Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 442 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 442 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 29/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Nocera Inferiore il 28/11/1991
avverso l’ordinanza del 31/05/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di SALERNO udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME ricorre avverso l’ordinanza del 31 maggio 2023 del Tribunale di Sorveglianza di Salerno, che ha revocato la misura alternativa della detenzione domiciliare, precedentemente concessa con provvedimento del 15 febbraio 2023.
Il ricorrente deduce inosservanza o erronea applicazione degli artt. 47 ter e 51 ter della Legge n. 354 del 1975 nonché mancanza di motivazione, in guanto, al contrario di guanto ritenuto nell’ordinanza impugnata, COGNOME non avrebbe posto in essere un comportamento incompatibile con la prosecuzione della misura alternativa, atteso che lo stesso si è limitato ad allontanarsi dalla sua abitazione, recandosi presso il vicino supermercato, a causa dello stato di depressione in cui versava.
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Peraltro, il Tribunale di sorveglianza avrebbe dovuto tener conto esclusivamente della condotta tenuta in data 25 aprile 2023, giacché il precedente episodio, pure relativo ad un allontanamento dal proprio dornicilio, era stato già valutato dal medesimo Tribunale in sede di concessione della misura alternativa alla detenzione.
Il Procuratore generale, dott. NOME COGNOME intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato, per le ragioni di seguito esposte.
Ai sensi dell’art. 47-ter, comma 6, ord. pen., la misura alternativa della detenzione domiciliare è revocata qualora il comportamento del soggetto, contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, appaia incompatibile con la prosecuzione della misura.
Nel caso in esame, il provvedimento censurato richiama due episodi, accaduti il 31 dicembre 2022 ed il 25 aprile 2023, nel corso dei quali COGNOME, oltre ad essersi allontanato arbitrariamente dalla propria abitazione, ha tenuto anche comportamenti ulteriori tesi a non subire le conseguenze per quanto commesso, riferendo falsamente, in un caso, alla centrale operativa dei Carabinieri di Fisciano di aver contattato il servizio di emergenza 118 a causa di una condizione di malessere, ed allertando il servizio sanitario, nell’altro, al fine di procurarsi una giustificazione.
Il Tribunale ha giudicato tali comportamenti dimostrativi di un’insofferenza rispetto alle prescrizioni imposte, e li ha ritenuttp, pertanto, incompatibili con la prosecuzione della misura della detenzione domiciliare.
Il ricorso attacca l’ordinanza impugnata narrando le vicende personali del ricorrente, e le disgrazie in cui lo stesso sarebbe incorso nella vita, con argomenti che, però, sono inconferenti rispetto al percorso logico dell’ordinanza impugnata ed alla valutazione di incompatibilità formulata dal Tribunale di sorveglianza, che ha alla base non la riprovevolezza o meno delle condotte tenute dal ricorrente ima la sua inaffidabilità nel percorso necessario al buon esito di una misura alternativa.
Il ricorso attacca la motivazione dell’ordinanza impugnata anche deducendo che illegittimamente sarebbe stato valutato, insieme all’ultima evasione, anche un episodio di violazione pregresso.
L’argomento non è fondato. Invero, la circostanza che il primo dei descritti episodi di allontanamento dal domicilio sia avvenuto nel periodo in cui COGNOME era sottoposto agli arresti domiciliari esecutivi ex art. 656, comma 10, cod. proc. pen.,
non impediva al Tribunale di valutarlo, atteso che ciò che è chiesto al Tribunale in occasione della decisione sulla revoca di una misura alternativa è proprio una valutazione non dell’episodio in quanto tale, ma del complessivo comportamento del soggetto, tale da ritenerlo incompatibile con la prosecuzione della misura (Sez.
1, Sentenza n. 13951 del 04/02/2015, COGNOME, Rv. 263077), che è ciò che ha fatto l’ordinanza impugnata nel caso in esame, rilevando che la reiterazione delle trasgressioni, a pochi mesi di distanza e a seguito della prova di fiducia concessa dal Tribunale di Sorveglianza con l’ammissione alla misura alternativa, costituisca indice dell’assenza di un’effettiva volontà di reinserimento sociale del condannato nonchè di pericolosità sociale dello stesso.
Ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., alla decisione consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 29 novembre 2023.