed euro seicento di multa – con ordinanza del 23/01/2025 della Corte di assise di appello di Reggio Calabria, in relazione alla sentenza della Corte di appello della medesima città del 16/10/2012, passata in giudicato il 22/05/2014. La decisione di revocare l’indulto si fonda sull’avere NOME riportato condanna alla pena di anni cinque e mesi quattro di reclusione, inflittagli con sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria del 27/04/2017, divenuta irrevocabile il 18/12/2019, per il essersi reso protagonista del reato di cui all’art. 416-bis cod. pen., commesso in Roccaforte del Greco dal 2002 al 2007, ossia entro il quinquennio successivo al 01/08/2006, data di entrata in vigore della suddetta legge che ha concesso l’indulto.
Ricorre per cassazione Annunziato COGNOME a mezzo dell’avv. NOME COGNOME deducendo violazione ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen., in relazione all’art. 1 legge n. 241 del 2006. In sede di cognizione la Corte di appello di Reggio Calabria aveva accertato – quanto alla posizione del ricorrente – l’avvenuta cessazione della condotta associativa a far data dal 17/01/2006; il giudice dell’esecuzione, al contrario, ha apoditticamente affermato la commissione di un nuovo reato entro il quinquennio successivo, rispetto alla data di entrata in vigore della legge di concessione di indulto.
Il Procuratore generale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
Si rileva, anzitutto, l’intrinseca impossibilità di scrutinare le doglianze, in ragione della indebita commistione dei plurimi vizi di motivazione e di violazione di legge. Il ricorso, peraltro, difetta di un effettivo confronto critico con le argomentazioni svolte nella ordinanza impugnata.
La difesa ha presentato memoria di replica, precisando come il ricorso miri a censurare un unico e specifico punto dell’ordinanza impugnata, ossia la decisione relativa alla revoca dell’indulto di cui alla legge n. 241 del 2006; la censura principale attiene al percorso attraverso il quale la Corte di appello Ł pervenuta a tale decisione, con particolare riferimento all’accertamento della data di cessazione della permanenza del reato associativo contestato al condannato.
In secondo luogo, il ricorso non si sottrae all’onere di specificare il profilo del vizio motivazionale, atteso che la censura Ł veicolata sotto il profilo della “carenza di motivazione”, per esser carente la concreta indicazione degli elementi posti a fondamento della conclusione relativa alla cessazione della permanenza del reato associativo, nel periodo rilevante ai fini della revoca dell’indulto. Sulla base di tali argomentazioni, la difesa ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł infondato.
Come già sintetizzato in parte narrativa, NOME Ł stato condannato per il reato di estorsione nell’anno 2012; nel 2015, la Corte di assise di appello di Reggio Calabria gli ha accordato l’indulto;
nel 2017, il ricorrente Ł stato nuovamente condannato per il delitto di associazione mafiosa, commesso dal 2002 al 2007. In ragione dell’intervento di tale nuova condanna, Ł stata disposta la revoca del sopra detto indulto, per aver egli posto in essere un nuovo reato, nell’arco di tempo di un quinquennio, decorrente dal giorno 01/08/2006 (data di entrata in vigore della legge n. 241 del 2006, di concessione dell’indulto); in ordine a tale revoca, il condannato ha proposto il presente ricorso per cassazione.
2.1. Il principio di diritto invocato dalla difesa – e posto a fondamento dell’impugnazione – Ł quello fissato, tra le altre, da Sez. 1, n. 21928 del 17/03/2022, COGNOME, Rv. 283121 – 01, a mente della quale: ‹‹In tema di reato permanente contestato nella forma cosiddetta “aperta”, qualora in sede esecutiva debba farsi dipendere un qualsiasi effetto giuridico dalla data di cessazione della condotta e questa non sia stata precisata nella sentenza di condanna, spetta al giudice dell’esecuzione l’accertamento mediante l’analisi accurata degli elementi a sua disposizione›› (sulla medesima direttrice interpretativa si era già posizionata Sez. 1, n. 45295 del 24/10/2013, COGNOME, Rv. 257725 – 01, sempre in tema di condanna ex art. 416-bis cod. pen. con contestazione aperta).
2.2. Non vi Ł chi non rilevi, però, come nella concreta fattispecie il reato associativo sia stato oggetto di contestazione non in forma ‘aperta’, bensì con condotta temporalmente ‘chiusa’, in quanto relativa ad un circoscritto arco temporale, che parte dal 2002 e termina nel 2007; diviene operativo, quindi, un principio differente, che Ł quello fissato da Sez. 1, n. 36866 del 03/02/2023, Cava, Rv. 285238 – 01, che ha così statuito: ‹‹In tema di revoca dell’indulto di cui alla legge 31 luglio 2006, n. 241, per la sussistenza di un delitto non colposo commesso nel quinquennio successivo alla data di entrata in vigore di tale legge, Ł sufficiente che, in caso di reato permanente, sia caduto nel quinquennio in oggetto un qualsiasi segmento del reato›› (si veda anche Sez. 1, n. 42384 del 28/05/2016, Leo, Rv. 268274 – 01).
2.3. Emerge dal sopra delineato quadro, dunque, che la sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria del 27/04/2017, divenuta irrevocabile il 18/12/2019, inerisce al reato di cui all’art. 416-bis cod. pen., con contestazione ‘chiusa’, che si estende dal 2002 al 2007; se ne desume come una porzione della condotta ritenuta integrativa del reato permanente, pertanto, ricada ampiamente entro il quinquennio posteriore, rispetto alla data di entrata in vigore della legge istitutiva dell’indulto.
A tali elementi di valutazione e conoscenza va a saldarsi un ulteriore dato oggettivo. Il ricorso, infatti, contesta – con affermazione apodittica e meramente confutativa – l’avvenuta cessazione della permanenza del reato associativo; questa risulta però fissata – dalla sentenza di merito – al mese di ottobre del 2007 e l’imputato, nel ricorso deciso da questa Corte (Sez. 5 n. 11306 del 18/12/2019, dep. 2020, Iaria ed altri, n.m.) non ha contestato tale dato specifico.
L’avversata revoca dell’indulto, in definitiva, Ł corretta e dunque meritevole di rimanere al riparo da qualsivoglia stigma, nel giudizio di legittimità.
Alla luce delle considerazioni che precedono, si impone il rigetto del ricorso; segue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 15/05/2025 Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME