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Revoca indulto e bancarotta: la data del fallimento

La Corte di Cassazione ha confermato la revoca di un indulto a seguito di una condanna per bancarotta. La sentenza stabilisce un principio chiave: ai fini della revoca indulto, il reato di bancarotta si considera commesso non al momento delle condotte illecite, ma alla data della sentenza dichiarativa di fallimento, essendo quest’ultima un elemento costitutivo del reato stesso.

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Pubblicato il 16 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Revoca Indulto e Bancarotta: Quando si Commette il Reato?

La questione della revoca indulto è un tema delicato che interseca la clemenza dello Stato con la necessità di sanzionare nuove condotte illecite. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 19744 del 2024, offre un chiarimento fondamentale su un caso specifico: la revoca indulto a seguito di una condanna per bancarotta. Il punto cruciale del dibattito è stato stabilire l’esatto momento in cui il reato di bancarotta si considera commesso. Questa analisi è decisiva per capire se una nuova condanna possa o meno far decadere il beneficio precedentemente concesso.

Il Caso: La Revoca dell’Indulto per una Condanna Sopravvenuta

Una persona aveva beneficiato di un indulto concesso nel luglio 2022. Successivamente, è intervenuta una condanna definitiva per il reato di bancarotta, commesso in relazione a un fallimento dichiarato il 23 novembre 2006. La legge sull’indulto (L. 241/2006) prevedeva la revoca del beneficio qualora il condannato avesse commesso, entro cinque anni dall’entrata in vigore della legge stessa, un delitto per cui fosse stata inflitta una pena di almeno due anni di reclusione.

Il Pubblico Ministero ha quindi richiesto la revoca del beneficio, sostenendo che il reato di bancarotta, perfezionatosi con la dichiarazione di fallimento del novembre 2006, rientrasse nel periodo critico previsto dalla legge. La Corte di Appello di Napoli ha accolto tale richiesta, portando la condannata a ricorrere in Cassazione.

La Tesi Difensiva

La difesa sosteneva che il momento rilevante non dovesse essere la data della dichiarazione di fallimento, bensì il periodo in cui erano state poste in essere le condotte fraudolente, ovvero la prima parte del 2006. Secondo questa interpretazione, il reato sarebbe stato commesso prima dell’entrata in vigore della legge sull’indulto e, di conseguenza, non avrebbe potuto causarne la revoca. Si argomentava che legare la consumazione del reato a un evento esterno e burocratico come la sentenza di fallimento fosse ingiusto, poiché non dipendente dalla volontà dell’imputato.

La Decisione della Cassazione sulla Revoca Indulto

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la decisione della Corte di Appello. I giudici hanno ribadito un principio consolidato nella giurisprudenza: per determinare il tempo di applicazione o di revoca indulto in relazione al reato di bancarotta, si deve fare esclusivo riferimento alla data della sentenza dichiarativa di fallimento.

Le Motivazioni della Sentenza

La motivazione della Corte si fonda su una precisa costruzione giuridica del reato di bancarotta. I giudici hanno spiegato che la sentenza che dichiara il fallimento non è un mero presupposto esterno o una condizione di punibilità, ma un elemento costitutivo del reato stesso. In altre parole, anche se le condotte di distrazione o occultamento dei beni avvengono prima, il reato di bancarotta non esiste legalmente fino a quando un tribunale non dichiara formalmente lo stato di insolvenza dell’impresa.

Questo significa che la consumazione del reato coincide con la pronuncia della sentenza di fallimento. Di conseguenza, nel caso di specie, il reato si è perfezionato il 23 novembre 2006. Essendo questa data successiva all’entrata in vigore della legge sull’indulto e rientrando nel quinquennio di ‘osservazione’, la condanna per tale reato ha legittimamente comportato la revoca del beneficio.

La Corte ha citato precedenti conformi (Cass. n. 40477/2018 e Cass. n. 5791/2024), rafforzando la coerenza di questo orientamento. La giurisprudenza è ferma nel considerare la sentenza di fallimento come il momento che perfeziona la fattispecie incriminatrice, indipendentemente da quando si siano esaurite le condotte materiali.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa sentenza ribadisce un principio di diritto di notevole importanza pratica. Per chi ha beneficiato di un indulto, è cruciale comprendere che la valutazione di un eventuale nuovo reato di bancarotta ai fini della revoca non guarderà alle azioni commesse, ma alla data in cui il tribunale ha ufficialmente dichiarato il fallimento. Questa interpretazione, sebbene possa apparire severa, garantisce certezza giuridica, ancorando la consumazione del reato a un atto formale e oggettivo, la sentenza, piuttosto che a condotte materiali la cui datazione potrebbe essere più incerta e complessa da provare. La decisione sottolinea come la struttura di alcuni reati, come la bancarotta, leghi indissolubilmente la condotta illecita a un evento giuridico successivo, che ne determina la definitiva rilevanza penale.

Quando si considera commesso il reato di bancarotta ai fini della revoca dell’indulto?
Il reato di bancarotta si considera commesso e perfezionato alla data in cui viene pronunciata la sentenza dichiarativa di fallimento, non quando vengono realizzate le condotte distrattive o fraudolente.

Perché la data della sentenza di fallimento è l’elemento decisivo?
Perché, secondo la giurisprudenza consolidata, la sentenza dichiarativa di fallimento è un elemento costitutivo del reato di bancarotta. Senza di essa, le condotte precedenti, pur essendo illecite, non integrano ancora la specifica fattispecie di reato.

In questo caso, la Corte di Cassazione ha annullato la revoca dell’indulto?
No, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso e confermato la revoca dell’indulto. Ha ritenuto corretta la decisione dei giudici di merito, poiché il reato di bancarotta si era perfezionato in una data che rientrava nel periodo di osservazione previsto dalla legge per la revoca del beneficio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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