Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3483 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3483 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a VILLA LITERNO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 24/05/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di ANCONA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Considerato che NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso l’ordinanza in preambolo, con cui il Tribunale di sorveglianza di Ancona ha revocato la misura della detenzione domiciliare concessagli il 3 febbraio 2016;
ritenuto che il Giudice specializzato ha fornito adeguata motivazione della decisione adottata, spiegando le ragioni per le quali la gravità delle condotte oggetto di ordinanza cautelare è stata ritenuta incompatibile con la prosecuzione della misura alternativa, valorizzando – sotto tale profilo – l’indica sussistenza di gravi indici della commissione da parte del ricorrente di una pluralità di reati di furto di oli esausti, di danneggiamento ai danni di imprese operanti lecitamente nel settore dello smaltimento di detti rifiuti, di trasporto illegale e falsità nella documentazione di trasporto, osservando come tali condotte s’inserissero in una più ampia attività gestita (anche attraverso società, una delle quali NOME era responsabile commerciale) da soggetti legati alla criminalità organizzata campana;
rilevato dunque che – contrariamente a quanto lamentato nel ricorso – il giudice specializzato non si è limitato a prendere atto segnalazione del provvedimento cautelare, facendone automaticamente discendere l’effetto pregiudizievole della revoca della misura alternativa, ma ha provveduto a una autonoma considerazione del fatto in esso sunteggiato ed ha espressamente affermato che una simile condotta era sintomatica dell’inaffidabilità del condannato e del fallimento dell’opera rieducativa, a prescindere dall’esito processuale dell’instaurando procedimento penale;
osservato che, per tale via, il Tribunale si è uniformato ai principi di diritto, espressi dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui «La detenzione domiciliare prevista dall’art. 47 -ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, non deve essere automaticamente revocata in qualsiasi caso di violazione delle prescrizioni dettate, ma solo quando il comportamento del soggetto risulta incompatibile con la prosecuzione della misura» (Sez. 1, n. 13951 del 04/02/2015, COGNOME, Rv. 263077), che, in particolare, «la detenzione domiciliare non è soggetta a revoca automatica per il solo fatto che il soggetto ammesso al beneficio venga successivamente sottoposto a una misura cautelare, dovendo invece verificarsi in concreto se gli elementi indicati nell’ordinanza di custodia cautelare siano o meno sintomatici del fallimento dell’esperimento rieducativo ovvero di un concreto pericolo di commissione di altri reati» (Sez. 1, n. 16441 del 10/02/2010, Ezzaim, Rv. 247234; si veda anche, in tema di affidamento in prova, Sez. 1, n. 13376 del 18/02/2019, Castelluzzo, Rv. 275239), con l’ulteriore precisazione che «in tema di
detenzione domiciliare, ai fini della valutazione della compatibilità o meno dei comportamenti posti in essere con la prosecuzione della misura, quando tali comportamenti possano dar luogo all’instaurazione di procedimenti penali, non è necessario che il giudice tenga conto dell’esito di questi ultimi, non essendo configurabile alcuna pregiudizialità, neppure logica, fra l’esito anzidetto e la valutazione in questione» (Sez. 1, n. 41796 del 09/09/2021, Acri, Rv. 282153; Sez. 1, n. 25640 del 21/05/2013, NOME, Rv. NUMERO_DOCUMENTO);
ritenuto, infine, che neppure può affermarsi che il Tribunale sia venuto meno al dovere di valutazione complessiva della situazione, omettendo di prendere in considerazione gli altri elementi emergenti dal percorso di risocializzazione dell’interessato;
ricordato, invero, che allo stesso spetta di valutare discrezionalmente l’incidenza dell’accertata violazione sulla possibilità di una proficua prosecuzione della misura e ciò può legittimamente fare, senza necessità di un espresso richiamo allo stato di progressione nel trattamento, ove ritenga che la violazione sia di tale pregnanza da non poter essere ridimensionata nella sua portata prognostica e rilevato che, nel caso in esame, il Tribunale ha qualificato l’episodio oggetto della notizia di reato in termini di concreta e allarmante pericolosità, anche in considerazione della storia criminale del condannato (originariamente inserito in contesti associativi, poi collaboratore con la giustizia) e ciò ben spiega le ragioni della decisione assunta;
ritenuto che con tali argomentazioni, non manifestamente illogiche, la difesa ha omesso di confrontarsi, sicché il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – per i profili di colpa connessi all’irritualità dell’impugnazione (Corte cost. n. 186 del 2000) – di una somma in favore della Cassa delle ammende che si stima equo determinare, in rapporto alle questioni dedotte, in euro tremila;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 16 novembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente