Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 31819 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: NOME
Penale Sent. Sez. 1 Num. 31819 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Data Udienza: 18/06/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a BRESCIA il 13/11/1967 avverso l’ordinanza del 25/03/2025 del TRIB. SORVEGLIANZA di Brescia udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Brescia, accogliendo la richiesta avanzata dalla Procura generale presso la Corte di appello di Brescia, ha revocato l’ordinanza del 28 gennaio 2020 con la quale aveva dichiarato l’estinzione della pena detentiva in relazione a un provvedimento di cumulo nei confronti di NOME COGNOME in ragione del ritenuto esito positivo dell’affidamento in prova al servizio sociale.
2.Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME per il tramite del difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME deducendo due motivi, di seguito enunciati.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente ha dedotto, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. l’erronea applicazione dell’art. 47, comma 11, Ord. pen., nonchØ il contrasto con l’art. 13 Cost. e 14 delle preleggi. In particolare, il ricorrente ha eccepito che nessuna disposizione di legge prevede la possibilità di revocare un’ordinanza emessa dal Tribunale di Sorveglianza, sicchØ il ripristino dell’espiazione del titolo si porrebbe in contrasto con l’art. 13 Cost. e con l’art. 14 delle preleggi in quanto le rare sentenze che si sono occupate della materia hanno annullato ordinanze in malam partem, ma in nessun caso la Corte di cassazione ha affrontato il tema della possibilità di revocare un’ordinanza emessa in bonam partem per il chiaro divieto di analogia stabilito dalla disposizione da ultimo richiamata.
2.1.Con il secondo motivo ha dedotto, ai sensi dell’art 606, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., l’erronea applicazione dell’articolo 71ter Ord pen. e 568, comma 1, cod. proc. pen., per essere scaduto il termine per proporre ricorso per cassazione nei confronti dell’ordinanza di declaratoria di estinzione della pena per esito positivo dell’affidamento in prova.
Ad avviso del ricorrente l’unico rimedio esperibile sarebbe stato il ricorso per
cassazione da parte dell’ufficio della Procura generale, ai sensi dell’articolo 71ter Ord. pen. e rileva, al riguardo, che già nove mesi prima la fine dell’affidamento in prova il ricorrente risultava iscritto nel registro degli indagati della Procura di Brescia, come evincibile dalla sentenza del Gup. Pertanto, il ricorrente evidenzia che tale circostanza era conoscibile attraverso un semplice controllo da parte del Procuratore Generale presso la Corte di appello, il quale invece vistò l’ordinanza dichiarativa dell’estinzione in epoca prossima al 27 luglio 2020, data in cui venne trasmessa al sistema informativo del casellario. Secondo il ricorrente il decorso dei dieci giorni previsti dall’art. 71ter Ord. pen. ha determinato che l’ordinanza non fosse piø impugnabile, sicchØ la mancata proposizione del ricorso avrebbe consumato il potere di impugnazione in capo alla Procura generale, con la conseguenza che non può ammettersi il potere di proporre l’istanza di revoca sine die se non in violazione del principio di tassatività dei mezzi di impugnazione, di cui al comma 1 dell’art. 568 cod. proc. pen.
Con requisitoria scritta, il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł infondato in relazione ad entrambi i motivi, i quali possono essere trattati congiuntamente essendo tra loro connessi.
1.1. Va preliminarmente evidenziato che il Tribunale di sorveglianza di Brescia, accogliendo la richiesta della Procura generale presso la Corte di appello di Brescia ha revocato l’ordinanza di estinzione della pena in quanto si Ł accertato che il ricorrente, durante lo svolgimento dell’affidamento in prova al servizio sociale dal 14 gennaio 2016 al 21 marzo 2019 (con un periodo di sospensione dall’aprile al settembre 2018), aveva commesso una pluralità di reati in ordine ai quali era stato condannato con sentenza del 27 giugno 2022 del Giudice dell’udienza preliminare di Brescia, confermata dalla Corte di appello il 21 giugno 2023, divenuta irrevocabile il 17 ottobre 2024.
