Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5431 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5431 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato il 08/07/1962
avverso l’ordinanza del 02/10/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di ANCONA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso di NOME COGNOME e la ordinanza impugnata.
Considerato che il ricorso è manifestamente infondato;
Considerato, infatti, che il provvedimento impugnato – con motivazione adeguata e non manifestamente illogica – ha fondato la revoca della detenzione domiciliare, a suo tempo concessa all’odierno ricorrente, in ragione delle condotte dal medesimo serbate nel corso della misura alternativa e, in particolare, a causa della denuncia nei suoi confronti per esercizio arbitrario delle proprie ragioni in danno di alcune persone intente a lavorare terreni agricoli posti nei pressi della sua abitazione, contro le quali egli avev lasciato liberi i propri cani ‘pitbull’ e per avere successivamente – nonostante la diffida nel competente magistrato di sorveglianza – apposto arbitrariamente delle transenne per impedire l’accesso di mezzi pesanti a detti terreni;
Rilevato che il Tribunale di sorveglianza di Ancona ha osservato che il condannato aveva ripetutamente violato le prescrizioni impostegli, ponendo in essere comportamenti di natura violenta, con la conseguente impossibilità di formulare una prognosi favorevole in ordine alla sua buona condotta ed alla capacità di rispettare le prescrizioni della misura alternativa concessagli;
Rilevato, altresì, che il condannato rispetto a tale coerente ragionamento svolto dal Tribunale di sorveglianza, pur lamentando il vizio di motivazione, chiede in sostanza una differente (ed inammissibile) valutazione degli elementi di merito;
Ritenuto che il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile e che il ricorrente deve essere condannato, in forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e della somma, ritenuta congrua, di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non esulando profili di colpa nella presentazione del ricorso (Corte cost., sent. n. 186 del 2000);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2025.