Quanto alle ragioni della revoca il Tribunale di sorveglianza – dopo aver dato atto nell’ordinanza impugnata della gravità dei fatti commessi, indicati nella sentenza di condanna e consistiti nell’essere stato il ricorrente promotore, direttore e organizzatore di un’associazione criminale finalizzata al compimento di piø reati di cui al d.lgs. n. 74 del 2000 – ha affermato la sussistenza di tutti i presupposti per pervenire alla revoca del provvedimento di estinzione della pena in quanto alla data dell’ordinanza di estinzione non era a conoscenza nØ delle indagini in corso nei confronti del condannato, nØ poteva esserlo perchØ la pronuncia di condanna di primo grado era intervenuta successivamente.
Nel provvedimento censurato, inoltre, i giudici hanno anche evidenziato che la rilevanza in termini di pericolosità di tali comportamenti – serbati durante il periodo di affidamento in prova e anche dopo la cessazione della esecuzione della misura – avrebbe comportato la non estinzione della pena per l’evidente mancato conseguimento del recupero sociale del condannato, cui la misura dell’affidamento in prova Ł preordinata.
Tanto premesso, va rilevato che le deduzioni difensive sono prive di fondamento in quanto il Tribunale di sorveglianza, correttamente, dopo che la Procura generale ha rappresentato fatti nuovi dimostrativi di una situazione di fatto diversa da quella conosciuta al momento del provvedimento di estinzione della pena fondato sull’esito positivo dell’espletamento dell’affidamento in prova al servizio sociale, ha proceduto ad una rivalutazione del comportamento del ricorrente, valutato rilevante ai fini della pericolosità e, pertanto, posto a fondamento dell’adozione dell’ordinanza di revoca della declaratoria di
estinzione della pena.
L’ordinanza impugnata ha fatto corretta applicazione dei principi affermati da questa Corte secondo cui nel procedimento di sorveglianza trova applicazione il principio generale della revocabilità dei provvedimenti giurisdizionali quando risulti, successivamente alla loro adozione, una diversa situazione di fatto rispetto a quella assunta a presupposto del precedente provvedimento, ancorchØ divenuto definitivo. (In applicazione del principio la Corte ha annullato con rinvio l’ordinanza del Tribunale di sorveglianza di rigetto del reclamo proposto avverso un provvedimento di revoca della liberazione condizionale concessa in relazione ad un semestre in relazione al quale il beneficio era stato precedentemente negato in considerazione della pendenza di un procedimento penale, conclusosi, in seguito, con l’assoluzione del condannato) Sez. 1, Sentenza n. 15552 del 05/02/2020 Rv. 279056 – 01; conf. Sez. 1, Sentenza n. 15861 del 07/03/2014, Rv. 259604 – 01.
Ora Ł ben vero, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità, che il principio preclusivo del ne bis in idem Ł applicabile anche ai provvedimenti conclusivi dei procedimenti di esecuzione, sorveglianza e prevenzione, in quanto provvedimenti con contenuto equivalente alle sentenze, perchŁ come queste esauriscono il procedimento. In Sez. 1, n. 19160 del 20/01/2009, COGNOME, Rv. 243691 – 01, Pres. COGNOME); si Ł infatti affermato che «in detti procedimenti, nello specifico quello di sorveglianza, pur non potendosi parlare, in effetti, di formazione del giudicato, trattandosi di decisioni emesse “allo stato degli atti”, si realizza, tuttavia, l’effetto preclusivo di cui all’art. 666 c.p.p., comma 2 richiamato dall’art. 678 c.p.p., ragion per cui per dette ordinanze “qualsiasi errore o vizio dal quale esse siano eventualmente affette può essere corretto solo in sede di gravame, giammai dal giudice che ha adottato il provvedimento” (in tal senso, ex multis, con riferimento alla revoca dell’indulto, Cass., Sez. 1, Sentenza n. 5608 del 22/2/1994, Rv. 196543 e piø recentemente Sez. 1, Sentenza n. 3851 del 28/1/2009, Rv. 242435, nonchØ, piø in generale, con riferimento alla individuazione della categoria delle ordinanze non revocabili, Sez. U, Sentenza n. 20 dell’8/11/1993, Rv. 195354)».
Ai fini che qui rilevano, va tuttavia evidenziato che nella pronuncia in esame si Ł precisato che «dalle argomentazioni sin qui svolte discende che, poichØ l’istanza di revoca, secondo quanto affermato dalla stesso Tribunale, si basava non già su elementi nuovi, ma sulla rilevazione di un errore nella determinazione del termine finale del periodo di prova, avuto riguardo all’entità della pena inflitta al COGNOME, con sentenza del Tribunale di Genova del 17 agosto 2001, l’impugnata ordinanza che ha accolto detta istanza in violazione del ricordato principio preclusivo va annullata sul punto, senza rinvio».
Da tali principi risulta, dunque, che lì dove, come nel caso in esame, si tratta di dover procedere alla valutazione di elementi nuovi la revoca del provvedimento Ł consentita, attesa l’immutabilità allo stato degli attidelle decisioni in tema di misure alternative alla detenzione, e dunque, della sussistenza di un «limitato effetto “autoconservativo” di un accertamento rebus sic stantibus» (Sez. U, Sentenza n. 18288 del 21/01/2010 Rv. 246651 01).
Va anche rilevato che in una pronuncia riferita alla concessione della liberazione anticipata, benchØ questa Corte abbia affermato che pur applicandosi il principio che la decisione va assunta allo stato degli atti, non Ł consentito al giudice di sorveglianza di valutare nuovamente un periodo di detenzione antecedente, già apprezzato negativamente con precedente provvedimento a suo tempo non sottoposto ad impugnazione, neppure se tale provvedimento contenga un errore percettivo o di fatto (Sez. 1, n. 20962 del 19/03/2004, Rv. 228722); ha tuttavia, precisato, che questo principio va coordinato con altro
orientamento consolidato di questa Corte, «secondo il quale anche nel procedimento di sorveglianza trova applicazione il principio generale (di cui sono espressione gli istituti della revisione e della revoca delle misure cautelari) della revocabilità dei provvedimenti giurisdizionali, quando risulti, successivamente alla loro adozione, che la situazione fenomenica che li aveva giustificati era in realtà diversa; cosicchØ, anche in mancanza di una espressa previsione normativa, Ł consentito rivalutare i presupposti per la concessione di un beneficio già negato o per la revoca di altro già concesso quando si alleghi la sussistenza di una situazione di fatto diversa rispetto a quella presa in esame dai primi giudici, la cui decisione, qualora l’assunto risulti dimostrato, non può comportare alcuna preclusione (Sez. 1, n. 3870 del 03/06/1996, Rv. 205589).
In conclusione, in conformità ai principi sopra enunciati, il Tribunale ha fondato la decisione di revoca dell’ordinanza dichiarativa di estinzione della pena sulla sopravvenienza di condotte delittuose poste in essere dal ricorrente durante il periodo dell’affidamento in prova non conosciute alla data del 28 gennaio 2020 le quali, per la ritenuta estrema gravità non avrebbero determinato l’estinzione della pena, per la mancanza dell’indefettibile condizione del conseguimento del recupero sociale da parte del condannato, ammesso alla misura alternativa di cui all’art. 47 della legge n. 354 del 1976. Pertanto, l’effetto sfavorevole per il ricorrente Ł conseguenza della sopravvenuta mancanza del presupposto della declaratoria di estinzione della pena. Per le ragioni indicate, dunque, la fattispecie in esame si pone al di fuori del campo di applicazione della disposizione di cui all’art. 71 ter Ord. pen.
3. In considerazione delle argomentazioni esposte, il ricorso va rigettato. Consegue alla pronuncia di rigetto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 18/06/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME